Alberto Culotta alla Terrazza Mandralisca

Ritratto di Angelo Sciortino

29 Agosto 2012, 12:34 - Angelo Sciortino   [suoi interventi e commenti]

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Che cosa mi è piaciuto dei due spot e dei due cortometraggi di Alberto Culotta, proiettati ieri sera alla Terrazza del Mandralisca? E, soprattutto, quale messaggio ne ho ricavato, che non deve coincidere per forza con quello che Alberto voleva trasmettere?

I due spot e il primo cortometraggio contenevano certamente due messaggi: l'amore per Cefalù e il rimpianto di quel che di Cefalù sta sparendo, nella disattenzione ottusa dei suoi stessi abitanti.

Quest'ultimo messaggio è certamente pessimistico, al punto che è stato definito angosciante. Ma era stato preceduto dal primo spot, bellissimo, che non soltanto è un inno all'ottimismo della volontà, ma anche un'indicazione precisa per agire e non per bofonchiare: la musica, che si diffondeva nell'aria e colpiva il pescatore, che si fermava ad ascoltare sospendendo il suo lavoro; la donna, che lasciava il suo libro, per avvicinarsi alla finestra e ascoltare meglio; il bambino, che scendeva lungo un antico vicolo del Centro Storico e veniva anch'egli rapito dalle note: tutte queste cose sono state per me il chiaro messaggio che la cultura deve uscir fuori persino dalle nostre menti, e non soltanto dai musei e dalle biblioteche, e porgersi e farsi amare da chi non ha avuto la fortuna di conoscerla. Cominciando magari dalle immagini, come ha fatto Alberto.

Queste prime proiezioni si aprivano con il mare, che sembrava accarezzare la sabbia, e con esso si chiudevano. Forse l'eterno alternarsi dei sentimenti nella vita di un uomo? Non lo so, sarebbe troppo azzardata una risposta.

Non altrettanto può dirsi per l'ultimo cortometraggio. Qui s'incontrano due uomini, diametralmente opposti nel carattere e nell'aspetto fisico. Essi procedono seguendo la strada ferrata uno contro l'altro, come se volessero sfidarsi, finché non s'incontrano e da quel momento procedono insieme nella stessa direzione. Verso dove? Non gliene importa e non li disturba il passaggio inaspettato di un treno, che non si ferma alla stazione, che essi hanno intanto raggiunto. Si sono ritrovati, perché essi erano i due aspetti caratteriali dello stesso uomo: quello compresso dall'educazione e l'altro più naif e quindi più libero. Insieme sono ormai quell'uomo che, completo, può essere se stesso ovunque, anche in una stazione ferroviaria sconosciuta. Completo, quest'uomo sa che se non vuol perdere il godimento dei paesaggi che nel suo viaggio attraversa, deve guardarli con il cuore e con la mente, e non impegnarsi con questa stessa mente a immaginare la destinazione, dimentico di quel che lo circonda ora e qui.