Conferimento della Cittadinanza Onoraria a Matteo Collura

Ritratto di Pino Lo Presti

2 Settembre 2012, 07:45 - Pino Lo Presti   [suoi interventi e commenti]

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Il Sindaco, Rosario Lapunzina
Il Conferimento della Cittadinanza Onoraria, deliberato lo scorso 24 aprile dalla precedente Amministrazione, “intende essere un tributo ad uno scrittore che, attraverso la suo opera letteraria, ha manifestato il suo amore per la nostra città, professandosi suo figlio adottivo e che, in quanto tale, ha saputo cogliere appieno l’essenza più vera di Cefalù  e dei cefaludesi”.
Se Sciascia ha creato il termine “sicilitudine”, prosegue il Sindaco (citando una frase contenuta nella nota introduttiva del libro fotografico di Angelo Pitrone, recentemente pubblicato dalla casa editrice Sciascia, su iniziativa della Fondazione Mandralisca),  “penso si possa tranquillamente affermare che Collura è il maestro della “cefalitudine”, cioè di quella mentalità tipica dei cefaludesi che è frutto della caratteristica principale della nostra città: dell’essere cioè un paese antico, dalle abitudini antiche, dai riti antichi che, nel mentre non può fare a meno di aprirsi alla modernità più pressante. Collura delinea mirabilmente  l’essenza di Cefalù: “una città antica dalle radici conficcate nella pietra ma protesa verso il mare, verso il futuro, verso l’incontro con altre culture e mentalità”.

Matteo Collura

L’antico è la base della nostra storia, del nostro modo di essere, di ciò che tutto il mondo ci invidia. Il Moderno deve essere rispettoso dell’Antico e deve offrire quelle opportunità di sviluppo che altrimenti sarebbero impossibili. Collura c’insegna che Cefalù è una terra in cui il passato e il presente si fondono e si proiettano verso il futuro, in cui la mentalità siciliana, i propri usi e costumi, si mescolano con le diverse culture dei turisti, dei visitatori, nella quale i suoni del siciliano si confondono con quelli delle diverse lingue del mondo. Essa è realmente una città nella quale “senza muoversi, si può incontrare il mondo perché è il mondo che di qui passa, giorno dopo giorno, stagione dopo stagione”.
Sciascia, ancora una volta, diceva che la Sicilia “è metafora del mondo, un’isola che non potrà essere collegata con un ponte perché è impossibile collegare un continente ad un altro, anche se servendosi delle tecniche ingegneristiche più strabilianti”. Questa citazione ci richiama al capolavoro del nostro concittadino onorario “L’isola senza ponte” che ci da anche la possibilità di riflettere sul fatto che se la Sicilia è metafora del mondo, allora Cefalù è metafora della Sicilia, del suo crogiuolo di cultura, di storia e arte. Pensiamo quindi che, se la Sicilia è un’isola-ponte (perché più che un’isola è un continente), allora anche la nostra città, in quanto metafora della Sicilia, è anch’essa un piccolo continente. Noi  cefaludesi,  dal canto nostro, siamo talmente immersi nella essenza della città nella quale abbiamo la fortuna di vivere, da apparire avvolta come tanti “isola senza ponte”, chiusi in una sorta di autosufficienza.



Ancora una volta Matteo Collura ci insegna che “la saggia indifferenza” del cefaludese  deriverebbe dall’aver interiorizzato le divinità di questo angolo di meraviglie che è Cefalù.  Come egli ha ben notato però questa indifferenza a ciò che ci circonda è solo apparente, proprio per questo il compito di chi ha il privilegio e l’onore di amministrare questa città deve essere quello di fare in modo che i cittadini di Cefalù non smettano mai di meravigliarsi della bellezza del luogo in cui vivono, di sentirne la responsabilità, di contribuire ad accrescerla e a preservarla. 
Mi permetterà il Maestro, ma nel nostro caso è necessario costruire dei ponti tra i cefaludesi, dei collegamenti fatti di solidarietà, rispetto, senso civico.

il sig. Gaspare Agnello mostra il dono che consegnerà a Collura                                                                                         Il Sindaco di Agrigento, avv. Marco Zambuto


Nelle opere letterarie di Collura c’è la Sicilia vera, autentica ma è contenuta anche l’efficace rappresentazione del rapporto che il siciliano ha con la sua terra natale. Ogni siciliano nutre, in cuor suo, per la propria isola, un sentimento di amore-disamore che alimenta rancore, disincanti, sindromi da “figliol prodigo”. Ogni abbandono è il pretesto per ogni continuo ritorno, ogni tentativo di uscire dal labirinto equivale ad entrarvi sempre più, e in profondo; più si cerca altrove, più “l’altrove” è lì, nell’isola-senza-ponte, vissuto come luogo assoluto. Questo stato dell’anima è ben presente in quei tanti concittadini che per motivi occupazionali, o scelte di vita, sono andati via dalla nostra città ma che quando possono fanno ritorno a Cefalù  come un figlio lontano torna a far visita alla propria madre.
In conclusione del mio intervento, desidero analizzare brevemente l’interpretazione curiosa e affascinante che Matteo Collura fa  della causa che starebbero alla base del sorriso misterioso del nostro “concittadino onorario”, più illustre in assoluto: l’Ignoto, di Antonello da Messina.

In quell’insieme di saggi e di storia, di cui si compone il libro “L’isola senza ponte”, che abbiamo più volte citato, c’è una parte intitolata “Enigmi”,  in cui si analizza il dipinto, l’Uomo ignoto, di Antonello da Messina, custodito nel nostro prezioso museo Mandralisca.
“Nel ritratto l’Ignoto comunica, in quel suo enigmatico, irritante sguardo di un uomo compiaciuto di se stesso, un realismo che rende l’opera oltremodo misteriosa. Ebbene, come tanti messaggi criptici, inseriti in opere di artisti, forse il mistero sta in una virgola, una goccia, un capriccio grafico disegnato dentro ad un rettangolo di colore bianco che traspare dalla giubba: una piega? No le pieghe non presentano rotondità. Ecco il perché di quel sorriso beffardo: Antonello avrebbe lasciato un segno della sua virile gioia di vivere.”
Ho voluto parlarvi di questa particolare interpretazione del sorriso dell’Ignoto marinaio, perché è interessante pensare come l’espressione sarcastica possa trovare la sua ragione d’essere non nell’arroganza ma nella gioia di vivere. E, allora, se all’Ignoto di Antonello, grazie anche al compianto Vincenzo Consolo, nostro concittadino onorario recentemente scomparso, rappresenta bene l’immagine di Cefalù nel mondo, ci piace pensare che l’essenza della “cefalitudine” sia racchiusa tutto in quel sorriso, espressione che nasce dalla gioia di vivere e dalla divinità data dalla consapevolezza di vivere in uno dei luoghi più belli del mondo.

Marco Zambuto, Sindaco di Agrigento.
Ha parlato dell’orgoglio della città di Agrigento per un agrigentino che riceve oggi qui la cittadinanza onoraria. 
Una grande storia lega le due città ma ancor più nel periodo normanno. 
Collura ne estrapola il meglio e cioè la capacità di una visione entro cui interpretare anche i fatti più minuti personali e del quotidiano; ciò che ha fatto sì che la Sicilia si confermi ogni giorno davvero come metafora del mondo.

Vede questo momento di conferimento della cittadinanza onoraria come momento di collegamento tra i centri di Agrigento e di Cefalù  perché questi due poli culturali possano dare  alla terra di Sicilia, in un momento difficile, la possibilità di mantenere alta la fiammella  della intelligenza umanistica di cui la nostra terra, ma non solo - ha bisogno,  in un momento di oscurantismo “tecnologico”.
Pensa che tocchi a noi amministratori preservare  questo ruolo della Sicilia  nella storia.

Giuseppe Guercio, ex Sindaco di Cefalù promotore del conferimento.
“Quando il 13 settembre del 2007, il dottor Matteo Collura  ha voluto presentare qui a Cefalù, il suo libro “L’isola senza ponte”, ero convinto che tra la nostra città e lo scrittore si sarebbe realizzata una sintonia affettiva e culturale. Così infatti è stato, da allora il legame si è rafforzato, direi che è quasi diventato connaturale. L’Amministrazione - a suo tempo guidata da me - ha voluto perciò conferire la cittadinanza onoraria a Matteo Collura. Oggi essa giunge al suo compimento, e, con estrema sincerità, posso affermare che è un evento che mi riempie di gioia. Per questo ringrazio anche la nuova Amministrazione che, con lungimiranza, ha portato a termine quanto già è stato iniziato. 
Ringrazio di cuore il dott. Collura per aver insistentemente voluto la mia presenza qui stasera. 
Diventere cittadino onorario di questa città, di una città, ha certamente valore simbolico  ma anche un valore concreto. Il dott. Collura non finisce mai di comunicare ai suoi lettori l’amore per la nostra terra invitando sempre tutti e ciascuno a coltivare con orgoglio l’ambizione di appartenere ad un’isola bella come la Sicilia. Oggi la società di Cefalù annovera, tra i suoi concittadini illustri, uno scrittore che, fuor da ogni retorica, svolge un ruolo culturale di primissimo piano. Ci sono tanti modi per mettersi al servizio del proprio paese: chi scrive, lo fa attraverso le parole.

Le parole - lo sappiamo - hanno una forza immensa, sono capaci di comunicare ciò che forse non è possibile altrimenti. Il dott. Collura, con i suoi libri, dà il suo contributo alla crescita e alla promozione culturale della nostra terra e dell’intera nazione. 
Per la città di Cefalù, che ha conosciuto molti uomini illustri, oggi è un momento importante come sono stati nel tempo altri eventi analoghi.
Dott. Collura, sono certo che lei, qui a Cefalù, continuerà a sentirsi uno di noi, cittadino di questa splendida città.

Antonio Franco,  Presidente del Consiglio comunale
“La Sicilia è un sistema di isole contenuto in un’isola”, è una riflessione di efficace, estrema sintesi che Matteo Collura ci ha offerto nella prefazione del suo “Sicilia sconosciuta”, una lettura che sento molto mia, per ragioni irrilevanti in questa sede ma note a quanti conosco il mio percorso umano e professionale.
Oggi, noi accogliamo Matteo Collura come cittadino di Cefalù. Mi corre l’obbligo di ringraziare il signor Sindaco per aver condiviso la sensibilità di conferire ufficialmente tale cittadinanza onoraria nella sede dell’assemblea degli eletti dei cittadini, quel Consiglio comunale che qui, ora con la mia persona e quella dei consiglieri presenti, saluta Matteo Collura come proprio eccellente concittadino; ma lo sente già come attesa di rinnovata propria coscienza.


Sulla scia di altri nostri illustri concittadini onorari, Antonio Castelli, Vincenzo Consolo,, Amedeo Tullio, siamo certi che anche Matteo Collura non mancherà di far sentire la sua voce autorevole, di esprimere il suo pensiero lucido e criticamente costruttivo sulla vita, le questioni che Cefalù affronta e affronterà nei presenti e futuri, ma sempre complessi, passaggi. E’ onore della città non solo conferire la cittadinanza  a quanti si distinguono per l’affetto e per la intelligenza con cui hanno illustrato Cefalù nei vari campi del sapere, ma soprattutto è onore della città dare ascolto e fare tesoro dei consigli, delle intuizioni, dei moniti, persino dei rimproveri, comunque degli stimoli, che provengono dai cittadini di più eccelso intelletto. 
Lo scrittore Matteo Collura, da oggi, è una di queste coscienze cui prestare attenzione nella sicurezza di un cammino arduo, ma sempre affascinante da affrontare, nella storia della nostra Sicilia.





Una terra irredimibile? Forse il nostro Matteo Collura è anch’egli di questo avviso ma noi, pur avendone rispetto, non condividiamo tale pensiero. 
Siamo convinti  che la nostra isola, fra le tante isole che contiene, possiede, nel modo  più accentuato e proprio del nostro vulcanico e sismico essere, le conflittuali eternità del bene del male, con la presenza costante e vincente, pure nella sconfitta, di spiriti maligni dalla parte del bene. 
I siciliani non sono solo dèi, come affermava il principe Gattopardo, ma sono anche eroi, santi, profeti ed esploratori, noti ed ignoti; non per riprovevole esercizio retorico ma perché così sono stati resi immortali da quanti con le arti della penna, della musica, del cinema e delle espressioni figurative hanno trasmesso, di generazione in generazione, con intelligenza critica e umana sensibilità, la nobiltà dei loro caratteri. Matteo Collura è un significativo esempio di questi cantori della Sicilia e dei siciliani, della loro tradizione e dei loro sacrifici. 
Amico ed amante di questa donna accogliente e capricciosa che è la nostra città, le sue bellezze lo hanno ispirato per vissuto personale. Tanti nostri concittadini lo hanno già fraternamente apprezzato.

Oggi con noi qui presente, la città di Cefalù - nei suoi cittadini, nei suoi rappresentati eletti dal popolo, nei suoi più alti magistrati -accoglie Matteo Collura quale cittadino di Cefalù; gli tributa il suo plauso per quanto fatto sinora, trepida per le sue prossime idee e gli augura ogni bene per il suo futuro da cefaludese; attende con fiducia il suo contributo per rendere sempre migliore ai nostri giorni, ai nostri bambini, alle generazioni future, la nostra Cefalù, testimoniando quali preziose energie sa attrarre a sè anche la realtà attuale di questa nostra comunità.



Il Sindaco legge determina numero 11, del 24 aprile 2012, registrata al numero 560 dell’ 8 maggio 2012, del conferimento della cittadinanza onoraria allo scrittore Matteo Collura.
Questa la motivazione scritta nel Libro Rosso: “Per aver scritto in maniera mirabile di Cefaù e dei cefaludesi cogliendone appieno l’essenza più profonda”
Il Sindaco chiede al Collura di lasciare un pensiero nel Libro Rosso, assieme alla sua firma a cui faranno seguito le firma del Sindaco e del Presidente del Consiglio comunale.




Matteo Collura
Ogni essere umano, credo più o meno frequentemente, con parole diverse, ripete a se stesso le riflessioni a cui Blaise Pascal  si abbandona con una meditata semplicità:  “Non so chi mi abbia messo al mondo, né che cosa sia il mondo, né che cosa io stesso. Sono in una ignoranza spaventosa di tutto, non so che cosa siano il mio corpo, i miei sensi, la mia anima e questa stessa parte di me che pensa quel che dico, che medita sopra di tutto e sopra se stessa e non conosce sè meglio  del resto”.
Quante volte, trovandoci soli con noi stessi, non importa dove - a casa nostra o agli antipodi da essa -, come un bisogno di preghiere ci si sente invadere dal medesimo sgomento che con efficace sobrietà l’autore dei “Pensieri”, svela.
“Vedo quegli spaventosi spazi dell’universo che mi rinchiudano e mi trovo confinato in un angolo di questa immensa distesa, senza sapere perché sono collocato qui piuttosto che altrove, né perché questo poco di tempo limitato da vivere mi si è assegnato in questo momento piuttosto che in un altro di tutta l’eternità che mi ha preceduto e di tutte quelle che mi seguirà. Da ogni parte vedo soltanto infiniti che mi assorbono come un atomo e, come un’ombra che dura un istante, e scompare poi per sempre”.
Non si potrebbe dire meglio del nostro involontario soggiorno sulla terra; forse ispirato, Pascal, dal tragico presentimento che lo riguardava (aveva 39 anni infatti quando morì).
“Tutto quel che so è che debbo presto morire ma quel che ignori più è appunto questa stessa morte che non posso evitare”, annotava lo scienziato e filosofo di Port Royal quando non gli restava molto da vivere. 
Ma non è di quella morte precoce che qui voglio dire, bensì dello smarrimento che sovrasta noi creature umane e che in ognuno, il più delle volte, trova un appiglio, un sostegno certo, nel luogo in cui siamo venuti al mondo, “quel personalissimo Alef,  nido fatidico dove” - dice Borges - ”senza confondersi, si trovano tutti i luoghi della terra, visti da tutti gli angoli “. 
Il mio, come il vostro, “Alef” è la Sicilia, quest’angolo di mondo che fa credere a noi siciliani di esserne il centro, questo annuncio di Africa e di Oriente che convive con l’estrema propaggine meridionale dell’Europa. Un privilegio, una condanna? Certamente un destino; ce lo ricorda - come meglio non si potrebbe - il protagonista del Gattopardo, capolavoro letterario che più mette a nudo la Sicilia, noi siciliani, la nostra storia e, in alcuni casi, addirittura, la nostra vicenda personale: “Ci consideriamo quasi perfetti noi siciliani, al punto da non dover cambiare mai per non rischiare di peggiorarci”.


Una follia certo quel “mal di vivere”  che Vitaliano Brancati  seppe, da par suo, definire (testuale): ”Noi siciliani siamo soggetti ad ammalarci di noi stessi, male che consiste nell’essere contemporaneamente febbricitante e la febbre,  la cosa che soffre e che fa soffrire”. 
Che parte ha Cefalù, che parte avete voi, cefaludesi, in questa che ho appena definito “follia siciliana”? Me Lo sono chiesto più volte quando, da una decina d’anni a questa parte, frequento questa vostra città e, potrei dire anche, abito. 
Ho Scritto di recente, a commento di un album fotografico che ritrae e documenta le bellezze di Cefalù: “E’ in luoghi come questo che si avverte “il divino”, qualunque cosa questa cosa possa significare per ogni essere umano.  
Dopo un viaggio in Sicilia, il grande storico dell’arte statunitense Bernard Berenson scrisse che se soltanto uno potesse impadronirsene e serbarla dentro di sé sarebbe un dio.
“Forse è la consapevolezza di esserne parte, di serbarne entro i loro occhi, quest’angolo di mondo a rendere così saggiamente indifferenti gli anziani di questo luogo. E, confesso che anch’io,  ogni volta che ho messo piede nella vostra magica piazza del Duomo, ogni volta sento di acquisire un po’ della divinità dei vostri vecchi, anche se mi è impossibile mostrare la loro saggia indifferenza. Al contrario, sento il bisogno di esprimere lo stupore, di comunicarlo, di farne contaggio. E, questa mia tendenza allo stupore, questa mio insaziabile bisogno di scoprire il bello in un mondo che sembra non fare altro che mostrare il suo volto peggiore, ad avermi portato a Cefalù. 
Nato ad Agrigento, uno dei centri più illustri della Magna Grecia, che ho fatto in tempo a vedere stravolto e violentato da una mal compresa, e perciò suicida, idea di progresso; la stessa, del resto, di molti cefaludesi, come di altrettanti pescaresi, cagliaritani, o ateniesi. 
Nato ad  Agrigento, stabilitomi a Milano - dove lavoro ormai da 25 anni -, dopo tanto girovagare, dopo tanto cercare, ho trovato qui il mio “Alef”, qui, dove il mare bagna una costa rocciosa e impervia e nello stesso tempo accogliente come un balsamo riposto per naufraghi stremati. È una perfetta sintesi della Sicilia, Cefalù: lo è nello stridente contrasto tra la vocazione marinara e quella contadina (fortissima la contadina come soltanto negli isolani è possibile riscontrare), lo è nel carattere della gente, portata ad una cordialità disarmante come ad un’indifferenza che sfiora la brutalità. Non c’è via di mezzo nei cefalutani(consentitimi del vostro novello concittadino di usare questo termine)! Non c’è via di mezzo o in un modo o nell’altro; non resta che adattarsi, e conviene adattarsi perché quest’angolo di mondo sa dare ad un essere umano la giusta medicina per guarire dalle ingannevoli smanie della folle ricerca di ciò che la vita non può dare e che non ha mai dato.



Per questo, sento di ringraziare il dottor Giuseppe Guercio che, Sindaco in carica, mi ha onorato della cittadinanza di Cefalù. Per questo sento di ringraziare l’attuale Sindaco, dott. Rosario Lapunzina, per avere dato sollecito corso alla - per me gratificante  - deliberazione. Per questo sento di ringraziare il Presidente del Consiglio comunale, Toni Franco, e il Consiglio comunale tutto. Per questo sento di ringraziare gli amici del museo Mandralisca. Per questo sento di ringraziare, di tutto cuore, gli amici che, costituitisi in una sorta di generoso comitato, hanno sollecitato il provvedimento municipale che oggi mi riguarda. 
Grazie perciò alla Preside Sara Gallotta Randazzo, al dott. Francesco Gallotta, all’artista Ignazio Camilleri, alla prof.sa Mariella Oliveri, al dott. Beppe Petrone (anche loro meriterebbero la cittadinanza onoraria di Cefalù).
Grazie alla  prof.sa Maria Giuliana e al dottor Filippo Lo Verde. 
Un pensiero al mio ex commilitone Diego Gallotta e al dott. Salvatore Martino con la cara signora Lina. 
Un saluto particolare, che vuole essere un attestato di stima, al Sindaco di Agrigento, città dove sono nato, avv. Marco Zambuto, e al mio prezioso amico e generoso interlocutore, dott. Settimio Biondi.

 Il sig. Gaspare Agnello consegna un’opera della scultrice Aajmo di Favara, per ricordare di Matteo Collura, nato ad Agrigento, che vive a Milano, cittadino onorario di Cefalù, l’origine di “Grotte”, dove è nato suo padre. “Il suo corpo è impastato di zolfo” ricorda il sig. Agnello. Ricorda inoltre che Collura, come Consolo e Castelli “hanno preso” il Premio letterario “Racalmare città di Grotte”.

Il Giudice Martino (fuori programma), di famiglia cefaludese da 500 anni, ha ricordato la figura dell’amico, dello scrittore e del giornalista della cronaca del ‘900, e del loro sodalizio intellettuale ed affettivo, e rivolge il più caro saluto a lui ed alla sua signora Giovanna.