[1] |
….. e la barca restò sola [2]18 Giugno 2014, 00:03 - Saro Di Paola [1] [suoi interventi [3] e commenti [4]] |
I cifalutani la riconoscevamo.
Tutti.
Quando era “surgiuta a punta ru muolu” e quando era “tirata a marina”.
I cifalutani la riconoscevamo.
Sempre.
Quando “ra punta ru muolu pigghiava u punienti”.
Quando “ru punienti trasieva” e, lontana, spuntava “ra punta ri Santa Lucia”.
“Niscieva” e “trasieva” sicura, con la bonaccia e con il mare sferzato da improvvisa tempesta
I cifalutani la riconoscevamo.
Tutti e sempre.
Era una barca.
Era la barca di Antonino Brocato.
“U uzzarieddu ru zu Ninu”, ri “Ninu u longu”, ri “Ninu u prisirienti”.
I panzi, l’uorru, u steriggiu, u campiuni, u timuni, a manuzza, i luozzi, i rimi, i raiuli, i culura la rendevano inconfondibile, unica.
Come inconfondibile ed unico era il suo capitano,
vecchio lupo di mare dallo sguardo che si perdeva lontano, dagli occhi che guardavano “ò fuora”.
Sempre.
Quando era a mare e quando era a terra.
Mentre “iarmava raiuli”, “sarcieva pariti”, “facieva a rizza pi mazziri”.
Mentre raccontava il mare,
per ricordarne i segreti, le insidie, le avventure che aveva vissuto, le disavventure cui era scampato,
la tragedia del 51, quella che, con Santo, Giovanni, Giovanni, Carmelo, Giuseppe, Giuseppe, Salvatore contribuì a scongiurare.
Mentre parlava di mare,
per tramandarne il mestiere, a Roberto, a Costantino, ai giovani.
“U zu Ninu” ci teneva a tramandare "u mistieri ru mari".
Ora che, alla marina, il turismo l'ha vinta sulla pesca,
con ombrelloni e sdraio che hanno soppiantato le barche,
"u zu Ninu" voleva che quel mestiere non si perdesse.
Voleva che per Roberto, per Costantino e per tutti i “picciotti ra marina” "u mistieri ru mari" fosse sostentamento di vita e tempra dello spirito.
Voleva che il mare fosse passione.
Come lo era stato per lui e per la sua famiglia.
Come lo è per Giovannello e Peppuccio.
“O’ fuora” guardava “U zu Ninu”.
Sempre.
Anche quando, bardato di oro e di rosso, portava la “mazza”.
“O’ fuora”, dove finisce il mare ed inizia il cielo.
“O’ fuora”, dove il sole affonda nel mare.
“O’ fuora”, oltre l’orizzonte, all’infinito.
Sì, all’infinito guardava “U zu Ninu”.
Quell’infinito, che, oramai, “U zu Ninu” ha raggiunto.
Quell’infinito, nel quale “U zu Ninu” ha trovato l’ultimo approdo.
L’approdo di tutti.
Da un mese.
Ed è da un mese che “u muolu” e “a marina” sono, ancora, più soli.
Anche noi ci sentiamo più soli.
Là, “à marina”, là “ò muolu”, i nostri occhi non incrociano più quelli “ru zu Ninu”,
il vecchio lupo di mare dallo sguardo, che si perdeva lontano.
Là “ò muolo”, sola è rimasta la barca.
Da un mese aspetta il suo capitano.
Saro Di Paola, 18 giugno 2014
Ringrazio Leo Ruvituso e Salvatore Varzi per avermi concesso di pubblicare le loro foto