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"Babilonia" [2]13 Marzo 2015, 16:27 - Giuseppe Maggiore [1] [suoi interventi [3] e commenti [4]] |
"BABILONIA"
"Quis leget haec?" -- Persio -- (chi lo leggerà?)
"Rating. Voucher. Brochure. Voluntary disclosure. Jobs act. Flop. Deejay. Speaker. Backstage. Export. Welfare. Meeting. Fatwa. Check point. Reality e Talk show. Fiction. Baulieu. Booking. Stile patchwork. Resort. Restyling. Split payment. Default. Workshop. Stage. Rapper. Working-class. Spending review. Outlet. Shopping. Break. Default. Selfie. Fluently. Gap. Ecc., ecc., ecc......"
E potrei continuare ad libitum!
È il caso di intorbidare un idioma, già di per sé integralmente perfetto, espressivo, melodico, con stranierismi che non appartengono al ceppo della nostra cultura?
Non si può, oggi, leggere una notizia su un giornale, su una rivista, su un qualsiasi pezzo di carta stampata, o ascoltarla dai notiziari radio e TV, senza incappare nelle secche di terminologìe esterofile che inceppano la comprensione di quanto sta scritto o si ascolta.
Ammenoché non si sia poliglotti. E, credo, che i più non lo siano, né che abbiano interesse ad esserlo.
Una babilonia bella e buona, insomma!
È mai possibile, ribadisco con estrema convinzione ed animato da un consolidato spirito nazionalistico, che la nostra lingua, tanto armonica, tanto forbita, tanto nutrita di vocaboli e d'altro, metricamente inappuntabile, elegiaca, duttile, esauriente, completa, con tanta storia letteraria alle spalle, per esprimersi abbia bisogno di fare appello a parole, a modi di dire, a frasi idiomatiche di provenienza straniera, transoceanica, europea, se non, addirittura, di stridula percezione per le nostre caste orecchie avvezzate alla più pura e melodica eufonia?
Oppure l'usarle è un vezzo di chi le scrive per ostentare una conoscenza linguistica cosmopolita, tanto per apparire più acculturato? Per fare più effetto? Per dimostrare carisma? O per confondere le idee?
(Due persone alla buona ad un comizio: "..Come parla bene!.." dice l'uno all'altro, riferendosi all'oratore; "...ma che ha detto?..." chiede il secondo, "...Veramente non l'ho capito!.." risponde il primo).
E, obtorto collo, sorvolo sugli abusati termini lessicali quali stop, okay, leader, black-out, performance, standard, dossier, i più adoperati tra altri consimili, che, a furia di ripeterli da gran tempo, sono talmente entrati nell'uso comune da sembrare, ormai, quasi italiani.
A poco a poco questo discutibile impinguamento lessicale porterà ad una realtà imbarazzante: che, cioè, senza nemmeno accorgercene, ci troveremo a parlare una lingua mista, spuria, ibrida, bastarda se vogliamo, composta da inglese, francese, tedesco, spagnolo, slavo e chissà da quale altro ceppo estero desunta; ed il nostro idioma, tanto amato e venerato dai classici, tanto aulico e celebrato, rimarrà la lingua dei nostri nonni, così come il latino lo fu dei nostri avi.
E che i Penati ci assistano!
Ma dove cazzo (l'espressione fiorita, di incerto gusto, permettetemi, è d'uopo!) siamo arrivati? Come ragioniamo? Dov'é andato a finire il nostro buon gusto? Il nostro buon senso? Le nostre peculiari caratteristiche espressive? La nostra dialettica? La nostra filosofia scritturale? S'è perso il "ben dell'intelletto", forse? Che fanno le Accademie della Crusca e dei Lincei di fronte a questo straripare incontrollato di vocaboli stranieri in una realtà lessicale già di per sé eloquente (aberrante fenomeno ricettivo tipicamente nostrano), per frenarlo, se non addirittura per rifiutarlo a priori d'autorità o, se già malauguratamente ha preso piede, per espellerlo?
E ciò in mezzo alle tantissime altre cose che vanno a puttane (anche qui, credetemi, la locuzione non guasta!) e che sono di pubblico dominio?
Fermiamoci qui, porca miseria! Ci si ammanti di un minimo di ritegno! L'ingordigia espressiva deve pur avere un limite, no?!
Accettando passivamente tutto non dimostriamo, certo, orgoglio nazionale, cari miei! Scimmiottiamo l'altrui, come se non avessimo un prestigioso nostro da ostentare e in abbondanza.
Certo che siamo al punto in cui si sta generando una vera e propria babilonia, per non dire che già s'è generata!
Che direbbero un Manzoni, un Foscolo (per non dire un Dante o un Boccaccio!), un D'Azeglio, un Guerrazzi, un Parini, un Croce ed altri, se fossero costretti ad assistere ad un tale scempio?
Il disfacimento dell'atavica cultura, del nostro più intimo habitat intellettuale, purtroppo continua in sordina inesorabile, imperterrito, ininterrotto, incontrastato.
Con la globalizzazione in atto, presto, culturalmente, non ci distingueremo più dagli altri paesi; stiamo per essere inghiottiti dal gorgo di un ciclone linguistico magmatico che annullerà le nostre radici, il nostro modo di essere, di pensare e di esprimerci, pianificando ogni cosa.
È un progresso, questo, o il contrario?
Ai posteri.....!
E, a proposito dello stato attuale della nostra preclara nazione, consentitemi di rimandarvi alla strofa n.78 del canto VI del Purgatorio del profetico ripetuto padre Dante.
Amen!
Cefalù, Marzo 2015. Giuseppe Maggiore.