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Lettera aperta a Saro Di Paola [2]1 Dicembre 2015, 20:01 - Angelo Sciortino [1] [suoi interventi [3] e commenti [4]] |
Caro Saro,
sono ormai più di tre anni che entrambi eleviamo la nostra voce a difesa di questa povera cittadina. Per questo tentativo di difesa veniamo tacciati come eretici, al punto che, se avessimo la supponenza dei nostri interlocutori, potremmo definirci eredi di Galileo e di Giordano Bruno, se non persino del grande Federico II di Svevia.
Noi, però, tale supponenza non la possediamo e, quindi, ci consideriamo solo modesti polemisti, armati non di genialità e detentori di verità, ma soltanto di logica argomentativa e di fedeltà al metodo ipotetico-deduttivo, che tanto piaceva a Popper, recentemente citato in uno dei tanti proclami del nostro Sindaco. Citato, ma non conosciuto o, se conosciuto, mai compreso.
Per entrambi si prepara l'ultima battaglia in difesa di Cefalù, minacciata dall'insipienza di questa Amministrazione e dalle chiacchiere dei responsabili del progetto del raddoppio ferroviario e della stazione, da loro detta “metropolitana”, ma in realtà soltanto “infernale” non soltanto per la sua ubicazione, ma per la continua minaccia d'inghiottire parte del Paese, come se un demonio volesse ghermirlo per trascinarlo nel suo regno infernale.
Visto che ci siamo, lasciami dire che le responsabilità di questa Amministrazione sono gravissime, per la superficialità e l'improvvisazione con cui affronta il problema, ma ancora più gravi sono le responsabilità di quel comitato Quale ferrovia, che ne è la causa prima. Forse è stato per tale comunità di responsabilità che un suo rappresentante presente alla riunione del 26 novembre ha avuto parole di plauso per il Sindaco e la sua Amministrazione. Come dire: mal comune, mezzo gaudio. Non voglio mettere in dubbio la buona fede di nessuno, ma non posso esimermi dal ripetere che la strada per l'inferno è lastricata di buone intenzioni!
Noi lo sappiamo e per questa ragione amiamo coloro che ci criticano, perché soltanto con la critica ci viene dimostrato quale strada lastricano le nostre intenzioni. Noi, ma non chi vocifera alla radio, accusandoci di essere bastian contrario per partito preso e seminatori di odi, da guardare dall'alto della propria onnipotente onniscienza, da considerare autori soltanto di “sciocchezze”. Noi che dobbiamo essere confinati nel silenzio; noi che non meritiamo attenzione, se non per essere accusati di lesa maestà, ma mai per essere contestati sugli argomenti delle nostre critiche.
E allora, caro Saro, che cosa ci resta da fare, se non quel che ci detta la nostra coscienza? Forse non riceveremo riconoscimenti oggi, ma domani, quando parleranno i fatti, sicuramente. Qualcuno dirà: ce l'avevano detto!