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Capire come fare vero turismo [2]7 Febbraio 2016, 12:33 - Angelo Sciortino [1] [suoi interventi [3] e commenti [4]] |
Fra pochi mesi si aprirà la stagione turistica e ancora non mi sembra che dall'Amministrazione e da parte degli operatori turistici arrivino messaggi, che fanno ben sperare che il nostro paese ha capito le novità e che stiamo preparandoci per esse.
"La domanda turistica mondiale continua a crescere del 5 per cento l’anno, soprattutto grazie alle economie emergenti, e privilegia prima le destinazioni domestiche, poi i paesi stranieri di prossimità all’interno delle macro-regioni continentali e, infine, per un importantissimo 20 per cento, i viaggi intercontinentali (120 milioni di cinesi hanno viaggiato all’estero nel 2015).
Per quanto riguarda poi la domanda italiana di viaggi, il massimo assoluto del 2008 (107 milioni di vacanze) ha lasciato il posto a un tonfo ininterrotto di sette anni, che ha trovato solo nel 2015 i primi segnali di controtendenza, molto evidenti in particolare per le vacanze natalizie e l’Epifania (dati Federalberghi), e nelle previsioni di vacanza 2016 (il 42 per cento degli italiani “non vi rinunceranno” – dati Coop).
Tutto ciò ha bisogno di essere ben compreso, per ridare slancio a questa nostra attività, creatrice di posti di lavoro e di ricchezza, come proprio a Cefalù sappiamo bene. E la prima cosa da comprendere è che il mercato turistico domestico, che per decenni aveva rappresentato la grande forza delle nostre imprese esperte in fidelizzazione, sembra aver compiuto la propria parabola: sempre meno turismo di massa, sempre più una “massa di nicchie”."
Che cosa significa tutto questo? Soltanto che dal lato dell’offerta italiana l’esigenza di diversificazione e di innovazione di prodotto è fortissima, nel momento in cui è difficile e costoso scoprire e lanciare nuove destinazioni, molto più efficace è seguire le innovazioni dei gusti, delle passioni, delle tribù di turisti, anche mediante gli immancabili canali specializzati.
E allora? L’unica “nuova frontiera” turistica che ci resta da esplorare e valorizzare è l’Italia di mezzo, quella della natura tutelata, della media montagna, dell’agricoltura di qualità, dei territori dotati di grande e irripetibile identità (come i Gal – gruppo di azione locali – della nuova programmazione europea). E in ogni caso non è ancora stata aperta quella “fabbrica del prodotto” che rappresentava uno dei punti qualificanti del piano strategico nazionale “Italia 2020”.
"Intanto le novità che stanno spazzando come una ventata tutto il mercato, creando un nuovo arcipelago di offerta “non convenzionale”, spesso né imprenditoriale né trasparente in termini giuridici e fiscali. Ovviamente gli attori “tradizionali” del turismo gridano alla concorrenza sleale o illegale, ma non c’è dubbio che le novità e i vantaggi sono stati accolti bene dalla domanda, che apprezza soprattutto la facilità e la convenienza di acquisto, chiudendo un occhio sulle regole e le tutele. I nuovi soggetti peraltro quasi mai contribuiscono con fiscalità e occupazione all’economia turistica italiana. Con la conseguenza che, mentre i dati faticano a seguire e descrivere la realtà, tutti i segnali dicono che di lavoro nel turismo ce n’è sempre di più, ma sempre meno stabile, annuale, a pieno tempo, regolare."
A tutto ciò non può rispondersi con la vecchia mentalità, che negli anni '50 permise la nascita del turismo a Cefalù. Allora fummo come colonizzati da chi seppe vedere le nostre irripetibili ricchezze paesaggistiche. Ricchezze che pochi di noi si erano accorti di possedere. Fu giocoforza che questa ignoranza ci trasformasse come in parassiti, che sfruttavano la presenza di un ClubMed per trarre vantaggi economici da quelle irripetibili ricchezze, non accorgendosi che per sfruttarle finivamo per distruggerle. Furono gli anni del sacco del territorio e del decadimento culturale di Cefalù!
Oggi non possiamo più sperare di essere colonizzati. Sarà indispensabile che ridiamo al territorio strade e tutela, alla città servizi come i parcheggi e la pulizia; a noi stessi l'orgoglio della nostra cultura. Perché tutto ciò diventi realtà, sarà pure indispensabile, però, che questa Amministrazione e quelle a venire abbiano un visione aperta e ampia di quale Cefalù si vuole in futuro.
Soltanto così Cefalù potrà finalmente tornare a essere la Perla del Tirreno, la città in grado di essere un esempio per tutto il territorio madonita, al quale essa potrà dare slancio con la sua crescita.
Come concludere, se non il consueto “speriamo”?!