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La "debacle" del SI [2]8 Dicembre 2016, 10:23 - Angelo Sciortino [1] [suoi interventi [3] e commenti [4]] |
Quando una sconfitta è grande e indiscutibile, la si chiama debacle. L'esito del referendum e la sconfitta dei partiti sostenitori del SI mi ha fatto ricordare l'ultima frase del bollettino della vittoria del 4 novembre 1918: “I resti di quello che fu uno dei più potenti eserciti del mondo risalgono in disordine e senza speranza le valli che avevano discese con orgogliosa sicurezza.”
Le somiglianze sono non poche. C'è, innanzitutto, quell'orgogliosa sicurezza, che caratterizzò gli Austriaci, oggi interpretati dal PD e dai suoi alleati; c'è pure l'idea di potenza dimostrata sia dal Premier e sia dai suoi sostenitori nei mille giorni del loro Governo; c'è, infine, la stessa durata della lotta. Già queste somiglianze convincono oltre ogni dubbio che questi quasi quattro anni, come quelli della I Guerra furono tristi per l'Italia, rappresentano a loro volta uno dei più gravi momenti della storia italiana. Se, però, si guarda ai danni causati da questi quattro anni, che come allora hanno disseminato il Paese di precarietà e di povertà, di insoddisfazioni e di diffuso populismo, sorge il timore che la vittoria del NO e dei cittadini possa aprire la strada alla ripetizione di quel che accadde quattro anni dopo la vittoria: la perdita della libertà.
Ho amici, che stimo, fra i sostenitori del SI e fra i sostenitori del NO. Con questi ultimi ho condiviso la mia scelta, non senza essermi confrontato con i primi. Si trattava di una scelta difficile, perché le argomentazioni a favore di una o dell'altra tesi presupponevano una conoscenza diretta e approfondita della legge di riforma costituzionale, che nel dibattito elettorale troppo spesso non ho visto. La questione è stata ridotta, infatti, allo schierarsi pro o contro qualcuno e all'insistenza sulla necessità di cambiare a ogni costo, senza preoccupazione su come cambiare e su quali sarebbero state le conseguenze.
Non è strano, quindi, che i commenti dopo la vittoria del NO abbiano continuato sulla stessa linea. I sostenitori del NO contenti e pronti a chiedere le dimissioni del Governo; i sostenitori del SI pronti al giudizio negativo sulla intelligenza di coloro che hanno votato NO. Fra i tanti spicca il commento di una parlamentare del PD, che, riportando il dato vittorioso del voto degli Italiani all'Estero, ha detto e scritto che questo fatto era la prova che i “cervelli” italiani erano emigrati e che in Italia erano rimasti gli scarsi di comprendonio. Dimenticava, la parlamentare, che se i “cervelli” erano emigrati, lo si doveva alle condizioni disastrose dell'Italia a causa delle condizioni economiche e culturali, alle quali proprio il partito che chiedeva il SI l'ha ridotta.
Dalla parte opposta le cose non vanno meglio in quanto ad argomentazioni logiche e sensate. Quella parte opposta, con la quale ho condiviso la mia scelta, capitanata da Berlusconi, Grillo e Salvini, lontani miglia infinite dalle mie convinzioni. Non per nulla avevo scritto “non mi fanno paura le idee, ma le facce di coloro che le sostengono”, citando Longanesi. È questa la ragione per cui non riesco a unirmi all'esaltazione sconsiderata dei sostenitori del NO e, invece, mi preoccupo che la vittoria del NO possa avere gravi conseguenze sul futuro dell'Italia, per la protervia dei sostenitori del SI, che non riflettono sulle ragioni vere della debacle elettorale, ma anche per le interpretazioni populistiche dei sostenitori del NO.
Si ripete, insomma, quanto accadde quando Mussolini seppe interpretare il malcontento, se non la disperazione, degli Italiani, conducendoli alle avventure guerriere, che causarono morti e povertà. Certo, qualcuno mi dirà che l'attuale situazione internazionale è ben diversa da quella degli anni '20 del secolo scorso e che non permetterebbe mai che l'Italia tornasse a una dittatura populistica, ma dubito fortemente che ciò sia vero. E se lo è, lo è perché anche a livello internazionale a comandare non è più la politica, ma la finanza, che lo fa senza trasparenza.
Certo, se la politica dei fautori del SI non riflette sui suoi errori e si limita, com'è accaduto a Cefalù, a definire “argomentazioni faziose e risibili” quelle di chi sottolinea le responsabilità della cattiva politica, che ha fatto stravincere il NO, non ci sono speranze di un ravvedimento e delle dovute correzioni, come accade a tutti gli auto-referenti.
La stessa cosa può dirsi per i fautori partitici del NO.
La parola è sempre in mano ai cittadini. Soltanto sulla loro capacità di tenersi informati e di saper valutare le proposte dei futuri candidati potrà salvare l'Italia dal declino. Quasi alla fine dei miei giorni, conservo ancora qualche speranza!