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Anema e core [2]20 Settembre 2018, 16:01 - Massimo Cianfano [1] [suoi interventi [3] e commenti [4]] |
ANEMA E CORE
Fantastica piazza dove sacro e profano s’incontrano, rispettandosi. La cattedrale dall’alto della sua mole osserva stupita, spaventata questa massa di persone che vogliono conoscerla e visitarla. Vestiti, alcuni, in maniera non appropriata: pantaloncini corti, aderenti oltremodo lasciando intravvedere glutei ben sostenuti, magliette scollate da sala hot, e il guardiano della cattedrale posto all’ingresso, anziché cacciarle come fece Cristo con i mercanti nel tempio ha a disposizione tovagliette per evitare che queste siano indecenti di fronte al Cristo, tutto affinché possa il bussolotto delle offerte rimediare qualcosa. Questo turismo, queste persone che come in altri posti dove è custodita la cultura, li frequentano ma solo per dire ad altre; io c’ero, io l’ho vista! Così succede al Louvre; dove si affollano per vedere la Gioconda, ma non degnano di un più piccolo sguardo la Nike di Samotracia o dipinti di Matisse, Gauguin, Renoir, Monet, Manet, o il quadro di Paolo e Francesca di Ary Scheffer, oppure agli Uffizi o in altri musei. Così come pure, c’è la corsa delle giovani coppie a sposarsi in questa chiesa. L’accalcarsi delle funzioni crea un ingorgo come nelle tangenziali delle grandi città nei giorni lavorativi, il prete stabilisce i turni, facendo mercimonio anche lui, turni come in fabbrica al grido avanti un altro! E vanno al supplizio i parenti, le signori strette in abiti orrendi e tristi acconciature o scarpe da circo Orfei. Gli uomini con vestiti che nella quasi totalità, se potessero parlare direbbero: fatemi uscire da quel corpo. Evviva! Arriva la sposa. Un’auto surrealistica proveniente non si sa bene da quale garage noleggiata e pagata un occhio della testa; infine l’ingresso nella chiesa per celebrare insieme al sacerdote uno dei sacramenti più importanti per la religione cristiana: secondo quella religione in cui loro credono ma, di sacro, di mistico quelle persone, prete compreso, non hanno nulla. Quanto però sarebbe bello spogliare la funzione di tutti questi orpelli e celebrare il rito con spirito veramente cristiano, mistico. Accettare, sempre per chi crede, la transustanziazione eucaristica con attenzione e raccoglimento, scambiarsi la solenne promessa di solidarietà e di perpetua unione, con decisa convinzione, dedicarsi per la vita l’uno all’altra. Sono sicuro che troverò a discolpa di quanto ho detto taluni che con autoschediasmi tenteranno di giustificare tutto ciò. Unica cosa sacra veramente è il buffet dove tutti si tuffano finita la cerimonia, iniziando con quello e terminando con la cena per ripagarsi almeno il regalo che hanno “dovuto” fare agli sposi. In questo scenario surreale, kafkiano, gli avventori che affollano i bar della piazza duomo guardano allibiti lo spettacolo a volte osceno sorridendo, altre volte con triste ironia, altre volte con disgusto gli attori principali. E come nelle migliori sceneggiature dei film fantozziani, costoro si pavoneggiano indisturbati nel dissesto della normale decenza.
Gli sposi!... altro capitolo: ovvero la fiera delle vanità. Si recano con una schiera di fotografi superaccessoriati, muniti addirittura di drone per meglio catturare immagini fantastiche di loro che si scambiano baci e sguardi languidi, ma no come pensate voi: con amore, naturalmente, ma sotto lo sguardo vigile della fotocamera e del fotografo che gli dice: “non così! guarda verso tuo marito, anzi no! tuo marito guarda te e tu volgi lo sguardo verso il mare, ma non così! Urla il fotografo” allora l’amica del cuore che ha accompagnato la sposina fino all’ultimo corre in suo aiuto aggiustando lo strascico lungo circa due metri, consigliandola su quale posizione assumere, per scambiarsi, quello che semplicemente è il gesto più naturale del mondo tra due persone che si amano, e che hanno deciso di suggellare la loro unione in chiesa davanti al loro Dio. Via via che scrivo mi vengono in mente altre scenette, (ad esempio: le ciabatte che la sposina porta ai piedi in sostituzione delle scarpe della cerimonia, poiché queste le facevano un male cane), prese dalla spiaggetta di Cefalù.
Dove a piè sospinto si ripete la scena della chiesa: “Avanti un altro!” ti sembra di sentire, nel vedere le coppie susseguirsi negli stessi identici posti, aspettando ovviamente il loro turno, sembra di essere ad Ikea: in ogni casa dell’italiano medio c’e un prodotto svedese, allo stesso modo le foto realizzate li in quel posto... IKEA place.
Tenete in conto che alle volte, e non sono rare, non ritirano neppure l’album delle foto così tribolato che hanno deciso già di divorziare.
Allora!! Che ne resta della sceneggiatura, della limousine, dei fiori dell’abito da sposa/sposo pagato una fortuna, del rinfresco e della cena, degli invitati costretti anch’essi a spese sostanziose “per non fare brutta figura” dei regali tanto apprezzati dalla coppia di sposini. Allora! Allora un c......!