“Patr'Abbati”: un Padre di Misericordia

ritratto di Saro Di Paola

Versione stampabile

(Ricordo di Mons. Cosimo Cicero nel primo anniversario della sua scomparsa)

"Figlioli, non amiamo a parole né con la lingua, ma coi fatti e nella verità"
(1Gv 3,18).



“ho avuto fame e mi avete dato da mangiare,
ho avuto sete e mi avete dato da bere;
ero forestiero e mi avete ospitato,
nudo e mi avete vestito,
malato e mi avete visitato,
carcerato e siete venuti a trovarmi
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ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo
dei miei fratelli più piccoli, l'avete fatto a me”
(Mt 25,31-46)

Monsignor Cosimo Cicero, a Cefalù, è stato “Patr’Abbati”.
Per tutti e per sessantanove anni.
Da quando, il 5 febbraio 1941 venne nominato Abate Canonico Teologo della Cattedrale di Cefalù, a quando, il 19 febbraio 2009, il Padre Lo ha chiamato a Sé.
Alla veneranda età di 96 anni.
Era nato l’8 gennaio 1913 ad Aliminusa.

“Patr’Abbati” :
così mi hanno insegnato a chiamarLo i miei bisnonni,
così Lo hanno chiamato i miei nonni ed i miei genitori,
così L’ho chiamato io.
Così Lo abbiamo chiamato quattro generazioni di cefaludesi.

È nella mia infanzia che affondano i primi ricordi di Patr’Abbati.
Negli anni delle elementari.
Quando Egli era Parroco.
Parroco di Cefalù.
Alla Cattedrale.
A quei tempi l’unica Parrocchia della nostra Città.
La domenica mattina, finita la Sua Messa delle 9,00, andavamo all’ “Azione Cattolica”.
Con Patr’Abbati, io ed i miei coetanei siamo stati “fiamme bianche”, “fiamme verdi” e “fiamme rosse”.
Per la “Dottrina” ci portava nella sala attigua all’ingresso del cinema di “patri Cippicu”.
Là, in fondo al corridoio orientale del chiostro della Cattedrale.
Dopo la “Dottrina” tutti fuori.
Nel chiostro.
A svagarci, sotto il Suo sguardo vigile.
Ci faceva giocare.
Nei corridoi, con le biglie e i birilli di legno e a “palla prigioniera”.
Nel giardino del chiostro, a “libero-preso”.
Tra i rovi di biancospino, ci rincorrevamo, attenti a scansare quelle che, per noi, altro non erano se non “pietre”.
Erratiche com’erano, tante volte ci hanno fatto cadere.
Ci intralciavano nei giochi, avremmo voluto le buttassero via.
Quelle pietre, ahinoi, erano le colonne e i capitelli dei corridoi del chiostro.
Il tempo ed il fuoco ne avevano abbattuto due.
Erano rimaste solo quelle pietre, “accantonate” là, a terra, per decenni.
Là finirono per rimanere per altri quarant’anni.

Dopo le elementari, Patr’Abbati è stato il mio primo insegnante di Religione.
Alla Media Rosario Porpora.
Il ricordo dell’ora settimanale con Lui è, per me, tra i più gioiosi degli anni passati tra i banchi di scuola.
Quante birichinate nella Sua ora.
Con Patr’Abbati in cattedra scaricavo, e scaricavamo, le apprensioni delle ore di italiano, di latino, di storia, di geografia, di francese,di matematica e di scienze.
In quell’ora, mi rifacevo, e ci rifacevamo, di tutte le paure che gli sguardi degli altri professori ci incutevano.
Paure che Egli con i Suoi non riusciva ad incuterci.
I Suoi erano sguardi amorevoli.
Sempre.
Anche quando le nostre birichinate erano tali da costringerLo a dirci :
“figliolo mettiti faccia al muro”.

Patr’Abbati, per me e per tantissimi della mia generazione, è stato il Parroco, il Catechista, l’Insegnante.

Ma, per tantissimi altri, ben più numerosi di noi, Patr’Abbati è stato il “Padre”.
Padre di Misericordia.
Corporale e spirituale.
Per gli afflitti.
Per i poveri.
Per gli orfani.
Per i vecchi.
“Figlioli” e anziani, di almeno quattro generazioni di cefaludesi e di madoniti, hanno avuto la loro casa nella Casa di San Pasquale.
La casa di Patr’Abbati.
La casa dell’accoglienza, la casa dello studio, la casa del riposo, la casa della preghiera.
La casa per un “pasto caldo”.
La casa per riassaporare quegli affetti di famiglia da cui la vita li aveva strappato.
La casa per il corpo e per lo spirito.

Ho negli occhi e custodisco nel mio cuore l’immagine di Patr’Abbati, quando, negli anni cinquanta, insieme alle Sorelle del Boccone del povero, faceva la questua per dare da mangiare ai “figlioli” ed ai vecchietti di quella casa.
A piedi, nella campagna e negli orti di Cefalù, sino alla piana di Lascari, per riempire, di ortaggi,di frutta, di olio e di vino “i viettuli” : due sacche unite, in robusta tela grigiastra, che l’instancabile “’Mbrociu” portava, penzoloni, sulle spalle. Una davanti, l’altra dietro.

Patr’Abbati con suor Regina, suor Daniela, suor Manuela e con “’Mbrociu”, a piedi, da San Pasquale alla campagna e dalla campagna a San Pasquale.
Che bella immagine !
Immagine di una Cefalù che non è più.
Immagine di un “mondo” e di una Chiesa diversi.
Immagine d’altri tempi.
Immagine di un Uomo di Chiesa, di un Sacerdote, di un Servo di Dio.
Di un Ministro che ha servito Dio nei Suoi figli.
In quelli più bisognosi.
“Figlioli” e anziani che Egli continua a servire nella gioia del Suo Signore.
Da un anno.

Gli orfani di San Pasquale in una foto del 2 agosto 1959. Al centro, tra Patr’Abbati e la Superiora Suor Maria Cleofe Tommasini, due benefattori. Poi Suor Regina, Suor Manuela, Suor Laura, “Ninuzzu”, Suor Daniela.

La Prima Comunione del 30 aprile 1965 nella Casa di San Pasquale : il Vescovo Cagnoni, Suor Maria Cleofe Tommasini, Suor Regina, Patr’Abbati.

Patr’Abbati nel 1962. Con Totò Guercio a cui va il mio grazie per le foto che mi ha fornito e con Saro Vazzana.