10 Aprile 2015, 07:14 - Michele Cutaia [suoi interventi e commenti] |
Con il patrocinio del Comune di Cefalù – Le “tarsie pittoriche” di Pino Valenti – Ottagono Santa Caterina. Piazza Duomo.
Fra le tante attività che fiorirono, il paese di Collesano divenne un centro produttivo e competitivo di ceramica popolare, il più prestigioso delle Madonie, che dal Seicento si protrasse fino al XX secolo, sostenuto, infine, egregiamente dal raro “ciaramitaro” Letterio Iachetta, attività tutt'ora proseguita dai suoi eredi e, forse, d'altri ceramisti.
Ma anche nel campo della falegnameria perseverarono abili artigiani del legno, i “mastri r'ascia”, attivi per arredi chiesastici, case signorili, palazzine e case modeste, realizzando mobili, cassepanche, tavoli, poltrone, sedie, bauli, apparati decorativi ed altri arredi. Oggi questo settore del legno s'è molto ristretto, per l'invasione del mobile industriale moderno, non sempre di buona qualità. E a Collesano risorge dalle “ceneri” un esperto, un maestro dell'intarsio e del mobilio e restituisce alla realtà operativa il nobile prestigio dell'arte del legno, un artista che dell'intarsio ne ha fatto un'attività autonoma ad alto livello, pari ad un pittore che dipinge sulle tele con i colori ad olio, con le tempere, gli acrilici, ecc.. egli “dipinge” su supporti lignei, con i colori degli impiallacci, egli fa “pittura” con i legni. Quest'irriducibile esperto di intarsi, è Pino Valenti. Dopo aver fatto da ragazzo tirocinio, per alcuni anni, da un falegname di Collesano, decise di frequentare l'Istituto Statale d'Arte di Cefalù scegliendo la Sezione Legno ove imparò a fare, come lui stesso scriveva, “piccoli pannellini di tarsia, con i quali cominciai la mia personale guerra alla società tutta che non concedeva a me e a tutti i miei simili, fatte rare eccezioni, amore, bellezza e ricchezza...” Questo pensiero sembra una verità rivelata: “quei piccoli pannellini di tarsia” si realizzavano, come fece pure lui, infatti, all'Istituto d'Arte di Cefalù. Piccoli erano, ma quanto bastava ad accendere la fantasia per accrescere la sua potenzialità espressiva. La “vocazione” e la possibilità che quel sogno si potesse avverare! All'Istituto d'Arte Pino Valenti è stato un mio alunno. Oltre lui, negli anni scolastici (anni '60) in cui fui docente per il Disegno Professionale Legno” si avvicendavano altri alunni ai quali insegnavo a disegnare incastri, elementi di arredo, mobili e tarsie. Per stimolare i giovani, all'uso dei colori (io provenivo dalla “Decorazione pittorica”) avevo composto una cartella di rettangolini di impiallacci di varia natura, mogano, ciliegio, tiglio, frassino, castagno, acero, acero occhiolinato, bosso, ecc.. Gli alunni, ideata una composizione grafica, potevano imitare con pennelli e colori a tempera, i colori e le venature dei legni, adattandoli, per accordi tonali, alle figure o alle composizioni astratto-geometriche e dare, il più possibile, l'impressione del legno intarsiato (poteva trattarsi di un pannello o di un coperchio di cofanetto o qualcos'altro) che poi era l'effetto previsto del prodotto finito al Laboratorio Legno, sapientemente seguito dal prof. Nenè Flaccomio, ebanista di razza e rinomato maestro, autore di due pregevoli Annunciazioni intarsiate e d' altre opere ottenute con certosina precisione. Gli alunni di quel gruppo, di cui accennavo sopra, realizzarono con passione tarsie lignee, ma approfondirono la conoscenza della pittura e divennero bravissimi pittori e grafici, però in seguito, molto raramente, tranne forse alcuni, si dedicarono agli intarsi. Ricordo volentieri i nomi (qualcuno mi sfuggirà, d'altri non ho notizie), di questo drappello di giovani artisti entusiasti: Giuseppe Forte, Paolo Lanza (che, purtroppo, per mia negligenza, ho perso di vista) Benedetto Morello, Giuseppe Collara, Salvatore Gugliuzza, Giuseppe Cimino, Gaetano Messina, Santi Occorso, Angelo Baragona, Sarina Oddo, Giacinto Barbera, divennero validi architetti. Oltre alla carriera artistica, per chi volle farla, si dedicarono all'insegnamento. Pino Valenti, compiuti gli studi presso l'Istituto d'Arte di Cefalù, rinunciò all'eventualità di un insegnamento per dedicarsi totalmente alle opere che da tempo gli ronzavano nel cervello, i tanto amati intarsi lignei con le uniche fonti di colore: gli impiallacci. Così nacquero i grandi pannelli intarsiati come fossero quadri dipinti, o, come capitava, pannelli applicati ai mobili, prodotti pure da lui. In alcuni paesi, come ci testimonia pure Collesano, attraverso i “suoi figli”, la cultura contadina, evolutasi sulle tracce degli antichi valori, può ancora produrre frutti sani e saporiti. Pino Valenti è senz'altro uno di quegli artisti spontanei che non conosce compromessi e segue caparbiamente la sua strada. Ci riesce, per la propria cultura acquisita negli anni, per il “mestiere” come fonte costante di energia che gli consente ampie scelte operative, con serenità e saggezza. Le idee si sciolgono, fluiscono sulle superfici che diventano immagini, composizioni, racconti, vicende sociali, brani di vita, talvolta ironici e giocosi, in un'equilibrata gamma cromatica. A parte la padronanza tecnica degli intarsi, fatta con legni naturali di cui Valenti ha dato brillante prova, il salto di qualità è dato dall'arricchimento della “tavolozza” degli impiallacci colorati che gli hanno consentito una maggiore vivacità dei colori e una spiccata tridimensionalità dei corpi e degli spazi che non era possibile prima con le campiture piane e uniformi, tipiche degli intarsi tradizionali. Tuttavia, nei secoli andati, vi furono maestri, i quali, con i legni naturali, fecero opere pregevoli. Esiste un intarsio ligneo del '300, di scuola senese, nel vecchio Coro del Duomo di Orvieto, l'Incoronazione della Vergine tra gli Angeli, di una delicatezza incomparabile. E come dimenticare i resti superstiti dei decori intarsiati sugli armadi della Sacrestia di Santa Maria del Fiore, eseguiti nel '400 a Firenze da Giovanni Guidi, detto lo “Scheggia”, fratello minore di Masaccio? A Firenze, ad Urbino, come in altre città, ci fu una grande fioritura di maestri del legno con il Majano, il “Francione”, Giuliano Da Sangallo, il Pontelli, i Lendinara. Proprio con loro, Cristoforo e Lorenzo da Lendinara avvenne nel 1462, un'originale invenzione, di cui ancora oggi si traggono, modernizzati, tali benefici: loro furono i primi che, per arricchire la natura cromatica dei legni, decisero di tingerli mediante cottura, come si rileva dagli Stalli del Coro che realizzarono nella Basilica di Sant'Antonio a Padova. Quindi per Valenti i legni, gli impiallacci colorati, sono una grande risorsa. Usarli, integrarli, dosarli con quelli naturali, con il gusto del pittore che costruisce i volumi e gli ambienti, nei contrasti, nelle sfumature e nelle luci. Egli è in grado di fissare, esaltare o attenuare al massimo, l'artificio di questi colori, i rossi, i bianchi, i gialli, i grigi, i neri, i verdi e gli azzurri. È indubbio che Valenti, attratto dalla cultura classica, filtrata dall'arte moderna e contemporanea, corroborato dalla conoscenza dei propri mezzi, sperimenta l'intarsio su qualsiasi supporto, senza mai tradire la sua libertà espressiva. Tuttavia, questa capacità di muoversi nei vari soggetti con inaudita facilità, potrebbe rivelarsi insidiosa nel cedere ad un latente virtuosismo edonistico, sicuramente evitabile per quella forza interiore che da sempre lo distingue.
Pino Valenti espone trenta opere, sotto l'egida del Comune di Cefalù, nelle bella ed ampia sala ottagonale di Santa Caterina che fa parte della stessa struttura muraria dell'ex Istituto d'Arte, ch'era la zona posteriore dell'Ottagono, il cui accesso alla sede, era a pochi metri, in via XXV Novembre.
E là erano le “fucine” delle Sezioni frequentate da alunne ed alunni, del Ricamo, dei Metalli, del Legno, abilmente dirette, allora, dai maestri Elodia Musumeci, Carmela Cardali Barranco, Giuseppe Brocato e Nenè Flaccomio, con il quale collaborai al Laboratorio Legno (di cui era titolare) e dove si formarono tanti alunni tra i quali Pino Valenti ove imparò a fare le prime tarsie lignee. Diamo, ora, un'”occhiata” alle opere:
ecco il CARRO DEI SOGNI:
Carro dei sogni
forse in questi ragazzi, festosi, sereni, ci riconosciamo pure noi, con la nostra infanzia, o, se non vissuta, come l'avremmo voluta, possedendo un carro come questo, costruito con solidi legni e solide ruote, nei suoi volumi squadrati, nei suoi caldi colori naturali, venati, e l'azzurro tutt'intorno. Ricordi lontani, saldati nel cuore!
Poi un altro titolo, LEGGEREZZA!
Leggerezza
Volano tre donne nella loro danza dinamica, con i loro corpi tonalmente chiari, tra cerchi colorati, intersecati, da rossi, marroni, azzurri e neri di diversa intensità.
Ecco un altro “dipinto” IN ALTO IL CUORE:
In alto il cuore
su un fondo “picchettato” blu scuro, si staccano, gli ignudi, in giochi acrobatici, i loro corpi più schiariti,le braccia tese, in alto, a ghermire un cuore: tutto, in un gioco di tessere musive lignee, minute,che vibrano di luci.
Il mosaico, con le sue tessere uniformi, realizza valori chiaroscurali e cromatici che mettono più in risalto i volumi, animando l'uniformità delle campiture piatte, tipiche dell'intarsio. Esiste una forte “affinità” tra mosaico e intarsio, tanto che le due tecniche si integrano nei decori della stessa superficie.
Nel soggetto CAMMINA CAMMINA l'omino “Charlot” e la sua compagna, al centro, costruiti sui toni intensamente azzurri, s'allontanano verso un'ipotetica felicità.
Cammina cammina
Le coppie, a sinistra, due fidanzati o sposi, i due scouts a destra, avanzano frontalmente (verso dove?) con i loro corpi costruiti, tra azzurri, bianchi e aranciati.
Ecco un pannello, BELLEZZA ALTROVE, del figlio di Valenti, Michele, il quale, sulla scia paterna, produce tarsie lignee degne di nota, come possiamo cogliere in questa sintetica, chiara figura frontale, (di memoria picassiana) ben costruita su fondi rettangolari con colori che variano dai rossi, ai grigi, al nero e all'arancio.
Bellezza altrove
Esuberanti, fantasiosi,”caotici” quei gruppi musicali di MUSICA MAESTRO, affollati, quindi, da suonatori, emergenti a gruppi frammentari, attorno al direttore d'orchestra, che “dirige” avviluppato da un ondoso nastro di lettere a colori inneggianti Verdi, Mozart, Beethoven.
TEMPERATI:
Temperati
Quasi un razzo, quel matitone temperato, cavalcato da due esili dame. Accanto, di scorcio, un elegante contenitore, colmo di matite colorate, festose diagonali di colore, esuberanza cromatica degli impiallacci. E, infine, una scaglia di legno naturale, venato, incastonata all'ombra della punta del matitone. Una delizia!
Quante tarsie scorrono sotto i miei occhi, coinvolgenti. Acrobati, musici, innamorati, compositivamente gradevoli e calibrati nei colori, e leggo altri titoli: SELFIE, PIANISTA, APPASSIONATI 2, QUADRANDO MUSICA, NUVOLE, TRE, ecc...
Selfie | Pianista |
Appassionati 2 | Tre |
Quadrando Musica | Nuvole |
Ecco, desidero concludere:
CARO DIO.
Caro Dio
Si muove, delicata, la coppia di clowns sul suolo del mondo. Lei dietro, nel suo completo dei vari legni, grigi e celesti, tiene nella mano una lettera e con l'altra, s'appoggia a lui, il cui abito è percorso da zone sinuose di bianchi e gialli, schiariti, illuminati da una candelina accesa che tiene in mano. Si dipana la luce della candela, in un crescendo luminoso radiante, di bianchi, gialli e rosati, frantumando gli azzurri delle tessere di fondo, picchettati da rossi e rosati da sembrare una notte stellata. “Caro Dio” sembra dire il contenuto della lettera, quasi una supplica, “vorremmo aiutarTi, col nostro buonumore, a portare, anche noi, un po' di luce su questa sciagurata umanità”!
Aprile 2015 Michele Cutaia
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