29 Dicembre 2015, 21:12 - Angelo Sciortino [suoi interventi e commenti] |
L’uso di Renzi della spesa pubblica per influenzare l’opinione degli italiani, abituati bene a queste misure della politica, è sicuramente ampio e nessuna delle misure ha prodotto benefici al Paese, ma piuttosto a singole categorie. Purtroppo, alla facilità con cui vengono istituite queste manovre d’economia elettorale, mascherate sempre da qualche buon proposito, si contrappongono le difficoltà sul piano politico a cancellarle.
Considerato che la copertura di tale spesa deriva da un ulteriore margine di flessibilità sul deficit, concesso dall’Europa per rispondere meglio agli attacchi terroristici e non dal mancato taglio dell’IRES nel 2016, che già era saltato dopo l’esame della Commissione, questi interventi in futuro non potranno trovare la medesima copertura. È quindi impossibile comprendere la ratio economica delle misure. Sarebbe più urgente e proficuo intervenire su altri aspetti, iniziando dalla tassazione sulle imprese, visto che l’Italia ha vinto la triste maglia nera sul total tax rate. Renzi, però, è un politico che guarda alle prossime elezioni. Infatti, anche se James F. Clarke scrisse nel 1870 che “A politician […] is a man who thinks of the next election; while the statesman thinks of the next generation” (un politico guarda alle prossime elezioni, uno statista alle prossime generazioni) e il concetto venne riprese da Alcide De Gasperi, citato di recente da Mario Monti, l’elettore italiano continua a preferire i primi ai secondi. Uno statista avrebbe usato quei soldi, per quanto pochi, per aumentare la presenza delle forze dell’ordine sulle strade, che ora si stima solo attorno al 40% dell’intero organico; o avrebbe attivato programmi mirati nel periodo della formazione e non dato piena autonomia quando questo processo è, auspicabilmente, quasi concluso; o avrebbe iniziato a predisporre riforme incisive delle forze dell’ordine e dell’istruzione. Per questa ragione, ritorna alla mente l’appello di Clarke: “Wantend, a statesman!”, “serve uno statista urgentemente!”.
Quanto sia ormai ineludibile spendere bene i soldi dei contribuenti, risparmiando sulle spese clientelari volte al conseguimento di un facile consenso ed evitando di coprire simili scelte con una comunicazione improntata all’ottimismo, lo dimostra la seguente tabella, ricavata dall'Ufficio delle Entrate:
Da essa si evince chiaramente che le entrate tributarie ricavate dalla lotta all'evasione sono passate dai 4,3 miliardi di euro nel 2006 ai 13,1 nel 2013. Questo aumento quasi vertiginoso dimostra, in presenza di un aumento della tassazione sia a livello statale e sia a livello locale, che non è vera la dichiarazione di Renzi e di altri, quando dicono pagare tutti per pagare meno. Se fosse vera, noi dal 2006 al 2013 avremmo dovuto avere un minor peso fiscale di almeno 9 miliardi di euro. Non credo che ci sia un solo italiano, che abbia percepito tale calo, anzi!
Confesso ai lettori che, impedito dalle mie condizioni di salute, ho passato queste feste natalizie a controllare la veridicità delle frequenti ottimistiche dichiarazioni di Renzi e quelle che avete letto sono le riflessioni suggeritemi da tale esame. Un esame che non mi è stato difficile, perché a esso mi ha abituato, mutatis mutandis come dicevano i Latini, il nostro Sindaco con i suoi altisonanti proclami o con le sue accusa ai suoi predecessori, divenuti nel caso di Renzi gli evasori.
Che cosa dire, se non: ascoltiamo l'uno e l'altro con senso critico, perché ne va di mezzo il nostro futuro?!
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