3 Giugno 2019, 14:19 - Angelo Sciortino [suoi interventi e commenti] |
Devo smetterla di leggere i giornali esteri. Ho avuto prova, infatti, che l'ignoranza non fa soffrire chi ne è affetto.
È un duro attacco — a tratti ingeneroso — all’Italia dei Beni culturali l’articolo di Barbi Latza Nadeau sul Daily Beast, che accusa il nostro Paese di trascurare colpevolmente tra il 60 e l’80 per cento delle sue opere d’arte, quelle, cioè, conservate negli scantinati dei suoi musei, ribattezzati “cimiteri culturali, sia perché sono sepolti sottoterra, sia perché l’opera d’arte è spesso avvolta, come i cadaveri, in lenzuola bianche”. Un’immagine che fa impressione. “Pur avendo il più alto numero di siti Patrimonio Mondiale dell’Unesco in tutto il mondo — prosegue la giornalista americana — , l’Italia dedica al patrimonio culturale molto poco del suo bilancio. Spende per la cultura il secondo bilancio più basso di ogni nazione europea ed esso è senza eccezione il primo che viene tagliato quando bisogna tirare la cinghia”. E se qui è difficile darle torto, appare un po' meno comprensibile l’accusa che segue e cioè che “la maggior parte dei siti storici, come il Colosseo di Roma e la Torre pendente di Pisa, sopravvive grazie al fatturato dei biglietti d’ingresso o alle donazioni di filantropi”: non si capisce cosa ci sia di male in questo. I dati che presenta Latza Nadeau sono però preoccupanti: “Negli ultimi 12 mesi, secondo i servizi di polizia del patrimonio culturale italiano, sono stati rubati oltre 8.400 reperti archeologici da istituzioni statali a cielo aperto. Molti di questi sono stati prelevati da luoghi dove la mancanza di personale e di sorveglianza rende facile per turisti e collezionisti infilare pezzi di mosaico o anche pezzi più grandi nelle loro tasche o borse”. Tra i tesori ingiustamente trascurati ce n’è anche uno milanese, nel Castello Sforzesco, “nell’ex prigione sotto gli antichi bastioni di fortificazione che circondano il sito”. Nel castello sono esposte 3.500 opere d’arte, ma si stima (nessuno lo sa con certezza) che ci siano “altri 17.000 pezzi di valore conservati nel seminterrato accanto a circa 2.500 statue contenute in cinque piccole sale. L’unico modo per visitare il magazzino, non aperto al pubblico, è attraverso un foro in quello che un tempo era il fossato del castello”. Si pensi, per esempio, alle tante opere giacenti nei magazzini del museo Mandralica per avere un esempio di che cosa sto parlando. Gestire questo immenso patrimonio presenta costi che per un Paese come l’America — dove il patrimonio storico-culturale è molto più ridotto — sono impensabili, ma è urgente salvarlo dall’abbandono in cui versa.
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