14 Novembre 2020, 14:18 - Giovanni La Barbera [suoi interventi e commenti] |
E' possibile che l'indolenza istituzionale Stato, Regione e Comune si rendano complici della distruzione dell'Ambiente? Si si, e non solamente per la loro inefficienza, ma per una specifica volontà, che sostiene più o meno con dolo diretto, la pervicacia della speculazione edilizia privata, a tutto danno dell'interesse generale.
Questo è il caso clamoroso che si descrive sommariamente nelle righe che seguono.
Il luogo
Comune e territorio di Campofelice di Roccella. Ente locale situato nella fascia costiera della Regione Sicilia, di una Regione ancora italiana e di uno Stato ancora europeo. La geografia ci costringe in quell'Occidente che ha sviluppato nell'ultimo mezzo secolo una irrinunciabile cultura della misura nell'uso del suolo e delle risorse ambientali, tuttavia persistono ancora sacche di arretratezza, che paurosamente ci relegano tra i disperati, non diversi, metaforicamente, dai dannati delle discariche dell'India, di cui le cronache recenti parlano.
Il tema
La pianificazione urbanistica e territoriale usata ancora per obiettivi privatistici di arricchimento individuale incurante della distruzione del patrimonio naturalistico di proprietà di Tutti.
Storia
Dopo anni di anarchia, in questo tratto di circa 9 Km di territorio costiero del Comune di Campofelice di Roccella, l'abbandono e l'incapacità hanno lasciato che si sviluppassero i fenomeni classicamente più distruttivi di un urbanesimo lasciato alla mercé della famelica voracità privata e della istituzione comunale, totalmente complice dell'arricchimento di pochi a danno dei molti.
Questo fenomeno è ancora in atto e sostenuto dalla pubblica amministrazione. Anzi, da un insieme di istituzioni, sopra elencate, ma che non esclude la responsabilità di tutte le forme istituzionali che a vario modo sono presenti sul territorio nazionale e nel cui statuto è contenuta la missione principale della protezione dell'ambiente, del paesaggio e dell'equilibrio ecologico.
Il fatto
Dopo un lungo, volutamente lungo, processo, che è meglio chiamare iter, perché di processuale non ha avuto nulla, di elaborazione di un progetto di pianificazione, (PRG), la Regione nel doveroso compito di collaborazione e quindi di esame sia della conformità alle leggi che della verifica di congruità, portata dall'applicazione dei mezzi di conoscenza e di previsione delle discipline di cui si avvale l'Urbanistica, conclude il suo apporto con due contrastanti posizioni amministrative.
Con la prima emette un Decreto, in seguito dell'esame istruttorio, dell'apposito servizio assessoriale (ARTA) con censure multiple, invalidanti il Piano Regolatore. Censure motivate e fondate da lapalissiane constatazioni nella lettura degli elaborati, il cui stato di fatto evoca i fenomeni patologici di consumo del suolo, che si sono storicamente, obiettivamente, registrati in questo Comune, a danno irreversibile del paesaggio, dell'ambiente e dei costi che la Comunità dovrà sopportare per la realizzazione e la gestione dei servizi pubblici, che comportano insediamenti caotici.
Tali censure, in una normale logica, avrebbero dovuto concludere con la restituzione del PRG al Comune per i conseguenti adeguamenti.
Con la seconda, difficile da credere: lascia senza conclusione l'iter istruttorio regionale, sebbene il PRG sia stato sottoposto più volte al Consiglio Regionale dell'Urbanistica, determinando cosi, volontariamente, l'esecutività del Piano per decorrenza dei termini entro i quali la Regione stessa doveva concludere i suoi compiti di legge.
Gli amministratori del Comune, dal canto loro, non volendo rinunciare ad un PRG che perpetua la logica speculativa e di depauperamento ambientale, impugnano il Decreto VAS al TAR, con le sue censure, ricevendone una sentenza con un sostanzialmente il rigetto delle pretese.
Brilla in questo processo amministrativo l'assenza della difesa della Regione del suo Decreto VAS.
Si forma cosi una singolare quanto aberrante mostruosità giuridica: il Comune, lasciato al suo destino, applica un PRG, che non è generale perché il Decreto Vas ha imposto una serie di stralci delle previsioni insediative del PRG riguardanti importanti parti del territorio.
Il Comune non è quindi in grado, per quanto appena detto, di dare certezza sul diritto urbanistico a tutti i cittadini.
Ma non basta: l'Amministrazione, senza ricevere mandato dal Consiglio Comunale, unico organo che ha competenza in materia di pianificazione, ha deciso con una deliberazione di Giunta e una determinazione del responsabile del servizio, un incarico legale per impugnare in appello al CGA il Decreto emesso dalla Regione sulla valutazione ambientale strategica, (VAS), relativamente al PRG di Campofelice.
Ecco come il denaro pubblico finirà con l'essere usato per un'ulteriore distruzione dell'ambiente e del paesaggio siciliano.
Questa kafkiana realtà si è potuta realizzare grazie ad un flusso di inadempienze di specifici obblighi di legge, che, a mio modo di vedere e senza esagerazione, vanno imputate al Comune, alla Regione, allo Stato, nelle competenze del (MATTM) Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, e, non appaia troppo lontano, all'Europa.
- Accedi o registrati per inserire commenti.
- letto 1262 volte