8 Novembre 2021, 17:40 - Angelo Sciortino [suoi interventi e commenti] |
“Sono arrabbiato...arrabbiatissimo!” esclamò Ruggero. Poi continuò: “Come hanno potuto ridurre così la mia amata Cefalù?! Ricordo le descrizioni del mio geografo, El Edrisi, che ne decantavano le meraviglie regalate dalla natura a quel luogo, che mi accolse naufrago. Quel luogo, che ho voluto arricchire di ben due chiese, quella di San Giorgio e la Cattedrale.”
Ruggero camminava per la stanza reale e aveva il viso paonazzo per la rabbia, che non riusciva più a contenere. Il ciambellano e gli uomini della sua scorta erano impauriti, perché temevano l'ira del Re; avevano timore delle sue reazioni, che avrebbero potuto portare a punizioni severissime. Il Re stava per parlare ancora, quando gli si avvicinò il suo fido consigliere, Giorgio d'Antiochia.
“Maestà, calmatevi, l'ira è sempre cattiva consigliera. Ammetto che Vi è stato fatto un gran torto, ma qualsiasi punizione dev'essere degna di un Re; dev'essere degna della vostra grandezza. Avete trattato con intelligenza e con carattere con altri sovrani e grazie alla vostre abilità ne siete uscito sempre vincitore. Sono d'accordo con voi che chi vi ha fatto questo torto è gente piccola, ma la sua pochezza non deve spingervi ad azioni piccole, come potrebbero essere quelle dettate dal desiderio di vendetta.”
Ruggero non lo lasciò continuare: “Ti rendi conto, amico mio, del danno che hanno fatto? Grandi scrittori di tutta Europa, venendo a Cefalù, ne decantavano le bellezze e loro stupidamente le hanno distrutte. Persino i turisti francesi facevano festa davanti alla mia Cattedrale per ricordare il 14 luglio, il giorno della loro conquistata libertà. Oggi, invece, in quello spiazzo davanti alla Cattedrale il loro capo festeggia circondato da femmine vestite succintamente. E non voglio ricordare la fine dei suoi bellissimi paesaggi, dove cavalcai per distrarmi dai pensieri, che gli impegni di governo mi davano. Adesso sono stati deturpati da palazzi e non esistono più le strade, che percorrevo con grande piacere. No, non può lasciarsi impunita questa gente, che si arroga il diritto di amministrare quello che le ho lasciato in eredità.”
“Maestà” disse Giorgio “non posso darvi torto. Avete detto bene, <gente che si arroga il diritto> di amministrare, ma vi ricordo che essa è stata scelta dalla comunità cefalutana e non ha conquistato il potere con la spada o lo ha meritato con la sapienza. A meritare la punizione non sono, quindi, coloro che amministrano, ma tutta la comunità. Le vostre carceri non possono contenerli tutti, per cui rischiate di non comportarvi con giustizia, lasciando qualcuno impunito.”
“Allora” disse il Re “devo lasciare che tutto proceda in questo modo ignobile?”
“No, Maestà, noi ormai viviamo nel mondo dei più e siamo vicini a Chi tutto può. Rivolgetevi a Lui e chiedete consiglio, soprattutto chiedetegli di illuminare le menti dei componenti della comunità per non far loro commettere gli stessi errori nel momento di scegliere un'altra volta i loro rappresentanti. Soltanto un intervento divino potrà salvare la vostra eredità. Sono certo ce vi ascolterà.”
“Farò come consigliate.” disse Ruggero “La salvezza di Cefalù va oltre le mie forze.”
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