1 Maggio 2024, 08:52 - Saro Di Paola [suoi interventi e commenti] |
Sono passati quasi ventuno anni dal 15 luglio 2003, quando, per la prima volta, al Consiglio comunale di Cefalù venne sottoposto il primo progetto definitivo del raddoppio ferroviario con la galleria di sfollamento indispensabile per la stazione-fermata in sotterranea, che il Consiglio comunale, il 17/09/2001, espresse “parere favorevole di massima sullo studio di fattibilità presentato dalla FS riguardante la cosiddetta “SOLUZIONE 6” del raddoppio, con riserva di esprimere il parere definitivo ai sensi dell’art.7 della L.R. 65/81”.
La “SOLUZIONE 6” era, appunto, la sesta delle ipotesi di tracciato, compatibili con una stazione-fermata in sotterranea, quanto più vicina a quella attuale, che il Comitato “Cefalù Quale Ferrovia”, intorno al 2000, aveva sottoposto alle FFSS e che le FFSS finirono per accettare.
Era, però, una soluzione, che, come le altre cinque, non si poneva, affatto, quelle problematiche dell’esercizio in sicurezza della stazione-fermata, che sarebbero emerse dopo, passando dallo studio di fattibilità al progetto definitivo: la galleria di sfollamento ed i pozzi per le scale di sicurezza.
Quanto alle problematiche del progetto esecutivo sono tutte da venire, se è vero, com’è vero, che quello illustrato come tale nella Sala delle Capriate, negli incontri pubblici del 28 novembre del 2015 e del 26 gennaio del 2016, è stato, già, ampiamente stravolto e che, i pozzi per le scale di sicurezza, nel 2016, erano in fase di approfondimento, come un ingegnere, che partecipò all'incontro sulla fermata sotterranea, ebbe a dire per fugare le preoccupazioni di un nostro concittadino.
Quasi ventuno anni, quelli dal 2003 ad oggi, non sono stati sufficienti per trovare l'ubicazione giusta della rampa di accesso alla galleria di sfollamento e, meno che meno, per pervenire alla Verità, quella con la maiuscola, sulla ragione per la quale RFI fu costretta a cambiare l'ubicazione prevista in quel primo progetto definitivo sul quale il Consiglio, nella seduta di quel 15 luglio 2003, venne chiamato ad esprimere il parere di competenza previsto dall'art.7 della Legge Regionale 65/81.
Perciò, è dagli atti consiliari, ufficiali, di cui alla delibera di quella seduta, che si deve iniziare, come la inizio, questa prima parte della mia ricerca della Verità, quella con la maiuscola, sulla galleria di sfollamento e sulla rampa per accedervi.
In quella seduta, il Consiglio deliberò all'unanimità
di approvare la proposta di progetto definitivo presentata da RFI, unitamente al documento presentato dal Consigliere Di Paola.
Il documento è il seguente:
Dei Consiglieri che approvammo quella proposta ad occuparci, ancora nel 2024, del raddoppio e della fermata sotterranea siamo rimasti in due: io e Rosario Lapunzina.
Io da semplice cittadino, è forse una colpa?, e Lapunzina nei suoi ruoli istituzionali di Consigliere e Vicesindaco.
In quella occasione, svolsi l'intervento, integralmente allegato al verbale della seduta, che riporto, integralmente, alla fine di questa prima parte della mia ricerca.
Lapunzina, che dal 2002 al 2007, ha condiviso con me ed altri quattro colleghi, allora il Consiglio era composto da 20 Consiglieri 14 di maggioranza e 6 di minoranza, il ruolo di Consigliere di minoranza, intervenne, soltanto per "preannunziare il voto favorevole alla proposta proponendo di metterla ai voti col documento letto dal Consigliere Di Paola" e per “proporne l’immediata esecutività”.
Concludo questa prima parte della mia ricerca della Verità sulla galleria di sfollamento col testo integrale del mio intervento come allegato alla delibera.
Signor Presidente, signori consiglieri, signora Sindaco, signori dell’amministrazione,
l’argomento di cui ci stiamo occupando mi riporta indietro nel tempo.
In particolare, mi fa rivivere gli anni, tra il 1978 ed il 1988, della mia precedente esperienza di consigliere comunale.
Infatti, fu proprio nel 1978 che, avendo le Ferrovie dello Stato programmato il raddoppio del binario nella tratta PA-ME, il Consiglio Comunale, presieduto dal sindaco dott. Nicola Imbraguglio, nella seduta del 6 novembre, avendo valutato con grande tempestività le ripercussioni che avrebbe potuto avere il raddoppio del binario lungo tutto il territorio di Cefalù, espresse voti unanimi perché l’attraversamento venisse progettato e realizzato interamente in galleria.
Successivamente, l’argomento tornò all’attenzione del Consiglio per l’espressione del parere previsto dall’articolo 7 della L.R. n° 65 del 1981, su quella che fu la prima proposta di progetto definitivo, era l’otto agosto 1985.
Quella proposta, come è a tutti noto, prevedeva la nuova stazione di Cefalù in località Ogliastrillo.
E su quella proposta vi furono, soltanto, consensi ed apprezzamenti. Come disse il dott. P. Giardina, in quella occasione, la proposta “salvaguardava i valori naturali e paesaggistici dell’intera fascia costiera del nostro territorio”.
I consensi non vennero soltanto dagli esponenti politici, ma, anche, dagli illustri architetti ed urbanisti della nostra Città, cui il Consiglio prima di esprimere il suo voto, aveva deciso di sottoporre l’esame del progetto.
Erano il prof. Arch. Pasquale Culotta, l’arch. Salvatore Giardina, l’arch. Marcello Panzanella che, come è scritto nel verbale della seduta di quell’otto agosto 1985, “dopo essersi dichiarati concordi sulla compatibilità del progetto con l’assetto del territorio evidenziarono le problematiche di carattere, urbanistico, territoriale ed umano dovute allo spostamento della stazione ad occidente della Città.” NULL’ALTRO!
Due anni dopo, era il 10 luglio 1987, venne all’esame una variante al progetto già approvato.
L’unica novità prevista dalla variante era costituita dall’inserimento del binario della linea esistente nella nuova stazione di Ogliastrillo, al fine di rendere immediatamente funzionale la tratta Fiume Torto-Nuova stazione di Cefalù, ancor prima che venisse completato il resto della tratta Nuova stazione di Cefalù-S.Agata.
Ancora una volta, il Consiglio espresse il suo voto favorevole.
Successivamente, fu una richiesta di riesame presentata, il 28 dicembre del 1987, da quattordici consiglieri, di maggioranza e di minoranza, a riportare l’argomento all’attenzione del Consiglio, il 18 marzo del 1988.
Cos’era avvenuto, tra il 10 luglio ed il 28 dicembre del 1987 che avesse potuto giustificare la richiesta di riesame del progetto?
Ufficialmente, così era scritto nel documento, fu una espressione contenuta nel decreto di approvazione del progetto emanato dall’ A.R.T.A. il 5 agosto di quell’anno, a spingere i colleghi ad elaborare ed a firmare la richiesta.
L’espressione: “il progetto della stazione di Cefalù dovrà tenere conto del traffico non solo passeggeri, ma anche merci” era in effetti, fuorviante , però, assolutamente, priva di contenuto, come, poi, cercai di far capire io e come, poi, i fatti dimostrarono.
Infatti, negli elaborati dei progetti venuti, nel tempo, all’attenzione del Consiglio, non vi era mai stato prima e non vi è mai stato dopo alcunché che potesse far pensare alla previsione di uno scalo merci a Cefalù.
Sostanzialmente, avvenne che, dopo l’emanazione del citato decreto da parte dell’Assessorato, i tecnici del CON.SIL.FER. cominciarono ad eseguire i sondaggi geognostici nelle aree interessate dall’intervento.
Quei sondaggi innescarono la miccia delle legittime proteste dei proprietari dei terreni espropriandi.
E furono tali proteste a spingere i consiglieri a presentare il documento: si dovevano salvaguardare gli “interessi e le valenze ambientali” di Ogliastrillo.
Il progetto approvato, due volte, con voto unanime favorevole del Consiglio, perché, come ho già ricordato, “salvaguardava i valori naturali e paesaggistici dell’intera fascia costiera del nostro territorio”, all’improvviso, divenne lo strumento mediante il quale si sarebbe perpetrato l’ennesimo misfatto nel territorio di Cefalù.
Infatti, secondo quanto affermato nel documento, il progetto avrebbe costituito “una grave e irreparabile turbativa ai valori naturali e paesaggistici della contrada Ogliastrillo”.
E chi era il responsabile? Il consigliere Di Paola.
Quel presuntuoso dell’ingegnere Di Paola che, in due occasioni nelle vesti di semplice consigliere ed in un’altra occasione nelle vesti di assessore all’urbanistica, aveva avuto il torto di presentare ed illustrare il progetto, evidenziando quelli che, a suo giudizio, sarebbero stati i vantaggi in termini di assetto urbanistico, di cui l’intero territorio comunale ed il centro urbano in particolare, avrebbero potuto godere per le previste dismissioni della linea e della stazione ferroviaria esistenti.
Nei miei confronti non il “dalli all’untore” su Renzo Tramaglino!
Nei miei confronti avvenne di peggio: se ne dissero di tutti i colori.
Ciò che mi segnò, profondamente, fu l’atteggiamento di molti colleghi che ebbero a giustificarsi con gli interessati dicendo di essere stati, addirittura, tratti in inganno dai miei interventi.
Allora, giovane consigliere, avrei avuto l’abilità o forse l’astuzia di far condividere a tutti i consiglieri presenti la mia scelta.
Quasi che la mia scelta politica non fosse stata suffragata da convincimenti di fondo e da argomentazioni ma, fosse stata dettata, da reconditi ed inconfessabili interessi.
Giocoforza, allorquando, in consiglio venne discusso il riesame dell’argomento, dovetti svolgere un intervento, che, per entrare subito in tema, definii non lungo ma, addirittura, chilometrico.
Sostanzialmente, quell’intervento mi diede la possibilità di rimarcare due degli aspetti, a mio avviso fondamentali, dell’intera problematica.
Aspetti che, peraltro, avevo già evidenziato nei miei precedenti interventi.
Dopo avere fatto una disamina delle caratteristiche morfologiche e topografiche del territorio di Cefalù, da Malpertugio lato est a Torretonda lato ovest, il primo aspetto che rimarcai fu il seguente: se l’ente Ferrovie dello Stato (allora si chiamava così) oltre al raddoppio della tratta Fiumetorto-Castelbuono avesse inteso, come in effetti allora intendeva, attuare il programma dell’Alta Velocità, e se si fosse voluto realizzare una stazione a Cefalù, non sarebbe stata possibile una allocazione della stessa stazione diversa da quella di Ogliastrillo.
Come dire che, la prima fase dello studio di quella Valutazione di Impatto Ambientale, di cui allora si cominciava a ravvisare la necessità, almeno per gli interventi di grande valenza territoriale, era in “RE IPSA”, era, cioè, nella stessa scelta che i progettisti avevano fatto.
Infatti, qual’era e qual’é, rispetto alla necessità socio-economica di realizzare una grande infrastruttura, (la stazione di Cefalù in una tratta ad alta velocità), la prima fase dello studio della V.I.A.?
La prima fase della V.I.A. era appunto la scelta del luogo ottimale in cui ubicare la stazione medesima.
Quale sarebbe stata, poi, la seconda fase della V.I.A.? La scelta del progetto ottimale di quella infrastruttura in quel luogo, univocamente determinato, come ottimale.
Un progetto di stazione, cioè, che da un lato riducesse l’impatto dell’opera con i luoghi, dall’altro con la valenza delle sue scelte infrastrutturali ed architettoniche li valorizzasse.
Era quello che, a mio giudizio, restava ancora da fare.
Il secondo aspetto di cui mi occupai, strettamente connesso al precedente, era il seguente: la dismissione della attuale stazione e l’acquisizione al patrimonio comunale delle aree di risulta, dal passaggio a livello di Gallizza all’imbocco della galleria della Calura, con l’intera area della stazione, ovviamente, compresa, nella prospettiva di quello che in gergo tecnico viene chiamato “enviromental assestment”, cioè nella prospettiva dell’assetto ambientale della nostra Città, cioè, ancora, della razionalizzazione del suo tessuto viario, del suo traffico e dei servizi urbani, aprivano orizzonti sino ad allora, eravamo come ho detto nel 1988, semplicemente inimmaginabili.
Orizzonti semplicemente inimmaginabili perché, nessuno, prima di allora, aveva mai immaginato che si sarebbe potuta dismettere quella infrastruttura, che, nei primi anni del 900, se non ricordo male nel 1903, quando le Ferrovie Siculo-Calabre la realizzarono, era stata per la Città, una epocale conquista, l’avverarsi di un sogno.
Orizzonti semplicemente inimmaginabili, ancora oggi nel 2003, cioè, quando è più difficile di allora, trovare una soluzione idonea per il traffico nella direttrice Est-Ovest nonostante sia stata aperta la cosiddetta circonvallazione.
Orizzonti semplicemente inimmaginabili, ancora oggi, nel 2003, quando non possiamo che assistere impotenti ai mega ingorghi che si verificano nelle ore di punta, tutti i giorni, del periodo scolastico, nell’unica via di accesso e di uscita dallo spiazzale della stazione.
Orizzonti semplicemente inimmaginabili, ancora oggi, nel 2003, quando non siamo riusciti a reperire una sola area in posizione baricentrica rispetto al tessuto viario, idonea per realizzare un parcheggio di dimensioni adeguate per autoveicoli e bus.
Furono questi gli aspetti fondamentali sui quali incentrai il mio chilometrico intervento di allora.
Dopo il mio, vi furono gli interventi di quasi tutti i consiglieri presenti in aula, e, a conclusione del dibattito, venne messa ai voti la proposta formulata da uno dei quattordici colleghi che avevano sottoscritto la richiesta di riesame.
Il compianto On. Gioacchino Ventimiglia, propose di mantenere ferme le precedenti deliberazioni e dare mandato al Sindaco ed alla Giunta di seguire attentamente le ulteriori fasi della progettazione esecutiva.
Nella sostanza, la proposta messa ai voti, altro non era se non il corollario alla mia relazione: cioè la necessità di vigilare affinché venisse elaborato il progetto ottimale per la stazione di Ogliastrillo, cioè, ancora, la necessità di completare lo studio della V.I.A. con quella che è la seconda fase della stessa V.I.A..
La proposta dell’On. Ventimiglia, venne approvata dal Consiglio.
Soltanto due dei quattordici colleghi che avevano firmato il documento, rimasero irriducibili nella loro posizione e votarono contro.
MA QUESTA, ormai, È STORIA DI IERI!
Come pure sono STORIA, e forse, anche, CHIACCHIERE DI IERI, tutte le vicissitudini che hanno riguardato, dopo quel 22 marzo 1988, il raddoppio della linea ferrata nel territorio di Cefalù ed in particolare:
· Il dibattito ed il voto del Consiglio nella seduta dell’undici maggio 1989;
· il dibattito ed il voto del Consiglio nella seduta del 22 marzo 1999;
· il dibattito ed il voto del Consiglio nella seduta del 17 settembre del 2001;
· l’impegno del Comitato “CEFALU’ QUALE FERROVIA”, ed in particolare del presidente prof. Enzo Cesare, del prof. Arch. Marcello Panzarella, del dott. Benuccio Coco; · le assemblee cittadine;
· le polemiche sull’ambientalismo a giorni alterni, cioè l’ambientalismo di quanti ritenevano che ad Ogliastrillo sarebbe stata la stazione, posta a quota più bassa rispetto all’ attuale sede della SS.113, ad arrecare pregiudizio alla emergenza rocciosa di Roccazzo e non, piuttosto, il “palazzetto dello sport” alto ben 27 metri ed ubicato a monte della stessa strada, se era vero come fu vero, che nessun Comitato, “spontaneo”, nacque per la salvaguardia di Ogliastrillo, allorquando venne approvato il progetto di quel palazzetto, i cui lavori riprenderanno in questi giorni;
e poi anche,
· tutto ciò che fu agitato sotto la bandiera dell’efficacissimo slogan “CEFALU’ VALE”, che il consigliere prof. Benedetto Morello ebbe l’acume di coniare;
· il contributo di quanti Consiglieri comunali, illustri professionisti e semplici cittadini, si sono, nel tempo, occupati della vicenda;
· le sei soluzioni proposte alle FS per l’attraversamento e la stazione nel territorio di Cefalù; §
· la tesi di laurea dell’arch Valeria Piazza;
tutto ciò e quant’altro mi sarà pure sfuggito, sono ormai, soltanto, STORIA e forse, come ho già detto, anche, CHIACCHIERE DI IERI.
Una storia che il sei novembre prossimo compirà, “appena”, venticinque anni.
Una storia segnata dall’impegno e dal contributo che in tanti hanno dato, ne sono certo e lo dico senza falsi infingimenti, con il solo obiettivo di perseguire l’interesse generale della Città.
Anche se, come è pure normale che sia stato, con opinioni, valutazioni e conclusioni diverse, ed in qualche caso pure diametralmente opposte.
Ed il risultato di tale storia è che, ancora una volta, il 15 luglio 2003, il Consiglio si trova ad esprimere il parere di competenza su quello che, ancora una volta, ci viene presentato come “progetto definitivo del raddoppio della linea ferrata FIUME TORTO-CEFALU’-CASTELBUONO”.
Nella testata delle tavole di progetto, è cambiato il nome del committente RETE FERROVIARIA ITALIANA S.p.A, non più ente FERROVIE DELLO STATO, è cambiato il nome del gruppo di progettazione ITALFERR, non più CON.SIL.FER., è cambiato tutto, tranne il titolo dell’opera che rimane sempre: “progetto definitivo”.
Sarà l’ultimo? Sarà veramente il progetto definitivo?
CHI VIVRA’, VEDRA’!
Un progetto definitivo, questo che abbiamo in esame, che è ben diverso da quello sul quale, nel 1988, ho espresso, il mio ultimo parere favorevole da consigliere comunale.
Un progetto che, indipendentemente da quanto si è detto, scritto e fatto, è, rispetto a quello del 1988, ben diverso per due motivi fondamentali.
IL PRIMO:
è venuta meno la caratteristica fondamentale della linea Palermo-Messina: l’Alta Velocità.
Quell’A.V. che aveva imposto dei valori minimi ai raggi di curvatura della linea ferrata che, ovviamente, la allontanavano ancora di più rispetto alla attuale litoranea, quell’A.V. il cui venir meno ha reso possibile la previsione di una fermata sotto Pietragrossa, di fronte ed a quota più bassa rispetto all’attuale sede della stazione.
Qell’Alta Velocità, che come ha detto il Ministro Lunardi, rispondendo al question time alla Camera dei deputati il primo luglio scorso, da Messina raggiungerà Palermo, via Catania.
Come dire che, secondo quanto stabilito a Napoli nella conferenza dei Ministri dei trasporti dei Paesi della C.E.E., tenutasi l’indomani del burrascoso insediamento europeo di Berlusconi, nel traffico veloce su rotaie che collegherà con linea diretta Bruxelles-Amburgo-Trieste-Milano-Palermo, la tratta Messina-Palermo resterà indietro rispetto alla tratta Palermo-Catania.
Come dire, ancora, che, tra venti o trenta anni, si sarà invertito, a favore della tratta Palermo-Catania, il gap di arretratezza che, negli ultimi cinquanta anni, ha contraddistinto le due tratte.
IL SECONDO MOTIVO, per il quale il progetto definitivo che è all’esame del Consiglio è ben diverso da quello approvato nel 1988, è legato al fatto che Cefalù non sarà più sede di Stazione, ma di semplice fermata.
Sarà, come tutti sappiamo, una fermata di tipo metropolitano.
Una semplice fermata, dal momento che oltre ai due “binari di corsa” non è prevista la realizzazione dei due binari “di precedenza”, auspicati da Enzo Cesare nella nota che Egli, nella qualità di presidente del Comitato, ha inviato ai vertici delle Ferrovie il 27/07/2000.
Ma, il fatto che non saranno realizzati i quattro binari, potrebbe non essere un passo indietro per la nostra Città, se, come sono certo, tutti i treni, sia in direzione Messina-Palermo e sia, anche, nella direzione opposta, si fermeranno a Cefalù.
Un fatto però, a me pare, altrettanto certo: a Cefalù non potranno iniziare e terminare corse di “treni locali da e per Palermo e punta Raisi e da e per S.Agata Militello e Messina”, come auspicato da Enzo Cesare, nella nota che ho appena ricordato, del 27/07/2000.
Sarà, quindi, una fermata di tipo metropolitano, però molto diversa da quelle di cui siamo abituati a servirci nelle grandi città: per esempio la LOTTO e la LORETO di Milano, la JACHERY di Palermo.
In quelle fermate, una o due rampe di scala fissa, poi i passaggi obbligati per obliterare i biglietti, poi i binari o, prima dei binari, una o due rampe di scala mobile.
Sarà, pure, una fermata diversa, per esempio, da quelle del LOUVRE o DE L’OPERA, delle linee ERRE ET ERRE di Parigi, che pure sono profonde forse più di quanto non lo sarà la fermata di Pietragrossa.
Quella di Pietragrossa sarà una fermata particolare.
L’illustrazione dei tecnici, penso, sia stata sufficiente per far comprendere a tutti, quale sarà il percorso pedonale che dovrà seguire il viaggiatore per salire sul treno, dopo avere raggiunto il luogo in cui, sinora, si è fermato e si ferma in attesa dell’arrivo del treno medesimo, cioè la banchina sotto la pensilina.
Il viaggiatore dovrà percorrere, a piedi, circa 130 mt per raggiungere l’imbocco del tunnel, poi su tapis roulants circa 170 mt all’interno dello stesso tunnel, per arrivare al cosiddetto “mezzanino”, ed infine, dal mezzanino sei rampe di scale mobili, per scendere giù sino ai binari.
Prendere il treno, non sarà come scalare il Monte Bianco, ma, certamente, con valige e borse alla mano, non sarà, neanche, una amena passeggiata.
Soprattutto, nelle inevitabili occasioni in cui non dovessero funzionare il tappeto e le scale mobili.
Sì è vero, sarà una fermata come la nuova fermata di Sanremo, che ha più lungo il percorso su tapis roulants e più breve il percorso su scala mobile.
Ma, dobbiamo avere l’accortezza di dirlo sottovoce.
Ciò per due motivi essenziali di cui il primo è, pure, abbastanza ovvio.
Il territorio della nostra nazione è molto vario ed ogni luogo ha peculiarità diverse da quelle di un altro luogo.
Come dice Pippo Baudo “SANREMO E’ SANREMO” e come aggiungo io, “CEFALU” E’ CEFALU”.
Il territorio italiano non è il deserto del Sahara e, neanche, la steppa russa dove il progetto ottimale di una stazione può andare bene per tutte le altre.
Il secondo motivo per il quale lo dobbiamo dire sottovoce, è, meno ovvio, e forse, dovrebbe, in qualche modo, allertarci.
Dicendolo, infatti, ad alta voce, quasi fosse una conquista, si potrebbe far pensare che, dal momento che Sanremo è la città dei fiori, anche per la sua nuova stazione, siano tutte rose, senza spine.
Ed invece, anche le rose della nuova stazione di Sanremo hanno le spine!
Se è vero, come è vero, che uno studente del liceo classico Cassini di Sanremo, tale Fulton Vozza, sotto il titolo “ LA NUOVA STAZIONE DI SANREMO: critiche su un’opera nata col piede sbagliato” su “ LA FRAGOLA”, il giornale su internet delle scuole italiane, ha scritto:
“Vorrei segnalare i sempre più numerosi problemi e difetti della nuova stazione di Sanremo e della relativa nuova linea. Siamo arrivati a livelli a dir poco pietosi a cominciare dai tapis roulants, che non riescono mai a funzionare a pieno carico….. come possono gli anziani raggiungere i binari con i tapis roulants che restano fermi………vi sono (nel tunnel) correnti d’aria che favoriscono non poco l’insorgere di infezioni polmonari e respiratorie di vario tipo………vi sono solo due binari di corsa, contro i tre della vecchia stazione che, in più aveva quattro binari morti…….ma alla fine mi chiedo non sarebbe stato meglio lasciare la vecchia stazione e la vecchia litoranea.........piuttosto che la discesa agli inferi…….”
Se dovessimo, quindi, guardare alla stazione di Sanremo, come modello per la stazione di Cefalù, stasera, di fronte al progetto che ci viene proposto, dovremmo andare, quantomeno, cauti. Ancora più cauti dobbiamo andare se guardiamo, anche, ai percorsi ed alle modalità per evacuare i tunnel della fermata nella malaugurata ipotesi di una emergenza.
Da tale punto di vista, per quanto i tecnici hanno illustrato, a Cefalù sarà anche peggio di Sanremo. Le vie di fuga in caso di emergenza sono costituite da due scale, di cui una con diciotto rampe a salire, come un edificio a dieci piani, e da un tunnel a “cul de sac” che si diparte dal piano dei binari e sale sino a finire contro un muro, alto circa dieci metri, con alla base una piattaforma elevatrice, che, alzandosi, dovrebbe sbarcare all’esterno gli eventuali malcapitati e forse, anche, gli eventuali soccorritori.
Al riguardo, devo essere sincero, non riesco a spiegarmi come i Vigili del fuoco abbiano potuto o potranno approvare una simile strutturazione delle vie di fuga. La soluzione, infatti, nel suo complesso non lascia, obiettivamente, tranquilli.
Anzi, a mio giudizio, è, pure, pericolosa.
Tant’è che ha già fatto registrare un incidente di percorso, del quale prima di deliberare, il Consiglio, certamente, si occuperà. Al riguardo, dirò pure il mio pensiero ed in questa fase del dibattito mi limito a dire, che le vittime dell’incidente che è di natura burocratico-amministrativa, non dovranno e non potranno di certo essere i consiglieri comunali che sono chiamati per Legge ad esprimere il parere di competenza.
Mi auguro, soltanto, che il problema o l’incidente del tunnel per l’uscita di sicurezza, senza dubbio delicato, non faccia perdere di vista al Consiglio gli aspetti politici fondamentali della complessa problematica legata all’atto deliberativo.
Ritornando alla fermata, sono però convinto che, se la fermata di tipo metropolitano è stata ritenuta la scelta ottimale per Cefalù, la soluzione progettuale propostaci dai tecnici dell’ITALFERR, con tutti i suoi evidenti limiti, è, la soluzione ottimale per quella scelta ritenuta ottimale.
A mio giudizio, i progettisti, facendo di necessità virtù, sono riusciti a fare entrare l’asino per la coda.
Anche questo, però, dobbiamo dirlo a bassa voce.
Si potrebbe costituire un comitato spontaneo CEFALU’ QUALE FERMATA con il rischio di dovere ricominciare daccapo.
Qualche riflessione su quanto è previsto ad Ogliastrillo ritengo, pure, di dovere fare.
Le ragioni di fondo per le quali nel 1985 prima e nel 1987 dopo, votai favorevolmente al progetto che prevedeva la stazione in quella località le ho già ricordate all’inizio di questo mio intervento e sarebbe inutile ripeterle.
E’ indubbiamente vero che la previsione progettuale del 1988 avrebbe alterato fisiograficamente non già l’intera località e, neanche, l’emergenza rocciosa di Roccazzo, ma, una fetta di Ogliastrillo che, certamente, non sarebbe risultata molto più estesa di quella che viene interessata dal progetto che ci è stato appena illustrato.
E’, però, altrettanto indubbiamente vero che, se, quella soluzione per Ogliastrillo, dal punto di vista ambientale, è stata ritenuta l’inferno, nonostante le condizioni di selvaggio abbandono di gran parte della fascia interessata dall’intervento, quest’ultima soluzione non può, di certo, essere ritenuta il paradiso.
Ove si considerino, anche, le ripercussioni dal punto di vista acustico, cioè i decibel di rumore che, comunque, nella nuova ipotesi, si ripercuoteranno sugli insediamenti turistici e residenziali dislocati nella zona.
Ma, il 15 luglio del 2003, mettere in discussione le scelte progettuali e gli aspetti di cui mi sono occupato, scelte ed aspetti, ormai più che consolidati, ci coprirebbe tutti di ridicolo.
La stazione ad Ogliastrillo, ormai, non si farà più.
Ad Ogliastrillo si farà, “soltanto”, lo dico tra virgolette ed, abbiamo visto non essere poco, ciò che i tecnici dell’ITALFERR ci hanno illustrato.
Le valenze naturali, paesaggistiche ed ambientali di Ogliastrillo, pur con tanti SE e con tanti MA, saranno “SALVE”, lo dico ancora tra virgolette.
Si farà la fermata sotto Pietragrossa, con i binari che corrono alla quota di Via Roma.
Sarà stata per Cefalù una vittoria? Sarà una vittoria di Pirro?
Ai posteri l’ardua sentenza!
Se per quanto mi riguarda, dovesse essere una sentenza di condanna, sarà una condanna che mi sarò meritata!
Ma, ne sono certo, per me non potrà essere motivo di amarezza!
Non soltanto perché, tutto ciò che nel tempo ho detto sull’argomento è stato dettato, solo e soltanto, da convincimenti che pur essendo frutto di riflessione, i fatti potrebbero, pure, dimostrare errati ma, anche, perché di TEMPO per la sentenza ne passerà ancora tanto.
E dovessi campare cent’anni, non ci sarò!
Indipendentemente da quella che potrà essere la sentenza dei posteri, ormai, nel 2003, dopo quanto è stato fatto in venticinque anni, non possiamo che dire, “cosa fatta a capu va”.
Però, è sul mantenimento dell’edificio o degli edifici in cui sono ubicati i servizi dell’attuale stazione e sull’utilizzo di tutto l’intorno dell’attuale stazione che non possiamo ritenere la “cosa fatta”.
QUESTA PARTITA E’ ANCORA TUTTA DA GIOCARE e l’arbitro di questa partita è il COMUNE, le regole di questa partita le detta il C. C..
Su questo aspetto del problema, il discorso si fa, molto serio, delicato e, nel contempo, molto impegnativo.
Non già dal punto di vista delle Ferrovie, ma dal punto di vista POLITICO, cioè, dal nostro punto di vista!
Dal punto di vista di chi, come NOI CONSIGLIERI COMUNALI ha il compito, il dovere, l’onere di porre in essere tutti gli atti di indirizzo più idonei a garantire, sotto il profilo urbanistico, quello che all’inizio del mio intervento ho definito “ENVIROMENTAL ASSESTMENT” della nostra Città, cioè, ripeto, il suo assetto ambientale con la razionalizzazione del suo tessuto viario, del suo traffico e dei servizi che una città deve offrire ai suoi abitanti per essere un ambiente vivibile.
Il problema è molto serio e molto impegnativo, dal punto di vista di chi, come il Sindaco ed i Suoi più stretti collaboratori ha, in questo preciso momento della storia di Cefalù, la responsabilità diretta di agire e di operare scelte, che potranno essere decisive per le sorti della nostra Città nel secolo che è appena iniziato.
Vado al cuore del problema.
Sin da quando le proposte progettuali relative al raddoppio della linea ferroviaria PA-ME hanno lasciato intravedere la possibilità, della dismissione della tratta di linea ferrata dal passaggio a livello di Gallizza all’imbocco della Galleria nei pressi del bivio Ferla, compresi i fabbricati e la sottostazione elettrica esistenti nell’attuale stazione, ho visto profilarsi sull’orizzonte della nostra città, una straordinaria occasione.
Una occasione unica per risolvere alcuni dei più grossi problemi che affliggono Cefalù, sin da quando si è smisuratamente espansa ad Ovest e a Sud di quel nucleo che, sino alla metà degli anni cinquanta, aveva avanzato rispetto a piazza Garibaldi e tenuto a lungo ferma, al “Calvario”, la sua porta di terra.
(Per i più giovani, il Calvario, u carbaniu, era di fronte al vecchio Ospedale, all’angolo della scuola elementare Botta.)
Quali i grossi problemi che si potrebbero risolvere con la dismissione di quanto ho già detto e con l’acquisizione al patrimonio comunale delle relative aree?
Senza volermi sedere sulla cattedra dell’urbanista, né su quella di esperto di traffico o di progettista di infrastrutture stradali, (non ne avrei alcun titolo), ma, semplicemente, attingendo a quel poco di buon senso e di attitudini professionali che mi ritrovo, il primo problema che, a mio giudizio, potrebbe essere risolto è quello relativo al traffico ed alla razionalizzazione del tessuto viario a ridosso del centro storico.
Non vi potrà essere piano del traffico idoneo a risolvere i problemi di percorrenza nella direttrice Est-Ovest se, in tale direttrice, non sarà realizzato un altro asse di percorrenza.
Quell’asse che il prof. Corrieri, incaricato di redigere il nuovo piano del traffico, sta cercando, che, forse, non è ancora riuscito a trovare e che, invece, a mio modo di vedere è già, ben inciso nel nostro territorio.
Tale nuovo asse è, proprio, quel tratto di linea ferrata tra il passaggio a livello della Gallizza e l’imbocco della galleria in prossimità del bivio Ferla.
In almeno due punti di tale asse, nella parte ad ovest della rocca, potrebbero innestarsi bretelle di collegamento con le zone Pietragrossa-Spinito-Pacenzia-Nuovo Ospedale. In prossimità dello sbocco lato est della galleria sotto la rocca, potrebbe innestarsi una bretella di raccordo con la via del faro, anch’essa in galleria.
Sarebbe un asse viario nel quale, potrebbe essere direttamente convogliato il flusso di autoveicoli, di bus e di pullman diretti alla fermata, senza intasare, come avviene per adesso, l’attuale tratto a doppio senso della via Roma e la via Gramsci.
Un asse viario che dopo avere fatto imboccare agli autoveicoli in uscita dalla fermata, la galleria sotto la rocca, potrebbe consentirne il deflusso nella zona Est e nella via del faro, senza l’attraversamento delle salite di Sant’Antonino, di via Gibilmanna e del cimitero.
Il secondo problema, strettamente connesso al precedente è quello relativo ai parcheggi ed al decentramento dei servizi comunali.
Nella nostra città, come tutti sappiamo, esiste, progettato e realizzato come tale, un solo parcheggio, peraltro di modeste dimensioni.
E’, e molto probabilmente, resterà una chimera, il parcheggio che si potrebbe realizzare nell’area Miccichè, in una posizione, comunque, problematica per l’afflusso ed il deflusso degli autoveicoli.
L’intera area della stazione a partire dalla Villa Palamara lato ovest, e sino al fondale di canneti lato Est, tra la Via Aldo Moro lato nord, e la via Pietragrossa lato sud, è immensa per superficie.
Nella parte più ad Est si sviluppa, ad una quota tale, rispetto alla stessa via Moro, che un parcheggio interrato, di un solo piano, potrebbe avere una entrata o una uscita che sia, in corrispondenza dell’imbocco della via Giglio, ed una entrata o una uscita che sia, dall’attuale piano dei binari o del ferro come si dice in gergo tecnico.
Sulla copertura di tale parcheggio sotterraneo, un parcheggio di superficie per bus e pullman.
E non solo parcheggi.
In quell’area potrebbe essere realizzato il centro direzionale della Città, in cui decentrare gran parte dei servizi comunali, che, attualmente, vengono svolti in questo palazzo di Città.
Ed ancora, potrebbe essere realizzata la stazione di partenza per i bus-navetta che, consentirebbero a chiunque, di raggiungere il centro storico dopo avere lasciato l’autoveicolo, nel parcheggio.
Qualcuno starà pensando: Saro Di Paola sogna.
No, il mio non è un sogno!
Le mie sono, soltanto, IPOTESI DI LAVORO, IDEE PER UN PROGETTO!
Ipotesi ed idee da dibattere e da confrontare.
Le stesse identiche idee che avevo pubblicamente esternato, in questa stessa aula, diciotto anni addietro!
Con la sola differenza che tali idee, nel 2003, devono fare i conti con le interferenze, queste sì, che, la fermata di tipo metropolitano a Pietragrossa, determinerà nell’intorno del tunnel pedonale di accesso alla fermata, e con le esigenze di gestione e di esercizio della stessa fermata.
La possibile “realizzazione di strutture per usi di preminente interesse pubblico nell’area della attuale stazione”, peraltro, è stata auspicata, nell’ultimo voto sulla cosiddetta Soluzione 6 che il C.C. ha espresso nella seduta del 17 settembre 2001, allorquando ha, anche, impegnato il Sindaco e l’Amministrazione ad “avviare tempestivamente le procedure per acquisire l’area dell’attuale sede della linea ferroviaria e dell’intera area che coincide con l’attuale stazione ferroviaria”.
A fronte delle ipotesi di lavoro che ho testé formulato, a fronte degli auspici formulati dal Consiglio e degli impegni che l’amministrazione avrebbe potuto e dovuto, già, portare avanti, quanto proposto alla Città nell’ipotesi di progetto definitivo all’esame del Consiglio, relativamente all’area che ho descritto,
E’ ASSOLUTAMENTE DELUDENTE!
TROPPO POCO ANZI NULLA, i filari di palme ai lati del percorso pedonale tra l’attuale banchina sotto la pensilina e l’imbocco del tunnel con i tapis roulants.
Sono, infatti, ventotto palme, l’unica novità prevista dal progetto rispetto a quello che è lo status quo, rispetto, cioè, all’attuale sistemazione dell’area!
TROPPO POCO, ANZI NULLA RISPETTO A QUANTO MI SAREI ASPETTATO, rispetto a quanto LA CITTA’ SI ASPETTA!
Ed a tal proposito, Signora Sindaco, Signori Assessori all’urbanistica, Signori Assessori al PRG e Signori Assessori all’infrastruttura che da quel 17 settembre del 2001 vi siete succeduti nella carica, NON POSSO NON CHIAMARVI IN CAUSA!
Dove siete stati e dove siete?
Cosa avete fatto e cosa state facendo?
Il 24 settembre 2002, avete partecipato ad un incontro a Palermo con l’ing. Di Marco e con l’ing. Belloccia per la RFI, con i tecnici dell’ITALFERR.
Il 24 ottobre 2002, avete espresso la “pronuncia di compatibilità ambientale” sul progetto definitivo approvato dal Consiglio nel 2001.
TROPPO POCO, ANZI NULLA, se, come è agli atti, vi siete limitati a “rappresentare l’esigenza che le aree dimesse dalla linea ferroviaria vengano destinate in futuro a spazio a verde per la collettività che serva a collegare i numerosi parchi che si sviluppano nelle incisioni vallive”.
TROPPO POCO, ANZI PEGGIO CHE NULLA, avere chiesto “che lo sbocco del tunnel pedonale di accesso alla fermata sia posizionato in corrispondenza della principale piazza commerciale di Cefalù”.
Quale infatti la necessità di un tunnel per collegare quello che attualmente è lo spiazzale della stazione con la piazza Franco Bellipanni, quella dell’EGV Center, per intenderci, che, peraltro, non è affatto la principale piazza commerciale di Cefalù.
Ove non si ritenga di dover considerare
· che la realizzazione di un tunnel, anche se soltanto pedonale, abbia notevoli costi,
· che il tunnel, una volta realizzato, dovrà essere illuminato e che i costi dell’illuminazione ricadranno sul Comune,
· che i tunnel oltre ad essere pericolosi dal punto di vista della Pubblica sicurezza, non sono per nulla luoghi ameni,
mi chiedo e Vi chiedo quale sarebbe l’utilità di quel tunnel?
Il prof. Panzarella, invitato a relazionare in commissione, ha spiegato ai presenti che il tunnel, ovviamente con tapis roulants, dovrebbe servire ad evitare il tratto di percorso a piedi, dall’attuale edificio viaggiatori al muro di fondo della sottostazione elettrica in cui è previsto l’imbocco del tunnel di accesso alla fermata.
Il tutto, secondo il prof. Panzarella per consentire di arrivare alla fermata, anche, dall’EGV CENTER e nel contempo per non interrompere la continuità di quel parco lineare che, come è scritto nell’ultimo programma elettorale del sindaco, dovrebbe correre al posto degli attuali binari e collegare gli alberghi con il centro della Città, attraverso mezzi ecologici (bus, trenino elettrico, biciclette).
Al riguardo, io sono convinto, che in tanti a Cefalù si abbia la sensibilità e quel minimo di cultura per apprezzare la suggestione e la idealità della Città dei parchi, ed in particolare, del parco urbano lineare che collega in una unica linea verde, i parchi delle valli, cioè la vegetazione spontanea dei valloni Spinito e Pietrapollastra. Però, tutti dobbiamo avere il buon senso per riconoscere che, almeno, nel tratto tra la Gallizza ed il bivio Ferla, ALLA CITTÀ SERVE BEN ALTRO!
SIAMO PER UNA CITTA’ IDEALE CHE PERO’ SODDISFI LE PIU’ REALI ESIGENZE DEI SUOI ABITANTI!
Eppoi, per quanto apprezzabile, possa essere l’idea del parco lineare, Signori dell’Amministrazione, ritenete che, anche, le scelte urbanistiche siano di vostra esclusiva competenza?
Ritenete che, ancora, nella nostra Città vi sia l’organismo istituzionale preposto a tali scelte?
Io, a voce alta, Vi dico che quell’organismo esiste ed è il Consiglio Comunale, che non ha, ancora, abdicato e non abdicherà alle sue funzioni.
A nessuno è consentito operare scelte che sono proprie del Consiglio!
Eppoi, signora Sindaco e Signori assessori all’urbanistica che vi siete succeduti nella carica da quel 24 settembre 2002, dov’è e quale è lo studio che Vi si siete impegnati a presentare alle Ferrovie per la sistemazione delle aree dell’attuale piazzale ferroviario che verranno dismesse?
Quali sono gli atti amministrativi che avete posto in essere per arrivare all’acquisizione delle stesse?
Rispetto al destino di quella area di vitale importanza per il futuro della Nostra Città, noi consiglieri comunali, e Voi Amministratori in carica, ciascuno per la parte che ci compete abbiamo il DOVERE POLITICO di non fare perdere alla Città l’ultimo treno su cui, ancora, può salire.
Quel treno che ci sta aspettando sin dal 17/09/2001, quando il Consiglio ha approvato la cosiddetta soluzione 6.
E’ un treno che è fermo da un anno e dieci mesi!
Se è vero, come è vero, che la sistemazione dell’attuale stazione è quella, assolutamente inaccettabile che i tecnici hanno, appena, finito di illustrare.
Quel treno ha una meta finale che la Città deve assolutamente raggiungere: l’acquisizione al patrimonio comunale di tutti i reliquati della strada ferrata e dell’area della stazione e, per raggiungere tale meta, ha una fermata obbligatoria: il progetto di sistemazione, organizzazione e riqualificazione delle aree tra il passaggio a livello della Gallizza e l’imbocco della galleria della Calura.
Se per il migliore sfruttamento di tutti gli altri reliquati è necessaria una visione globale con un disegno unitario che solo il Nuovo Strumento Urbanistico potrà garantire, per la progettazione delle aree della stazione, non è necessario aspettare i tempi lunghi che la redazione e l’adozione del N.S.U. richiedono.
Anzi, abbiamo il DOVERE POLITICO di essere più veloci del treno e di anticiparne la partenza, con un piano particolareggiato che sia il progetto di sistemazione definitiva di tutta quell’area.
Una progettazione esecutiva, ovviamente, concertata con le Ferrovie, per la quale l’amministrazione in carica avrebbe potuto e, forse anche, dovuto conferire l’incarico già ieri, e per la quale ha la possibilità di conferire l’incarico sin da domani, dopo le direttive che, sin da stasera il Consiglio, potrebbe dare perché facciano parte integrante del dispositivo della delibera.
Una progettazione esecutiva che, in ogni caso, il Nuovo Strumento Urbanistico non potrebbe prevedere, perché su scala diversa, ma che, ovviamente, dovrà, poi essere recepita in quello che sarà il nuovo disegno della Città.
Una progettazione esecutiva che adottata come variante al PRG vigente sarebbe l’unico strumento amministrativo idoneo per scansare alla Città il pericolo rappresentato dalla possibilità, molto realistica, che, dopo avere realizzato il raddoppio della linea, le Ferrovie possano vendere a privati le aree e gli edifici che non servono all’esercizio della tratta, come avvenuto, già, per tanti dei cosiddetti caselli ferroviari!
Il treno come ho già detto è ancora fermo.
Una deliberazione del Consiglio dai contenuti forti e chiari, sarà l’indispensabile bagaglio che il CONSIGLIO ha il DOVERE POLITICO di fornire all’Amministrazione. Con tale bagaglio l’AMMINISTRAZIONE avrà il DOVERE POLITICO di porre in essere tutti gli atti necessari per consentire alla nostra Città di salire su quel treno che non possiamo permetterci di farle perdere: è l’ultimo!
GRAZIE per avermi ascoltato.
Fin qui il mio intervento.
(Continuerrà con la seconda parte)
Saro Di Paola, 1 maggio 2024
- Accedi o registrati per inserire commenti.
- letto 911 volte