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24 Giugno 2025, 10:28 - Saro Di Paola [suoi interventi e commenti] |


Sino al boom edilizio degli anni sessanta del secolo scorso, quello della edificazione degli orti e degli agrumeti lungo i lati dell’attuale via Roma, per soddisfare il fabbisogno idrico della Città di Cefalù bastò l'acqua della sorgente Favara che arrivava da Collesano attraverso l’acquedotto Collesano-Cefalù.
I lavori di quell’acquedotto vennero finanziati con un mutuo della Cassa Depositi e Prestiti ottenuto grazie all’interessamento del Cav. Giuseppe Vazzana, illuminato e benemerito figlio di Cefalù.
Egli, eletto Consigliere comunale nel 1920 ed Assessore ai lavori pubblici nel 1921, si intestò la battaglia di portare l’ottima acqua di Collesano nelle case dei cefaludesi.
Recatosi a Roma nella sede del Partito Popolare incontrò i Politici siciliani, tra cui Luigi Sturzo, ed ottenne il finanziamento per realizzare l’acquedotto Collesano-Cefalù, i cui lavori vennero appaltati nel giugno del 1922.
Il Venerdì Santo del 1925, giusto un secolo addietro, l’acqua scorreva, già, dai rubinetti delle case dei cefaludesi.
L’acqua di Collesano arrivava per caduta nel serbatoio di accumulo di contrada Santa Barbara e da questo serbatoio, ubicato in quella che, allora, era la più alta delle zone abitate di Cefalù, sempre per caduta, veniva immessa nella rete interna, che la distribuiva alle utenze urbane.
La quantità d’acqua che scendeva da Favara era talmente abbondante, che indusse gli Amministratori del tempo a sfruttare la sua energia cinetica per trasformarla, mediante turbine idrauliche, in energia elettrica.
Perciò il Comune, per almeno tre decenni, fu produttore e distributore di energia elettrica, che impiegò per illuminare le strade, le scuole e gli uffici pubblici, oltre che per venderla a privati cittadini.
Furono il boom edilizio degli anni settanta, quello dell'espansione edilizia post PRG nelle zone E ed F5 della fascia collinare, il consequenziale incremento della domanda d'acqua e la diminuzione della portata d'acqua dalla sorgente Favara, anche per la vetustà della condotta esterna, a rendere necessaria l'immissione in rete dell'acqua di Presidiana e del pozzo di Santa Barbara, che gli Amministratori del tempo, frattanto, avevano fatto realizzare.
L’acqua emunta da tali fonti veniva pompata nel serbatoio di Santa Barbara dove veniva clorata.
Proprio come avviene, oggi, nel 2025.
Quell’acqua, però, non aveva le caratteristiche di potabilità, che la Legge prescrive per le acque destinate al consumo umano.
Sicché, sin dalla fine degli anni settanta, gli Amministratori si trovarono nell'esigenza di dotare la Città di un potabilizzatore, per il quale non riuscivano a trovare le risorse necessarie.
Per la mancanza dell'impianto, nel 1992, il Commissario Prefettizio Pianelli, si mise il ferro dietro la porta emanando l'ordinanza di divieto di utilizzo per usi potabili dell'acqua distribuita dal civico acquedotto.
Tale ordinanza venne revocata l’11 luglio del 2005 dalla Sindaca Simona Vicari, soltanto dopo che "Sorgenti Presidiana" aveva ultimato e messo in esercizio l'impianto di potabilizzazione per il quale, il 31 maggio del 2000, si era aggiudicato il projet financing, promosso dalla stessa Vicari, per "la concessione e la gestione -venticinquennale- dell'impianto di potabilizzazione".
Fu, negli ultimi mesi del 2007, quando agli utenti del servizio idrico di Cefalù, vennero recapitate le prime bollette maggiorate dell’aliquota di potabilizzazione, che al Comune venne cavalcata la protesta degli utenti con la “dichiarazione di guerra” a “Sorgenti Presidiana”.
A domani.
Saro Di Paola, 24 giugno 2025
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