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Un buon tacere non fu mai detto [2]4 Febbraio 2016, 19:32 - Angelo Sciortino [1] [suoi interventi [3] e commenti [4]] |
Appena due giorni fa, il 2 febbraio, scrivevo che ormai le autonomie locali non difendono più i loro cittadini dalle leggi liberticide (https://www.qualecefalu.it/node/18736 [5]). Di quanto tutto ciò sia vero, ne ha dato prova il sindaco di Cefalù, commentando un articolo di Cefaluweb ieri 3 febbraio. (http://cefaluweb.com/2016/02/03/lapunzina-va-contro-il-suo-programma-elettorale/ [6]).
Così egli dichiara, per rispondere all'accusa di non aver mantenuto fede al suo impegno elettorale di ridare al Comune la gestione della distribuzione idrica: “Il giornalista deve sempre verificare le informazioni ottenute dalle sue fonti, per accertarne l'attendibilità e per controllare l'origine di quanto viene diffuso all'opinione pubblica, salvaguardando sempre la verità sostanziale dei fatti.
Dei 38 comuni ex APS passati alla gestione provvisoria di AMAP, il Comune di Cefalù è forse l'unico a non avere deliberato l'affidamento per trenta anni del servizio, richiesta avanzata dalla Società palermitana quale condizione per proseguire la gestione, anche dopo la scadenza del 31 gennaio.
La Giunta ha solo provveduto ad opzionare 100 euro di capitale sociale, e lo ha fatto nell'ultimo giorno utile per la sottoscrizione, al fine di riservare la possibilità al Consiglio di decidere sulla prosecuzione della gestione del servizio, anche attraverso l'affidamento a società in house, una delle poche soluzioni che legge regionale dell'agosto 2015 consente, in alternativa all'affidamento ad un gestore privato nell'intero Ambito territoriale ottimale.
Ciò che la legge di certo non consente è la gestione da parte dei singoli comuni. Una tale facoltà era, invero, prevista per i comuni montani sino a 1000 abitanti e per le associazioni di comuni in sub ambito. Ma queste previsioni sono state impugnate dal Governo Nazionale e, proprio ieri, è scaduto il termine entro cui il Governo Regionale avrebbe dovuto resistere all'impugnativa presso la Corte Costituzionale, che non potrà fare altro che cassare anche questa deroga alla gestione unica dell'ambito.”
A parte quello scorrettissimo “opzionare”, da “uno” in italiano anche in una classe delle elementari, per il resto l'argomentazione del sindaco conferma la mia opinione circa il completo fallimento dei comuni nella salvaguardia della libertà e dei diritti locali. Soprattutto spiega qual è il vero motivo per cui quasi nessun amministratore locale tenta di opporsi a questo centralismo esagerato e nemico delle autonomie locali, ancora più incredibile in Italia, che nel secolo XIII diede vita ai primi comuni. Questi sindaci odierni e quello di Cefalù, infatti, trovano questo centralismo e l'ubbidienza acritica alle leggi comodo per scrollarsi ogni responsabilità, scaricandola sulle leggi nazionali e regionali. Non si rendono conto che così facendo non sono più i rappresentanti dei loro cittadini, ma i semplici esecutori servili degli ordini di coloro che non conoscono le realtà locali e sulla loro vita decidono senza conoscerle.
Eppure, come fa il sindaco di Cefalù, si accusa la stampa di non verificare le informazioni ottenute, quando questa sottolinea la discrasia tra la funzione dell'amministratore locale e le sue azioni reali, per cui egli non si accorge che le informazioni derivano direttamente dai suoi atti e dalle sue affermazioni. Se i suoi atti, come nel caso della questione della gestione della rete idrica, contrastano con le sue affermazioni, fatte per chiedere la fiducia elettorale, non può darne la colpa ai giornalisti e neppure all'opinione pubblica. Lo scaricabarile non è risolutivo dei problemi, ma è causa del loro aggravarsi e del loro moltiplicarsi oltre misura, come avviene a Cefalù da quasi quattro anni.
Siamo di fronte a una crisi democratica profonda, dalla quale non sarà facile difendersi, finché a governare e ad amministrare saranno uomini che non hanno della politica e del potere, che da essa deriva loro, l'onesta consapevolezza che proprio quel potere non serve a esercitare arroganza, ma a imporre obblighi; soprattutto l'obbligo di non ingannare i cittadini e di rappresentarli, difendendone i diritti e le libertà e non cercando interpretazioni di comodo delle leggi per decidere persino contro il loro interesse. Occorre fare ancora come facevano i Comuni contro il Barbarossa, rappresentato oggi dai governi nazionale e regionale, e ogni sindaco dev'essere come Alberto da Giussano.