Il commissario dello Stato impugna le norme sui precari

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Natale amaro per oltre 25 mila precari siciliani che prestano servizio nella pubblica amministrazione alla Regione e negli enti locali. La scure del commissario dello Stato si è abbattuta sulle norme della legge varata il 14 dicembre scorso dall'Ars che ne prevedeva la stabilizzazione. Per accedere nella pubblica amministrazione afferma l'impugnativa "il concorso pubblico è innanzitutto, condizione per la piena realizzazione del diritto di partecipazione all'esercizio delle funzioni pubbliche da parte di tutti i cittadini".

La procedura concorsuale, come prevede la Costituzione "consente infatti ai cittadini di accedere ai pubblici uffici in condizione di uguaglianza e "senza altre distinzioni che quella delle loro virtù e dei loro talentì". La prova concorsuale inoltre serve ad "che il reclutamento dei pubblici impiegati avvenga in base a criteri di appartenenza politica e garantisca, in tal modo, un certo grado di distinzione fra l'azione del Governo, "normalmente legata agli interessi di una parte politica" e quella dell'amministrazione. Inoltre nella legge manca la copertura finanziaria adeguata. Essa deve essere invece "credibile, sufficientemente sicura, non arbitraria o irrazionale". Per quanto riguarda infine la proroga dei rapporti di lavoro la norma prevista nella legge varata dal parlamento siciliano si connota "come uno strumento surrettizio per consentire l'immissione definitiva in ruolo dei dipendenti in questione - si legge nell'impugnativa - indipendentemente da qualsiasi forma di procedura selettiva pubblica nonché dalla necessaria, preventiva verifica dei fabbisogni di personale degli enti e dalla conseguente programmazione delle assunzioni".

Secondo il commissario dello Stato inoltre "l'aver prestato attività a tempo determinato alle dipendenze dell' amministrazione regionale non può essere considerato, in mancanza di altre particolari e straordinarie ragioni, un valido presupposto per una riserva di posti". La stabilizzazione "appare piuttosto costituire un privilegio a favore di una vasta categoria di persone che riduce indebitamente la possibilità di accesso dall'esterno, violando il carattere pubblico del concorso e conseguentemente i principi di imparzialità e buon andamento dell'amministrazione".

Inoltre ritornando alla copertura finanziaria del provvedimento vi deve essere "l'obbligo del legislatore di indicare i mezzi di copertura di una nuova o maggiore spesa: non può ritenersi assolto mediante l'autorizzazione ad iscrizioni nel bilancio". Un bilancio regionale, che "presenta, secondo quanto rilevabile dall'analisi dei conti consuntivi dell'ultimo triennio, un deficit strutturale di circa 1.500 milioni di euro all'anno". Bloccato infine l'articolo che applica per un anno ai dipendenti delle fiere di Palermo e Messina il trattamento riservato al personale proveniente dai soppressi enti pubblici economici della Regione e confluito in una società a totale partecipazione regionale: una norma che provocherebbe "fonte di disparità di trattamento rispetto alla generalità di dipendenti di altri enti prossimi alla liquidazione".

(Fonte Siciliainformazioni)

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Impugnativa

ECC.MA CORTE COSTITUZIONALE
R O M A
L’Assemblea Regionale Siciliana, nella seduta del 14 dicembre 2010, ha approvato il disegno di legge n. 645 dal titolo “Proroga di interventi per l’esercizio finanziario 2011. Misure di stabilizzazione dei rapporti di lavoro a tempo determinato”, pervenuto a questo Commissariato dello Stato, ai sensi e per gli effetti dell’art. 28 dello Statuto speciale, il 17 dicembre 2010.
In particolare, le disposizioni contenute nell’articolo 1, comma 4; nell’articolo 6, commi 2, 4 e 7; nell’articolo 10 commi 1 e 2; nell’articolo 11 si ritengono in contrasto con gli articoli 3, 51 e 97 della Costituzione in quanto prevedono direttamente e/o indirettamente procedure e modalità diverse dal concorso pubblico per l’accesso nei ruoli delle pubbliche amministrazioni.
Codesta eccellentissima Corte, infatti, nella sentenza n. 293 del 2009 ha affermato che la forma generale ed ordinaria di reclutamento per le pubbliche amministrazioni “è rappresentata da una selezione trasparente, comparativa, basata esclusivamente sul merito ed aperta a tutti i cittadini in possesso di requisiti previamente ed obiettivamente definiti. Il rispetto di tale criterio è condizione necessaria per assicurare che l’amministrazione pubblica risponda ai principi della democrazia dell’efficienza e dell’imparzialità”.
Inoltre, sempre secondo codesta Eccellentissima Corte “il concorso pubblico è innanzitutto, condizione per la piena realizzazione del diritto di partecipazione all’esercizio delle funzioni pubbliche da parte di tutti i cittadini”.
La procedura concorsuale “consente infatti ai cittadini di accedere ai pubblici uffici in condizione di uguaglianza e <>”.
Il concorso, chiarisce sempre codesta Corte nella sentenza n. 205 del 2004, “è meccanismo strumentale al canone di efficienza dell’amministrazione, cioè al principio di buon andamento, sancito dall’articolo 97, 1° comma, Cost.
Il reclutamento dei dipendenti in base al merito si riflette, migliorandolo, sul rendimento delle pubbliche amministrazioni e sulle prestazioni da queste rese ai cittadini. Il concorso pubblico garantisce il rispetto del principio di imparzialità, enunciato dall’articolo 97 e sviluppato dall’articolo 98 Cost.”
Nella sentenza n. 453 del 1990 codesta Eccellentissima Corte ha altresì affermato che “il concorso impedisce che il reclutamento dei pubblici impiegati avvenga in base a criteri di appartenenza politica e garantisca, in tal modo, un certo grado di distinzione fra l’azione del Governo, <> e quella dell’amministrazione <>. Sotto tale profilo il concorso rappresenta pertanto <>”.
Codesta Corte, altresì, ha progressivamente precisato e circoscritto l’ampiezza della deroga al principio del pubblico concorso che può essere stabilita con legge.
Nella sentenza n. 453 del 1990 ha, infatti, affermato che “anche le modalità organizzative e procedurali del concorso devono ispirarsi al rispetto rigoroso del principio di imparzialità”. Conseguentemente non qualsiasi procedura selettiva, diretta all’accertamento della professionalità dei candidati, può dirsi di per se compatibile con il principio del concorso pubblico in quanto quest’ultimo non è rispettato nell’ipotesi in cui le selezioni sono caratterizzate da arbitrarie forme di restrizioni dei soggetti legittimati a parteciparvi (ex plurimis sentenza n. 194 del 2002).
Codesta Corte infine ha chiarito che “al concorso pubblico deve riconoscersi un ambito di applicazione ampio, tale da non includere soltanto le ipotesi di assunzione di soggetti precedentemente estranei alle pubbliche amministrazioni” (sentenza n. 34 del 2004).
Il concorso è necessario anche in caso di nuovo inquadramento di dipendenti già in servizio (sentenza n. 1 del 1999) e di trasformazione di rapporti non di ruolo in rapporti di ruolo (sentenza n. 205 del 2004).
Sotto quest’ultimo profilo codesta Corte, con ormai consolidata giurisprudenza, ha precisato i limiti entro i quali si può consentire al legislatore di disporre procedure di stabilizzazioni di personale precario che derogano al principio del concorso (ex plurimis sentenze n. 81 e n. 363 del 2006).
Sono infatti ritenute legittime le deroghe al pubblico concorso solo “in presenza di peculiari e straordinarie esigenze di interesse pubblico ricollegabili alla peculiarità delle funzioni che il personale reclutato è chiamato a svolgere e dalla specifica professionalità maturata da quest’ultimo che facciano ritenere che la deroga alla procedura selettiva aperta sia essa stessa funzionale alle esigenze di buon andamento dell’amministrazione, non essendo sufficiente la semplice circostanza che determinate categorie di dipendenti abbiano prestato attività a tempo determinato presso l’amministrazione pubblica, né la personale aspettativa degli aspiranti ad una misura di stabilizzazione” (sentenza n. 81/2006).
Alla luce dei principi costituzionali e secondo i sopra richiamati consolidati orientamenti giurisprudenziali non ci si può esimere dal sottoporre al vaglio di codesta Eccellentissima Corte le disposizioni regionali che di seguito analiticamente si censurano.
L’art. 1, 4° comma che si trascrive, si pone in evidente contrasto con gli articoli 3, 51 e 97 della Costituzione:
“4. i contratti di lavoro stipulati ai sensi dell’art. 3 della legge regionale 30 ottobre 1995, n. 76 e successive modifiche ed integrazioni e dell’art. 1 della legge regionale 28
giugno 2010 n. 14, possono essere prorogati, nei limiti degli stanziamenti di bilancio, fino al 31 dicembre 2011, osservando i periodi di discontinuità previsti dal comma 3 dell’art. 5 del D. Leg.vo 6 settembre 2001, n. 368. Le garanzie occupazionali di cui all’art. 1, comma 2, della legge regionale 1° febbraio 2006 n. 4, e dall’art. 1 della legge regionale n. 28 giugno 2010, n. 14, sono confermate, nei limiti degli stanziamenti di bilancio, fino al 31 dicembre 2011. Per le finalità del presente comma è autorizzata, per l’esercizio finanziario 2011 la spesa di 24.852 migliaia di euro. I relativi oneri trovano riscontro nel bilancio pluriennale della Regione per il triennio 2010-2012 UPB 4.2.1.5.2. accantonamento 1001.”
La norma “de qua” infatti nella sostanza autorizza la generalizzata proroga, per un ulteriore anno, di tutti i contratti di lavoro a tempo determinato stipulati dai consorzi di bonifica senza alcuna correlazione, come può evincersi dalla relazione illustrativa al testo normativo redatta dalla competente commissione legislativa permanente, ad esigenze obiettive, specifiche e particolari delle amministrazioni. Siffatta proroga non è peraltro connessa né all’avvio di procedure per la progressiva stabilizzazione del personale precario né all’attuazione dell’art. 14, commi 24 bis e 24 ter del decreto legge n. 78/2010, convertito in legge n. 122/2010. Al riguardo, si osserva che il legislatore, a differenza di quanto disposto per le altre proroghe di rapporti di lavoro previsti dalla presente delibera legislativa, non ha fatto esplicito riferimento alla norma statale. Dai chiarimenti forniti dagli Uffici regionali (all. 1), ai sensi dell’art. 3 del D.P.R. 488/1969, i destinatari della disposizione sono oltre 300 alcuni dei quali avrebbero già avviato “azioni giudiziarie volte alla dichiarazione di nullità del termine nel relativo contratto di lavoro e conseguente trasformazione dello stesso a tempo indeterminato”.
La proroga dei rapporti di lavoro in questione si connota quindi come uno strumento surrettizio per consentire l’immissione definitiva in ruolo dei dipendenti in questione indipendentemente da qualsiasi forma di procedura selettiva pubblica nonché dalla necessaria, preventiva verifica dei fabbisogni di personale degli enti medesimi e dalla conseguente programmazione delle assunzioni.
La disposizione inoltre, nel consentire il consolidarsi di situazioni di precariato, potrebbe alimentare ulteriore contenzioso giudiziario con inevitabile aggravio delle finanze degli enti pubblici in evidente contrasto con il principio dl buon andamento della P.A.
La norma in questione, non solo non delimita i presupposti per l’esercizio del potere di proroga dei contratti, non essendo la stessa subordinata all’accertamento di specifiche necessità funzionali dell’amministrazione, ma anche non consente una selezione del personale i cui contratti di lavoro sono prorogati, poiché non risulta prevista alcuna procedura imparziale ed obiettiva di verifica dell’attività svolta e della qualificazione professionale dei lavoratori destinatari della disposizione (sentenza C.C. n. 363/2006 e n. 215/2009).
Invero, al di là delle comprensibili e condivisibili aspettative personali dei destinatari della norma, non risulta sussistere, né è stato evidenziato nei lavori preparatori della legge, alcun motivo di pubblico interesse che possa legittimare una deroga al principio del concorso aperto a soggetti esterni all’amministrazione né, tanto meno, è desumibile dai chiarimenti forniti, sulle funzioni amministrative ed esecutive svolte da questo personale alcuna peculiarità che, in astratto, possa giustificare una prevalenza dell’interesse ad una sua ulteriore utilizzazione rispetto a quello di assicurare l’accesso all’impiego pubblico dei più capaci e meritevoli ed, in tal senso, l’imparzialità ed il buon andamento dell’amministrazione pubblica.
I commi 2 e 4 dell’art.6 che integralmente si riportano, si ritengono anche esse in contrasto con gli articoli 3, 51 e 97 della Costituzione.
“2. Per il triennio 2011-2013 le amministrazioni pubbliche di cui all’art. 5, nel rispetto dei vincoli di cui al comma 1, possono procedere, altresì, alla stabilizzazione a tempo indeterminato del personale utilizzato con contratti a tempo determinato in essere, stipulati anteriormente al 31 dicembre 2009, destinatario del regime transitorio dei lavori socialmente utili di cui al fondo unico del precariato istituito dall’articolo 71 della legge
regionale 17/2004, con un’anzianità complessiva non inferiore a 8 anni nell’ultimo decennio per attività lavorativa e/o per utilizzazione in attività socialmente utili e che abbia avuto accesso al lavoro e/o all’utilizzazione mediante procedure selettive di natura concorsuali o previste da norme di legge”.
“4. alle procedure di stabilizzazione di cui al presente articolo non si applica la limitazione alle qualifiche di cui all’art. 16 della legge 28 febbraio 1987, n. 56 nei casi di specifiche necessità funzionali e organizzative rappresentate nella programmazione triennale dei fabbisogni e, nell’interesse pubblico, anche al fine di consolidare le esperienze professionali già maturate all’interno dell’amministrazione”;
Il 2° comma introduce, infatti, criteri diversi da quelli richiesti dall’art. 1, comma 558 della legge n. 296/2006 per individuare i beneficiari delle procedure di stabilizzazione previste dall’art. 17 commi 10, 11 e 12 del D.L. n. 78/2009, convertito in legge n. 102/2009. Il disporre, infatti, che si faccia riferimento al personale con contratti a tempo determinato in essere stipulati anteriormente al 31 dicembre 2009, anzicchè all’anno 2007, amplia la portata, in misura non quantificabile, delle procedure di stabilizzazione del precariato previste dall’impianto normativo statale, ritenuto da codesta Corte unica legittima eccezione, in quanto giustificata da esigenze di interesse pubblico (ex plurimis sent. n. 150/2010), alla regola del pubblico concorso.
L’eventuale applicazione della norma regionale de qua, in combinato disposto con il 4° comma, estende le previsioni dell’art. 16 della legge n. 56 del 1987, relative alle assunzioni dei lavoratori da inquadrare nei livelli retributivi -funzionali per i quali è richiesto il titolo di studio della scuola dell’obbligo, alle qualifiche superiori per le quali è necessario il diploma e/o la laurea; configurando così una singolare modalità di privilegiato e semplificato accesso alla P.A. lesiva del principio del concorso pubblico quale strumento ineludibile di ingresso nel pubblico impiego come più volte ribadito da costante e consolidata giurisprudenza costituzionale (ex plurimis sent. N. 205/2004, n. 159/2005, n. 190/2005 e n. 205/2006).
Le disposizioni in questione danno luogo ad un trattamento differenziato rispetto al personale precario di tutte le altre amministrazioni pubbliche ponendosi in contrasto con la normativa statale di riferimento e quindi violano i principi di ragionevolezza imparzialità e buon andamento della pubblica amministrazione eccedendo la competenza statutaria di cui all’art. 14 lett. o) e q) con specifico riferimento al principio del pubblico concorso che costituisce “la regola per l’accesso all’impiego alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche” (sentenza n. 81/2006).
Esse infatti contrastano con quanto affermato dall’art. 17, commi da 10 a 13 del D.L. n. 78/2009 convertito in legge n. 102/2009 che, con riferimento alla generalità delle pubbliche amministrazioni, stabiliscono determinate specifiche modalità di valorizzazione delle esperienze professionali acquisite attraverso l’espletamento di concorsi pubblici, con parziale riserva di posti.
Parimenti censurabile per violazione degli articoli 3, 51 e 97 della Costituzione è la norma contenuta nel comma 7 del medesimo art. 6 secondo cui “7. In applicazione dei commi 558 e 560 dell’articolo 1 della legge 27 dicembre 2006, n. 296, e del comma 94 dell’art. 3 della legge 24 dicembre 2007, n. 244, gli enti locali, senza alcun onere a carico della regione, procedono a stabilizzare a tempo indeterminato il personale assunto, con contratto a tempo determinato in essere, tramite concorso pubblico che abbia previsto il superamento di una prova scritta ed una orale e le cui figure professionali siano previste nella dotazione organica dell’ente”.
La disposta trasformazione dei rapporti di lavoro da tempo determinato a tempo indeterminato si risolve invero in una deroga ingiustificata alla regola del concorso pubblico.
“La circostanza che il personale suscettibile di essere stabilizzato senza alcuna prova selettiva sia stato a suo tempo assunto con contratto a tempo determinato, sulla base di un pubblico concorso, per effetto della diversità di qualificazione richiesta dalle assunzioni a termine rispetto a quelle a tempo indeterminato non offre adeguate garanzie nè della sussistenza della professionalità necessaria per il suo stabile inquadramento nei ruoli degli enti locali, né del carattere necessariamente aperto delle procedure selettive” (sentenza n. 235/2009).
Il previo superamento di una qualsiasi prova scritta ed una orale è infatti un requisito troppo generico per autorizzare la successiva stabilizzazione senza concorso, in quanto la norma in questione non garantisce che il previo concorso sia riferibile alla tipologia e al livello delle funzioni che il personale successivamente stabilizzato sarà chiamato a svolgere.
L’art. 11 estende, al 31 dicembre 2014, il termine previsto per le riserve, le priorità e le precedenze e preferenze in favore dei lavoratori destinatari del regime transitorio dei lavori socialmente utili, per i concorsi pubblici e per le assunzione di cui all’art. 5 della L.R. n. 16/2006, norma questa che peraltro ha cessato di produrre i suoi effetti sin dal 31 dicembre 2007.
In proposito codesta Corte nella sentenza n. 205/2006 ha chiarito che “l’aver prestato attività a tempo determinato alle dipendenze dell’ amministrazione regionale non può essere considerato ex se, ed in mancanza di altre particolari e straordinarie ragioni, un valido presupposto per una riserva di posti”.
Orbene, la disposizione censurata essendo riferita indistintamente a tutti coloro che hanno svolto una qualsiasi attività in favore delle amministrazioni pubbliche operanti nella Regione nell’arco di oltre un decennio non identifica, come richiesto dalla giurisprudenza di codesta Corte, alcuna peculiare situazione giustificatrice della deroga al principio di cui all’art. 97, 3° comma della Costituzione. Essa appare piuttosto costituire un privilegio a favore di una vasta categoria di persone che riduce indebitamente la possibilità di accesso dall’esterno, violando il carattere pubblico del concorso (sentenza n. 34/2004) e conseguentemente i principi di imparzialità e buon andamento dell’amministrazione
Al riguardo, nella sentenza n. 100 del 2010 codesta Corte ha espressamente chiarito che sebbene in passato siano state ritenute legittime procedure riservate “la più recente giurisprudenza costituzionale ha sottolineato come sia necessario, affinché sia assicurata la generalità del concorso pubblico disposta dall’art. 97 Cost., che l’area delle eccezioni alla regola sia delimitata in modo rigoroso”. Le deroghe sono legittime solo in presenza di peculiari e straordinarie esigenze di interesse pubblico ricollegabili alle funzioni che il personale da reclutare è chiamato a svolgere, in particolare relativamente all’esigenza di consolidare specifiche esperienze professionali che facciano ritenere che la deroga al principio del concorso pubblico sia funzionale al buon andamento dell’amministrazione. Situazione questa già tenuta in debita considerazione dalla normativa statale in materia di stabilizzazione dei lavoratori precari per la generalità delle pubbliche amministrazioni con le previste riserve di posti nei concorsi, cui si aggiungerebbe quella ora disposta dal legislatore regionale, riducendo, e quasi escludendo nella sostanza, la possibilità di accesso dall’esterno nelle procedure concorsuali delle istituzioni ed enti pubblici operanti nella regione.
Del pari in contrasto con gli articoli 3, 51, 97 oltrechè dell’art.81, 4° comma della Costituzione si pongono le disposizioni contenute nell’art.10.
Detto articolo, infatti dispone l’erogazione per un decennio di contributi a carico del bilancio regionale alle amministrazioni pubbliche che attuino le procedure di stabilizzazione previste dal provvedimento legislativo in esame.
Si prevede peraltro che i contributi verranno corrisposti, secondo quanto disposto dal 2° comma, anche nel caso di mancata assunzione a tempo indeterminato per mancanza dei presupposti previsti dall’art.6 per le procedure di reclutamento e saranno riconosciuti “anche in caso di prosecuzione”, in costanza di rapporto, dei contratti a tempo determinato attualmente in essere.
La disposizione quindi sostanzialmente consente la proroga indiscriminata e generalizzata sino al 2023 di tutti i rapporti di lavoro precario, in evidente violazione degli artt. 3, 51 e 97 della Costituzione per le argomentazioni già svolte nel corpo del presente atto di gravame, senza peraltro prevedere, in contrasto con l’art.81, 4 comma della Costituzione, in alcun modo la copertura dei rilevanti oneri finanziari a carico degli esercizi futuri, indicando le necessarie risorse con cui farvi fronte.
Codesta Ecc.ma Corte ha espressamente chiarito in proposito, nella sentenza n.359/2007, che il legislatore regionale non può sottrarsi a quella fondamentale esigenza di chiarezza e solidità di bilancio cui l’art.81 della Costituzione si ispira, affermando altresì che la copertura di nuove spese deve essere credibile, sufficientemente sicura, non
arbitraria o irrazionale, in equilibrato rapporto con la spesa che si intende effettuare negli esercizi futuri (sentenza 213/2008).
Orbene, nell’ipotesi in esame la legge nulla dispone quanto alla copertura finanziaria degli oneri di spesa quantificati in 314.100 migliaia di euro annui per gli esercizi successivi al 2012, limitandosi a prevedere al comma 2 dell’art.13 che “agli oneri a regime riferiti all’art.10 si provvede, per gli anni successivi all’esercizio finanziario 2010, per la corrispondente quota, a carico della medesima spesa annua continuativa autorizzata ai sensi dell’art.71 della legge regionale 28.12.2004 n.17”.
Questa ultima disposizione richiamata tuttavia, piuttosto che indicare le risorse finanziarie con cui fare fronte alla spesa, ha istituito nel bilancio regionale il capitolo 321301, denominato fondo unico per il precariato e ne ha disciplinato l’utilizzazione autorizzando, per l’assunzione degli impegni, il ricorso all’art.11, comma 6 della L.R. 47/1977.
Nè tantomeno dai chiarimenti forniti dall’amministrazione regionale ai sensi dell’art.3 DPR 488/1969 (All.2) possono evincersi elementi idonei ad identificare le necessarie risorse finanziarie. Non è stata infatti redatta dall’amministrazione regionale la relazione tecnica sulla quantificazione degli oneri e sulla correlata copertura finanziaria di cui all’art.7 comma 2 L.R. 47/1977 in quanto “ la materia delle stabilizzazioni è stata di iniziativa parlamentare” .
Invero, l’indicazione in bilancio di uno o più capitoli relativi a una o più spese, non può di per sé significare che per quelle spese sia soddisfatta l’esigenza di indicazione della corrispondente copertura voluta dall’art.81 ultimo comma della Costituzione (sentenza C.C. n.66/1959) né, tantomeno, si può sostenere che la copertura di nuove spese di carattere permanente può essere correttamente operata mediante il richiamo a capitoli già previsti in bilancio (sent.C.C. n.123/1975).
Codesta Corte in proposito ha affermato nella sentenza n.31/1961 che l’obbligo del legislatore di indicare i mezzi di copertura di una nuova o maggiore spesa non può ritenersi assolto mediante l’autorizzazione ad iscrizioni nel bilancio. Tali iscrizioni non producono e non possono produrre alcun effetto di per sé ove non trovino corrispondenza in una legge sostanziale che preveda la spesa nonché i mezzi per farvi fronte.
E’ infatti tautologico e non risolutivo ai fini del rispetto dell’art.81 della Costituzione (sentenza C.C. n. 135/1968) legittimare la mancata indicazione della copertura della spesa nella legge di autorizzazione con l’inserzione della stessa nelle successive leggi di bilancio. L’inserzione della spesa nelle successive leggi di bilancio sarebbe, infatti, sorretta da una previsione legislativa priva dell’indispensabile indicazione dei mezzi di copertura.
L’art.15 si ritiene essere in contrasto con gli artt.81, 4° comma e 97 della Costituzione in quanto, quasi a conclusione dell’esercizio finanziario, introduce nell’elenco delle spese obbligatorie, allegate alla legge di approvazione del bilancio di previsione per il corrente anno n.12/2010, i capitoli 443302 e 443305. Gli impegni assunti e assumibili su tali capitoli sono attinenti al trasferimento di finanziamenti in favore degli enti parco e degli enti gestori delle riserve naturali per le spese di impianto e gestione e la dotazione annuale degli stessi viene determinata in considerazione delle disponibilità delle risorse e in funzione dell’equilibro tra entrate ed uscite del documento finanziario.
Il considerare come obbligatorie le spese imputabili sui menzionati capitoli comporterebbe per l’amministrazione regionale l’obbligo del pagamento a piè di lista degli oneri assunti dagli enti in questione, senza possibilità di intervenire sul controllo degli stessi, di quantificarne preventivamente l’ammontare nonché di individuare la copertura finanziaria necessaria ai sensi dell’art.81, 4° comma Cost., in caso di incremento rispetto alla previsione di bilancio inizialmente autorizzata. Per le spese imputabili ai capitoli in questione sarebbe, infatti, autorizzato in caso di incapienza degli stessi il ricorso a variazioni di bilancio anche “allo scoperto” con prelievi dal fondo per le spese obbligatorie e d’ordine, con conseguente alterazione dell’equilibrio economico finanziario del bilancio.
La disposizione è da ritenersi particolarmente pericolosa per il mantenimento dei saldi pubblici poiché, nel rendere incontrollabile la spesa nel settore, potrebbe
ulteriormente peggiorare la situazione del bilancio regionale, che presenta, secondo quanto rilevabile dall’analisi dei conti consuntivi dell’ultimo triennio, un deficit strutturale di circa 1.500 milioni di euro all’anno.
L’art. 2, 1 comma, secondo periodo - nella parte in cui prevede che al personale dell’Ente Autonomo Fiera di Palermo e dell’Ente Autonomo Fiera di Messina si applica per un anno “la disciplina sulle modalità di utilizzazioni previste per il personale dell’area speciale transitoria ad esaurimento istituita presso la RESAIS S.p.A.” - si ritiene essere in contrasto con gli articoli 3 e 97 della Costituzione.
Esso infatti estende per un limitato lasso temporale ai dipendenti di enti autonomi tuttora formalmente esistenti ed operanti, sebbene prossimi alla liquidazione, il trattamento riservato al personale proveniente dai soppressi enti pubblici economici della Regione e confluito in una società a totale partecipazione regionale.
Anche condividendo le ragioni del legislatore che intenderebbe mantenere inalterati i livelli occupazionali dei lavoratori, non ci si può esimere dal censurare la disposizione che, parificando situazioni differenti ed obiettivamente non omogenee, è fonte di disparità di trattamento rispetto alla generalità di dipendenti di altri enti prossimi alla liquidazione, anticipando soluzioni che dovrebbero, piuttosto, essere rinvenute nei principi generali in materia di mobilità del personale nei casi di trasferimento o conferimento di attività di cui all’articolo 31 del decreto legislativo n. 165/2001 (sentenze C.C. n. 108, n. 194 e n. 366 del 2006).
PER I MOTIVI SUESPOSTI
e con riserva di presentazione di memorie illustrative nei termini di legge, il sottoscritto prefetto Avv. Demetrio Missineo, Vice Commissario dello Stato per la Regione Siciliana, ai sensi dell’art. 28 dello Statuto Speciale, con il presente atto
I M P U G N A
I sottoelencati articoli del disegno di legge n. 645 dal titolo “Proroga di interventi per l’esercizio finanziario 2011. Misure di stabilizzazione dei rapporti di lavoro a tempo determinato”, approvato dall’Assemblea Regionale Siciliana il 14 dicembre 2010:
- art. 1, comma 4 primo periodo; art. 6 commi 2, 4 e 7; art. 11 per violazione degli articoli 3, 51 e 97 della Costituzione;
-art. 10, commi 1 e 2 per violazione degli articoli 3, 51, 97 e 81, comma 4 della Costituzione;
- art. 13, commi 2 ultimo periodo e 4 per violazione dell’articolo 81, comma 4 della Costituzione;
- art. 15 per violazione art. 81, comma 4 e 97 della Costituzione;
- art. 2, comma 1, secondo periodo per violazione degli articoli 3 e 97 della Costituzione

Palermo 21 dicembre 2010

Il Vice Commissario dello Stato
per la Regione Siciliana
(Prefetto Demetrio Missineo)

ritratto di Gianfranco D Anna

Precari, la giunta vara il ddl senza parti impugnate

22.12.2010
Precari, la giunta vara il ddl senza parti impugnate
Approvato anche il provvedimento di modifica delle variazioni di bilancio

PALERMO. La giunta regionale, presieduta da Raffaele Lombardo, ha approvato questo pomeriggio il disegno di legge di iniziativa governativa con cui vengono riproposte le norme del ddl n. 645, "Misure di stabilizzazione dei rapporti di lavoro a tempo determinato", impugnate dal Commissario dello Stato.
"Abbiamo preso questa decisione - ha spiegato Lombardo - perché non ci sono stati rilievi da parte del Commissario dello Stato sotto il profilo dell'impianto tecnico-giuridico della legge di stabilizzazione dei precari. Abbiamo effettuato qualche modifica al testo originario, tenendo conto delle eccezioni sollevate". La giunta ha anche approvato un disegno di legge di modifica alle variazioni al bilancio 2010 della Regione.

(Fonte: www.gds.it)

ritratto di Staff

Anci Sicilia - Valutare impugnativa norma sui precari

“L'impugnativa del Commissario dello Stato della legge ‘Proroga di interventi per l'esercizio finanziario. Misure di stabilizzazione dei rapporti di lavoro a tempo determinato’ deve essere attentamente valutata per la complessità delle osservazioni formulate”. Lo afferma la dirigenza di Anci Sicilia che aggiunge: “Innanzi tutto e' da rilevare che il sopracitato intervento legislativo e' finalizzato ad individuare un itinerario certo e non occasionale per garantire la continuità nell'erogazione di servizi già consolidata nella Pubblica Amministrazione. Chiaramente la volontà legislativa e' stata orientata nel contempo a rispondere alle giuste aspettative di continuità di lavoro dei lavoratori impegnati negli anni nelle varie Amministrazioni Pubbliche. Le normative finalizzate a tali obiettivi sono state previste sia nella legislazione regionale che nazionale.
Il percorso individuato per la stabilizzazione, quindi, - continua Anci Sicilia - verrebbe a normalizzare una situazione gia' consolidata all'interno degli enti. Piuttosto si potrebbero avere dei contraccolpi negativi di vario ordine nel caso di una interruzione e/o non normalizzazione del rapporto di lavoro di questi lavoratori. Si tratta, adesso, di rimuovere, nella fase attuativa, gli ostacoli operativi che si potrebbero riscontrare in ordine alla certezza di risorse finanziarie e ai vincoli di bilancio”. Nonostante le difficoltà presenti, - conclude la dirigenza dell'Associazione dei comuni siciliani - specie in termini delle adeguate risorse finanziarie, si tratta di individuare, come si e' proposto nella Legge regionale, approvata nella seduta del 14 dicembre 2010, i percorsi operativi per la stabilizzazione di questi lavoratori, gia' inseriti nei diversi anni, nella Pubblica Amministrazione locale. Per tutte queste ragioni si ritiene opportuna la promulgazione della legge, anche in presenza della impugnativa del Commissario dello Stato, dal momento che il dispositivo consente ugualmente di dare operativita' al percorso della stabilizzazione”. 22/12/2010

ritratto di Gianfranco D Anna

Legge sui precari, via libera anche dall'Ars

23.12.2010
Legge sui precari, via libera anche dall'Ars.
Approvato l'ordine del giorno che permette la pubblicazione. Sì a proroghe e stabilizzazioni senza le parti impugnate dal Commissario dello Stato.

PALERMO. All'inizio della seduta di oggi l'Ars ha approvato l'ordine del giorno che permette la pubblicazione della legge sulla proroga e stabilizzazione dei precari, senza le parti impugnate dal Commissario dello Stato. I lavori sono quindi stati sospesi per alcuni approfondimenti sugli altri due punti da affrontare oggi: variazioni di bilancio ed esercizio provvisorio. Ieri la giunta aveva dato il suo parere favorevole.
(Fonte: www.gds.it)