Risorgimento al femminile a Cefalù

ritratto di Angela Di Francesca

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Nel 150 anniversario dell'Unità d'Italia, nel ricordare che ad esso contribuirono tante donne audaci, generose, volitive eppure "invisibili", vorrei tracciare una "memoria" della presenza femminile nel Risorgimento con riferimento a Cefalù.
Le due figure più vive nell'immaginario cefaludese sono sicuramente le due sorelle dei patrioti Nicola (Nicolò) e Carlo Botta, Elisabetta e Giuseppina, ricordate anche nel libro di Vincenzo Consolo "Il sorriso dell'ignoto marinaio". Nel 1856 Elisabetta (detta "Elisabettina") e Giuseppina diedero inizio alla rivolta a Cefalù esponendo sul balcone della loro casa il tricolore da loro stesse cucito insieme alla madre donna Concetta Miceli. Un'azione che può apparire di piccola entità ma che in quel contesto era testimonianza di grande coraggio per i rischi a cui esponeva.
Ecco infatti il racconto dello storico Francesco Guardione ne "Il moto politico di Cefalù del 1856":"Sventolano la bandiera dalla loro casa, ritrovo della congiura, le signorine Elisabetta e Giuseppina Botta, da loro cucita; ed allora continuo è l'accorrere di cospiratori, possessori di un'arma, alla casa dei Botta..." E, dopo il fallimento del moto:"Accresce poi la barbarie dell'agire coll'arresto delle famiglie dei fuggenti; specialmente, e con modi non consentiti dalla civiltà e dall'umanità, della famiglia Botta, arrestando le signorine Elisabetta e Giuseppina e la madre, la signora Concetta; le quali, rinchiuse come criminali in orride carceri, vi rimasero parecchi mesi, trasportate di qui pure nelle prigioni di Palermo."
Alcuni testi riferiscono anche dell'arresto di una sorella di Salvatore Spinuzza, Gaetana.
Ecco le pagine del "Sorriso dell'Ignoto marinaio" che parlano delle sorelle Botta:"Fui partecipe nel '56 della sommossa sventata e poi repressa a Cefalù. Esultai e palpitai anch'io in uno con quel manipolo di intrepidi, i Botta, il Guarnera, Maggio, Maranto, Sapienza, Bevilacqua, vessillifero gioioso ed esultante il vostro Giovannino Palamara, che assalito il posto delle guardie si portarono poi a liberare dalle catene lo Spinuzza...Ho visto imprigionar costoro, le signorine Botta in uno con la madre veneranda, le cui gentili mani aveano intessuto i fili d'oro della speranza sopra quel drappo insegna della fede..."
Sempre in relazione alla rivolta del 1856 che costò la vita all'eroe del Risorgimento cefaludese Salvatore Spinuzza, è da ricordare la generosità di una donna, Rosaria Calascibetta, che, con grave rischio personale, aiutò-insieme al sacerdote Zito- Salvatore Spinuzza e gli altri fuggiaschi ad arrivare a Pettineo e a rifugiarsi nel casolare di un cugino dei Botta (Mauro Giallombardo).
Alcuni decenni addietro, nel 1820, ci fu a Cefalù una rivolta sorta sull’onda di quella di Palermo, ma che ebbe quasi il carattere di una Jacquerie. Essa infatti portò oltre che alla distruzione e al saccheggio di sedi istituzionali anche a vendette personali contro privati, come gli incendi delle case Di Paola e Culotta che procurarono delle vittime tra cui anche bambini, e si concluse con la condanna a morte dei promotori. Una donna che aveva appunto appiccato il fuoco alla Casa Di Paola, Maria Ciurello o Ciurillo, fu giustiziata nel Cortile che ospita ora il Palazzo Vescovile.
Di questa notizia che ho appreso da una ricerca di Nico Marino, non mi sono note altre fonti di storici dell’epoca; una lettera di Rodrigo La Calce che ne parla, citata nel libro del pronipote Giuseppe La Calce, non riferisce questo episodio in particolare.
Negli anni Trenta invece vi sono tracce di movimenti più caratterizzati ideologicamente e che coinvolgono delle donne.
Nel 1832, una informativa dell'Archivio di Stato di Palermo dà notizia della messa in libertà provvisoria di due donne cefaludesi, che avevano scontato quasi quattro mesi di carcere: Santa Brocato e Concetta Di Marco. Entrambe erano state imputate di cospirazione e di attività "tendenti a spargere malcontento a Cefalù, incitando alla guerra civile la popolazione".
Non sappiamo altro su queste due donne cefaludesi, i cui cognomi sembrano collegarle a un ceto popolare, e che certamente erano ardite e decise dato che addirittura non si limitavano a cospirare nascostamente ma svolgevano attività di propaganda alla luce del sole.

Cefalù ha poi dedicato una strada a una donna che non ha un rapporto diretto con la Città, ma è uno dei personaggi più interessanti del Risorgimento Italiano: Cristina Trivulzio di Belgiojoso.

Cristina di Belgiojoso (1808-1871) ha attraversato il Risorgimento partecipandovi come intellettuale e come militante. L'indipendenza italiana, la cultura, l'emancipazione femminile e dei ceti sociali più svantaggiati, furono gli ideali a cui si dedicò questa donna coraggiosa, volitiva e brillante, che Heine nel suo "Reisebilder" definisce "una bellezza assetata di verità” e "gloria d'Italia"- una donna discussa, amata e odiata; generosa al punto da vendere i gioielli personali per finanziare i moti, audace al punto di sfidare l'Austria ed essere presente attivamente in situazioni rischiose e drammatiche come il moto di Milano del 1848 (le 5 giornate) e come la Repubblica Romana.
Una donna libera, che partecipò all'Unità d'Italia seguendo le sue idee e non seguendo un uomo, come accadde a tante donne dell'epoca, che pure si dedicarono all'attività patriottica con coraggio e convinzione.
A 16 anni sposa il principe Emilio di Belgiojoso, bello, gaudente e infedele. Cristina, disillusa e insofferente di compromessi, si separa:situazione scandalosa per l'epoca, anche se i coniugi mantengono comunque un misterioso rapporto di amicizia. Nel 1830 il Canton Ticino-dove alle elezioni si afferma il partito repubblicano-, si dà una Costituzione Democratica, e Cristina, che si trova in Svizzera, sottolinea l'evento con una festa. Questo basta all'Austria per intimarle il rientro a Milano, ma la principessa scappa invece in Francia. L'anno successivo, in un momento in cui si spera nell'appoggio francese, Cristina appoggia i patrioti finanziando i moti che però falliscono anche per la passività della Francia. Il governo austriaco le confisca i beni e Cristina si trova a dover vivere a Parigi in uno squallido appartamento e a doversi ingegnare per sopravvivere. Riesce a procurarsi un lavoro al giornale “Constitutionel”, e inoltre svolge un'apprezzata attività di ritrattista. A poco a poco incuriosisce e conquista il "bel mondo" parigino. Nel frattempo riesce a farsi restituire parte dei suoi beni, si trasferisce in un quartiere elegante. Ora il suo salotto è frequentato oltre che dagli storici Thierry e Mignet, da personaggi quali George Sand, Alfred de Musset, Fauriel, Liszt, Chopin, Balzac, Heine, Bellini, il generale La Fayette, attratto da lei, che le offre una protezione paterna. Cristina accoglie e aiuta finanziariamente i fuorusciti italiani, anche se talvolta in disaccordo con alcune loro posizioni estremiste.
Nel 1838 diventa madre di una bambina, Maria..
Nel 1840 Cristina dopo dieci anni di soggiorno a Parigi fa ritorno a Milano.
Qui inizia un'attività sociale aprendo nella sua tenuta di Locate, per le famiglie dei contadini, degli asili che saranno giudicati entusiasticamente da Ferrante Aporti. Insegna lei stessa alle mamme nozioni di igiene e di puericultura, mette a disposizione nelle fredde giornate invernali le stanze ben riscaldate del suo castello perchè i piccoli non debbano soffrire il freddo. Più tardi organizza scuole maschili e femminili con mense e laboratori, dove si insegna non solo a leggere, scrivere e contare, ma anche musica, pittura, tutto ciò che può elevare l'animo e arricchire l'intelletto, suscitando lo scandalo e la disapprovazione dell'aristocrazia milanese e tra gli altri del Manzoni che, nonostante il suo interesse letterario per gli umili, non capisce perchè si debbano istruire i contadini, e critica la principessa domandandosi:"Quando tutti sapranno leggere e scrivere, chi zapperà la terra?".
Nel frattempo Cristina pubblica le sue prime opere: il "Saggio sulla formazione del dogma cattolico", la traduzione in francese delle Opere di Gian Battista Vico. Nel 1845 rileva una rivista patriottica, la “Gazzetta italiana”, e la trasforma in una rivista, l’”Ausonio”, sul modello della francese “Revue des Deux Mondes“. Nel 1846 scrive, con uno pseudonimo, la "Storia della Lombardia".
Nel 1848 Cristina, raggiunta a Napoli dalla notizia dell'insurrezione di Milano, noleggia un piroscafo e il 6 aprile entra a Milano col tricolore in pugno, con il suo corpo di 200 volontari.
Nel 1849 si unisce ai patrioti della Repubblica Romana dove Mazzini le affida il ruolo di "direttrice degli ospedali", e grazie alle sue capacità organizzative riesce a mettere in piedi insieme all'americana Margaret Fuller, dodici ospedali, creando, prima di Florence Nightingale, un servizio di "infermiere", volontarie laiche per assistere e confortare i malati, costituito da dame, borghesi, popolane. Con la fine sanguinosa della Repubblica Romana, Cristina, delusa e amareggiata, fugge verso Malta, Atene, Costantinopoli.
Acquista una piccola valle in Cappadocia e vi fonda una colonia agricola aperta ai profughi italiani. Dei suoi viaggi in Anatolia, Siria, Libano, Turchia, restano gli scritti in cui smonta il mito del favoloso Oriente, svelando per prima la condizione della donna condannata all'ignoranza e alla subalternità, descrivendo la vera realtà degli harem, non luogo da Mille e una Notte ma vera e propria prigione che si fonda sull'oppressione femminile.
Nel 1853 un suo dipendente, durante una lite con l'amante, governante di Cristina, ferisce col coltello quest'ultima accorsa a difenderla. Le ferite non sono mortali ma ledono un nervo e da allora Cristina non riuscirà a tenere eretto il collo:una condizione triste e difficile da accettare per una donna che era stata molto bella. Nel 1856 torna in Italia dove l'Austria generosamente le dissequestra i beni. La figlia Maria si sposa, diventando “marchesa Trotti Bentivoglio” e Cristina passa gli ultimi anni dividendosi tra le cure familiari di madre e nonna, e la scrittura.
Il 1861 è l'anno dell'Unità d'Italia. Cristina non è più protagonista, è in ombra e non viene invitata al ricevimento offerto da Vittorio Emanuele II. Del resto il momento della passione risorgimentale è chiuso, inizia la politica con le sue diplomazie, a volte purtroppo con le sue ipocrisie e con i suoi giochi di potere. Cristina scrive con disincanto:
"Mentre la morte si aggirava per le strade, la maggior parte degli uomini che abbiamo nominato badava a spartirsi le cariche e ad assicurarsi la sua parte di potere".
Fonda un giornale bilingue, l’”Italie”, scrive saggi politici e pubblica il saggio “Della presente condizione delle donne e del loro avvenire” che si conclude con queste parole:
“Vogliano le donne felici dei tempi avvenire rivolgere il pensiero ai dolori ed alle umiliazioni delle donne che le precedettero nella vita, e ricordare con qualche gratitudine i nomi di quelle che loro apersero e prepararono la via alla non mai prima goduta, forse appena sognata, felicità!”

ritratto di Pino Lo Presti

Grazie Angela

abbiamo bisogno di collaboratrici come te.

ritratto di Giovanni Marino

Grazie Angela...

Grazie Angela un contributo veramente prezioso....
Giovanni Marino