I DUE SARCOFAGI TARDO-ELLENISTICI (Museo Mandralisca Cefalù)

ritratto di Nicola Pizzillo

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immagine di una tomba ellenica esposta nel museo di Kamarina

Altri reperti della necropoli ellenistica di Kephaloidion, rinvenuti dal prof Amedeo Tullio, sono due sarcofagi litici (di pietra), provenienti dalla contrada Spinito la cui area coincide con quella dell’antico phourion. Qui si recuperarono i superstiti frammenti dei sarcofagi, in seguito ad un intervento d’urgenza ed al conseguente fermo dei lavori, in un terreno in cui si era già effettuato lo sbancamento per la costruzione di due edifici di civile abitazione ed a causa di ciò era già stato asportato l’originario piano d’uso.

A sud dell’area sbancata, sparsi sulla terra smossa, si rinvennero alcuni frammenti ceramici, tra cui parte di una lekythos baccellata e metà di una lucer netta, importata, di tipo diffuso tra la fine del III e tutto il II sec. a.C., sul fondo di un sarcofago (B) furono recuperati due anelli, uno d’oro ed uno d’argento con sigillo (testa d’ariete?).
Considerate le circostanze del recupero e la carenza di dati di scavo, l’unico criterio per un corretto inquadramento storico dei sarcofagi può fondarsi solo su un’accurata analisi stilistica, che solo recentemente si è resa possibile a seguito di restauro. Trattasi quindi di due sarcofagi monolitici frantumati all’atto del rinvenimento e andati in buona parte dispersi. Essi sono configurati ad imitazione di due tempietti, il sarcofago A con colonnine ioniche e fregio dorico e l’altro B a pareti lisce. L’aspetto di un vero e proprio tempio è conferito dal coperchio che ha la forma di un tetto a spioventi; esso è semplicemente appoggiato sulla cassa e munito di due plinti che sporgono inferiormente onde consentire l’incasso.
Un raffronto stilistico con altri sarcofagi rinvenuti in diverse necropoli siciliane e della Magna Grecia di cui si conosce la datazione, fa ritenere che essi siano stati costruiti nel II sec. a.C., comunque non c’è da stupirsi se i reperti fossero appartenuti a famiglie romane che dovettero trasferirsi a Cefalù dopo la conquista e che, da un lato, furono costrette a stabilirsi fuori dal centro urbano vero e proprio (dimora signorile?) e, dall’altro, vollero anche nella loro estrema sistemazione, essere distinte dalle popolazioni sottomesse.
I sarcofagi dello Spinito sono la più antica testimonianza dell’adozione di questo monumento funerario a Cefalù. Risulta invece ampiamente documentato e a lungo (dal IV sec. a.C. al I sec. d.C.), l’uso di seppellire in piena terra con due diversi riti: l’inumazione (strati più antichi) e l’incinerazione in situ.
Ad accrescere l’importanza storico-artistica dei nostri sarcofagi va ricordato infine, che essi sono stati realizzati in pietra locale. Ciò ci consente di considerarli, inequivocabilmente, prodotti dell’artigianato locale e ci testimonia dell’abilità manuale raggiunta dagli artigiani cephaloetani. Questa abilità del resto, è documentata non solo dalle modanature delle porte dell’edificio megalitico, in calcare a lumachelle cavato dalla stessa Rocca, e dal capitello ionico del Museo mandralisca, scolpito su un marmo biancastro a cristalli grossi, quasi certamente proveniente dalla zona, ma anche da una splendida cornice di “cappellaccio” compatto, rinvenuta tra le strutture dell’epitymbion dove era inglobata come materiale di reimpiego. Va notato che questa tradizione restò assai viva ed il gusto per portali e cornici modanate diffuso in quasi tutti gli antichi edifici del centro storico di Cefalù, di gradevoli incorniciature in pietra dura (generalmente calcare a lumachelle della Rocca) elegantemente intagliata.
Si ritiene che il sarcofago A costituisca, insieme agli altri monumenti siciliani, un prova della diffusione degli influssi alessandrini anche nella Sicilia occidentale. D’altra parte la riscontrata ricorrenza a Cefalù di epitymbia monumentali a forma di piramide gradinata, convalida questa opinione, se si pensa che simili monumenti sono ampiamente adottati nelle necropoli di Alessandria.
(Fonte: Amedeo Tullio, Alessandria e il mondo ellenistico-romano Vol.1 pagg. 598-610)

Le ultime notizie sulla necropoli di Cefalù risalgono al 2007 leggi articolo di Repubblica:
http://www.patrimoniosos.it/rsol.php?op=getarticle&id=30978
In quell'occasione il costruttore "illuminato" sospese i lavoro per dar modo di recuperare i reperti archeologici ma quanti altri costruttori sarebbero disposti a fare la stessa cosa?
Se non si ha amore per il proprio passato, che almeno la pietas verso i nostri antenati defunti induca tutti coloro che rinvengono resti umani, tombe e corredo funebre a portarli in un luogo appartato e a farne una denuncia di ritrovamento alle Autorità (Polizia, Carabinieri, Soprintendenza beni culturali, Sindaco) anche in anonimato, sono sicuro che le loro anime ve ne saranno grate.

ritratto di Salvatore Culotta

non posso non congratularmi

non posso non congratularmi con il sig.r Pizzillo per questa sua serie di interventi.

ritratto di Nicola Pizzillo

Grazie mille

anche se il contenuto non è farina del mio sacco, sto soltanto eseguendo una collazione del materiale che riesco a rinvenire, per averne una traccia completa ad uso dei frequentatori di questo blog.
Poi se si riuscisse ad ingenerare nell'opinone pubblica cefaludese la voglia di riappropriarsi del proprio passato, di portarlo alla luce e possibilmente di metterlo a disposizione dei numerosi turisti, sarebbe l'optimum.
La chimera della destagionalizzazione dei flussi turistici passa principalmente dalla creazione di circuiti culturali alternativi in grado di attrarre diversi targets di visitatori.
Speriamo che questo venga compreso da chi ci amministra.

ritratto di Saro Di Paola

ONORE AL MERITO DI PINO CALABRESE

che è "l'illuminato costruttore" che ha, anche, messo a disposizione del prof. Tullio e della Soprintendenza, per mesi e mesi, una squadra di operai, nel libro paga della Co.Ge.Tur., per eseguire gli scavi.

Le tombe più significative sono state lasciate a vista nel piano interrato dell'albergo nel quale è stata ristrutturata ed ampliata la "VILLA MICELI", tra le vie Roma, Martoglio e Gramsci.

ritratto di Salvatore Culotta

Quello che importa è che si

Quello che importa è che si diffonda in maniera sempre più allargata la conoscenza della storia di Cefalù, che,sia detto per inciso, non comincia certo con Ruggero II.

ritratto di Salvatore Culotta

Per arricchire un pò la

Per arricchire un pò la storia dei sarcofagi aggiungo un articolo tratto dal Corriere delle Madonie del Luglio 1977 scritto dal Prof. G.Forte :
"Sul ritrovamento dei sarcofagi (di cui uno pregevolissimo) in contrada Spinito, che costituisce un grosso avvenimento archeologico, oltre il ragguaglio di cronaca sulla "comunicazione" fatta dal prof. A. Tullio, la sera del 6 luglio, presso il Circolo Unione, su iniziativa del Centro dì Cultura, pubblichiamo, essendoci pervenuto prima, anche un articolo del prof. Giuseppe Forte, che è stato un po' spettatore, un po' protagonista dello stesso ritrovamento.
Nei giorni scorsi sono stati portati alla luce, mentre venivano effettuati lavori di scavo per un nuovo edificio, in contrada Spinito di Cefalù, due sarcofagi del periodo lonico-Ellenìstico.
Tali sarcofagi, che si trovavano ad una profondità differente e comunque a circa tre metri dal livello di superficie, coperta pri¬ma dello scavo da secolari piante di ulivi, sono da collocarsi tra il V e il IV sec. a. C.; e rivestono una eccezionale importanza per il materiale adoperato — unico blocco di pietra — e sul piano artistico per i rilievi esterni in essi scolpiti, forse unici esempi in tutta la fascia del Palermitano.
Uno dei due sarcofagi è adornato da colonnine scanalate rastremantisi verso l'alto, poggianti su basi ioniche, e che reggono con il loro capitello a volute ed ovuli una trabeazione con fregio diviso in metope e triglifi. Sopra la trabea¬zione poggia il timpano a forma triangolare, anch'esso con moda¬nature che formano un tutt'uno con il coperchio del sarcofago. Dai pochi pezzi della tomba, testata e parte di coperchio, personalmente recuperati nella scarpata adiacen¬te il vicino burrone, con l'aiuto di altri abitanti della zona e conse¬gnati ai Carabinieri qualche gior¬no dopo (esattamente il 28 giu¬gno u. s.), alla presenza del prof. Tullio, risulta chiaro che il sarcofago riproduceva in piccolo un tempio greco e doveva apparte¬nere, assieme all'altro di cui si ha solo la base — dove in mezzo al terriccio attaccato al fondo sono stati trovati un anello in oro e uno in argento — fatta recuperare dal prof. Tullio su segnalazione di alcuni ragazzi, a ricche famiglie greche.
Altri rottami quasi certamente di un terzo sarcofago sono stati recuperati nei giorni successivi, assieme a piccolissimi frammenti di vasi a vernice nera, che fanno supporre la presenza in loco di un ricco corredo funerario. Intanto in tutta la superficie sbancata sono stati effettuati, sotto diretto controllo del prof. Tullio e dopo la visita sul posto della dott. Di Stefano, Ispettrice alla Sovritendenza alle Antichità di Palermo, dei saggi (con operai messi a disposizione della ditta costruttrice) per meglio capire e giustificare la presenza di una necropoli così distante dal centro abitato. Dagli scavi infatti non è venuto più niente alla luce; ma nulla vieta di pensare che nelle vicinanze ci sia altro materiale archeologico. Controlli accurati e scavi si stanno effettuando anche in altre zone dove sono in atto sbancamenti per cantieri edili.
In molti posti di Cefalù ritrovamenti casuali, dovuti quasi sempre a sbancamenti, ce ne sono stati in più occasioni e c'è da credere che di ciò siano a conoscen¬za le Autorità locali e quindi non si capisce il perché nelle licenze edilizie non venga inserita una clausola affinchè qualsiasi lavoro di sbancamento venga fatto sotto il diretto controllo della Sovraintendenza o dei Carabinieri al fine di evitare che il nostro patrimonio archeologico venga distrutto impunemente, anche se tante volte in buona fede; e viene spontanea la seguente domanda:
— Perché il nostro Museo — ove in questi giorni verranno portati e sistemati in un'apposita stanza i resti dei sarcofagi, oltre a con¬tenere l'Ignoto di Antonello o il Cratere con il venditore di tonno, opere pregevolissime, non dovrebbe essere conosciuto anche per il materiale archeologico? Per far sì che ciò avvenga si rende neces¬sario, se non indispensabile, un lavoro di prevenzione per salvare quanto il nostro sottosuolo ancora nasconde ed evitare che si raccolgano solo frantumi, tante volte non più leggibili e sì fermino i lavori — con la perdita non indifferente di capitali e di mano d'opera — magari quando non c'è più niente da portare alla luce.
Giuseppe Forte