La rovinosa caduta della Perla del Tirreno

Ritratto di Angelo Sciortino

2 Maggio 2014, 09:42 - Angelo Sciortino   [suoi interventi e commenti]

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Fra gli ingegneri e le persone di buon senso vige l'abitudine, quando ci si trova di fronte a una casa con i muri cadenti, di provvedere prima di tutto a metterla in sicurezza, magari abbattendo i suoi muri, per costruirne di più capaci per sostenerne il tetto e i solai.

Lo stesso criterio viene seguito dagli imprenditori, quando la loro impresa non è più in grado di produrre competitivamente, a causa dei suoi deficit finanziari o perché il metodo fino ad allora seguito ha bisogno di rinnovarsi nei macchinari e persino nella cultura dei suoi dipendenti.

Accade, talvolta, che gli ingegneri o gli imprenditori, per mancanza di coraggio o per difetto di valutazione, intervengano scriteriatamente, nel tentativo di salvare ciò che ormai non può né deve essere salvato, perché ciò che si costruirà su di esso sarà destinato a crollare insieme alla sua incerta base.

Questa attività scriteriata viene seguita ormai da due anni dalla nostra Amministrazione. Trovatasi con una situazione debitoria esagerata e con una burocrazia, che di tale situazione ha la sua buona parte di responsabilità, essa, per un malinteso senso dell'onore, non ha voluto dichiarare il dissesto né si è circondata di una burocrazia più efficiente e meno prona a seguire i suoi velleitarismi avventurosi e costosi.

In questo modo essa si tiene in piedi con i proclami, che non sono nient'altro che i rattoppi volti a coprire il dissesto murario della costruzione: i muri quasi diruti (assenza di ogni strategia) e i tetti cadenti (assenza di una visione politica). A tutto ciò aggiungiamo la galoppante povertà non soltanto delle casse comunali, ma anche dell'economia generale, e il quadro è completo.

Nei prossimi mesi la situazione è destinata ad aggravarsi e i rattoppi non riusciranno a fermare la rovinosa caduta di Cefalù. Ciò accadrà quando i sempre meno turisti, che verranno coraggiosamente a Cefalù, si ritroveranno senza acqua e non si accontenteranno dei comunicati del Sindaco; senza un Centro Storico a misura d'uomo, percorribile in tutta sicurezza, per gustarne gli angoli più belli e ancora non rovinati dall'incolta speculazione; senza un ambiente sano, dove respirare aria pulita.

Se due anni fa si fosse avuto il coraggio di dichiarare il dissesto, la situazione sarebbe migliore. Intanto le casse comunali avrebbero risparmiato decine di migliaia di euro, utilizzati per pagare le spese legali di inutili ricorsi; poi, si sarebbe risparmiato sugli interessi e si sarebbero potuti chiudere con transazioni le situazioni debitorie. Questo sarebbe stato il risparmio, ma non dobbiamo tacere anche del guadagno, che ne sarebbe derivato: libera dall'oppressione di approntare interventi inutili, l'Amministrazione avrebbe potuto dedicare il suo tempo a preparare una strategia per lo sviluppo, che avrebbe mosso i primi passi nel momento in cui si sarebbe chiusa la vertenza dissesto.

Invece che cosa si è fatto? Si è sostituita la strategia con la tattica per acquisire consenso e si è lasciato che il Paese si sbandasse, dando la colpa del suo sbandamento al passato e agli uomini che lo hanno rappresentato.

Vedremo nei prossimi giorni se la Corte dei Conti prenderà sul serio le dichiarazioni del Sindaco e i piani di rientro della sua burocrazia. Vedremo se finalmente potremo contare sul buon senso, sulla scienza e la coscienza, perché continuando così per tre anni e forse anche per un solo anno, il crollo sarà definitivo.