La cumerdia infinita

Ritratto di Totò Testa

3 Gennaio 2013, 00:36 - Totò Testa   [suoi interventi e commenti]

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Scusatemi se abuso un po’ dell’ospitalità di questo blog, ma oggi, invece di parlare dei dissesti e sbalanchi che minacciano la nostra comunità sotto il profilo economico (v. bilanci comunali), fisico (v. porto) e morale (v. in giro), vorrei perdere un po’ del mio vile tempo a discutere di cumerdie e, soprattutto, dei costruttori di cumerdie.

Com’è a tutti noto la cumerdia altro non è che l’aquilone, quell’ elementare macchina volante fatta di materia povera e leggera che da sempre ha animato i giochi all’aria aperta di bambini e di adulti dallo spirito fanciullesco.

E’ chiaro che lo scopo fondamentale della cumerdia è quello di volare, volare appesa ad un filo.

Se una cumerdia non vola, per quanto possa essere bella e colorata, sarà bella e colorata ammatula.

Il filo, poi, non è importante solo per garantire il recupero, ma anche e soprattutto per governare il volo a distanza.

Tanto più la mano che lo reggerà sarà sensibile, salda e sapiente, tanto più alto, stabile e duraturo sarà il volo della cumerdia.

Sembra facile costruire una cumerdia! Ma non lo è.

Ci vuole pazienza, costanza, e la competenza si acquisisce solo col tempo. Il gioco sottile è quello di sapere combinare virtuosamente leggerezza e robustezza, due caratteristiche che, di solito non si combinano tra di loro.

La maggior parte degli aspiranti costruttori di cumerdie si arrendono in giovane età.

Solo i più forti, i più costanti nell’impegno, i più competenti riescono a combinare con sapienza carta, steli di canna e colla di farina per costruire cumerdie in grado di spiccare il volo.

Ma qui sorge un altro problema.

Ben difficilmente i bravi costruttori di cumerdie riescono a diventare dei bravi involatori.

Ce lo suggerisce l’atavico e imperituro rapporto di complementarità che la storia ed il mito hanno stabilito tra mastro d’ascia e nocchiero, tra artefice di bighe ed auriga, tra ingegnere e pilota, tra autore ed attore, tra compositore e suonatore.

Ecco perché ogni bravo costruttore di cumerdie dovrebbe assumere la lucida consapevolezza che solo affidandosi a mani vocate all’involo tanto quanto le sue possono esserlo all’assemblaggio, si realizzerà lo scopo della sua fatica, cioè quello di far volare alta e sicura la sua cumerdia, perché tutti possano ammirarne la corrusca e policroma bellezza, frutto di tanto lavoro, sacrificio, sofferenza, nonché … impegno e competenza.

Ma taluni costruttori di cumerdie, troppo gelosi ed innamorati del proprio lavoro pensano di improvvisarsi involatori, senza averne né le innate doti, né l’esperienza, né la sensibilità.

Ma falliscono e, dopo il primo fallimento falliscono ancora, e ancora e ancora, dando la colpa, ora ad un’asta troppo flessibile, ora allo spessore della carta, ora alle rastremature della coda, ora al vento infame e capriccioso.

E aggiungono nuovi particolari, nastri filanti, timoni direzionali, curvature aeroportanti, con il risultato di avere delle cumerdie sempre più ornate e ridondanti di accessori, ma sempre più rigide e pesanti, quindi sempre più inadatte al volo.

Spesso, i più ostinati finiscono per andare a passeggio sulle spiagge o sui prati con la loro accessoriatissima cumerdia sotto braccio e con un’espressione stereotipata in viso che vorrebbe dire “Pensa come vi lascerei tutti di stucco se questa cumerdia volasse!”

Ma, finchè la tengono sotto il braccio, nessuno potrà mai sapere se quella cumerdia sia o no in grado di volare, né quanto in alto, né quanto a lungo, e nessuno ne potrà apprezzare la presunta bellezza.

Questo perché, in ogni caso, per fare volare una cumerdia ci vuole, oltre all’impegno e alla competenza per saperla costruire, anche la sensibilità e la sapienza per farla volare.

Ed, in ogni caso, prima di pensare all’involo, bisogna saper percorrere i sentieri non sempre agevoli, ma sempre appaganti, dell’umiltà, della disponibilità, della condivisione.

Commenti

Importante, coinvolgente e sagace. Di questo valore, pochi  sono gli articoli a disposizione degli utenti nei giornali e nelle trasmissioni radio di Cefalù. C'è chi continua a provarci, occorre ostinazione, entusiasmo, onestà. E "quasi cefalù" talvolta assolve quest'impegno. Oramai è scritto,  è scivolato dagli interstizi della tastiera, "quasi"  per  "quale". Chiedo venia.