22 novembre: conferenza su Tholos ed ipogei della Gurfa di Alia"

Ritratto di Archeoclub d'Italia di Cefalù

20 Novembre 2014, 17:03 - Archeoclub d'It...   [suoi interventi e commenti]

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THOLOS ED IPOGEI DELLA GURFA DI ALIA
Impianto architettonico e tracce per l’attribuzione, fra Preistoria e Misteri

 

Sabato 22 novembre - alle ore 17.30 - a cura della sede di Cefalù dell’Archeoclub d’Italia, nei locali della Fondazione Culturale Mandralisca, si svolgerà la conferenza  “THOLOS ED IPOGEI DELLA GURFA DI ALIA - Impianto architettonico e tracce per l’attribuzione, fra Preistoria e Misteri”.

Relatore l’architetto Carmelo Montagna, docente di Storia dell’Arte e Disegno al Liceo Scientifico “E. Basile” di Palermo.
Montagna - sindaco del comune di Marianopoli in provincia di Caltanissetta - collabora con l’Officina di Studi Medievali (O.S.M.) di Palermo e con il Dipartimento di Scienze Umane dello I.E.Me.S.T. (Istituto Euro Mediterraneo di Scienze e Tecnologia) di Palermo, Sezione di Storia,  Arte e Popolazioni. I suoi interessi di studio comprendono anche la Storia dell’Architettura Antica in Sicilia e proprio in questo ambito di ricerca, trascurato dagli ambienti accademici, si è imbattuto, da qualche decennio, nel poderoso palinsesto architettonico della Gurfa di Alia (PA).
I risultati a cui è pervenuto sono così riassumibili: dopo la catastrofe culturale della perdita della sua memoria storica, alla Gurfa di Alia, oltre l’evidenza recente di civiltà contadina ed il toponimo di origine araba (genericamente: “stanza con magazzino”), c’è quello che resta di un impianto ipogeico dell’età del Bronzo, di sofisticata progettazione, in una necropoli eneolitica, dove è possibile rintracciare l’uso di moduli di “geometria aurea”. Il suo costruttore mostra di conoscere la memoria dei modelli di case-tombe a thòlos ciprioti di Choirokoitia e del Megaron ligneo anatolico-frigio di Gordion, in una struttura unitaria che ha al piano inferiore una vasta camera funeraria dinastica collegata a un grandioso ambiente a thòlos per il culto, con sovrapposte le “stanze” di un Santuario, in cui si praticava il rito dell’ “incubazione” e della “catabasi”: rimandi straordinariamente simili alle descrizioni che le fonti storiche fanno per la tomba-tempio di Minosse, da ricercarsi nella valle del fiume Halykos-Platani.
La Gurfa si trova in un importante sito nel cuore della Sikania dell’età del Bronzo, nel punto di snodo strategico fra i sistemi fluviali Platani-fiumeTorto, che in antico collegava Himera, sul Tirreno, con Heraclea Minoa, sul Canale di Sicilia; da lì dovette passare il tiranno agrigentino Terone nel 480 a.C. quando, in marcia su Himera per la sua conquista, “rinvenne” e distrusse la tomba-tempio di Minosse. In assenza di reperti archeologici da scavi ufficiali, le tracce evidenti di distruzione ed incendio dei rivestimenti lignei alla Gurfa  ancora aspettano una datazione.Q
uesti sono gli indizi che hanno fortemente orientato la sua attribuzione del contesto al Tesoro di Minos, per fatti accaduti molto probabilmente “tre generazioni prima della guerra di Troia” , cioè attorno al XV-XIV sec. a.C.

Le sue considerazioni sono supportate dai due stralci di documentazione storico-critica che riportiamo di seguito:

Della tomba-tempio di Minosse in Sikania in particolare parlano nel V sec. a.C. Erodoto (VII,170) e nel I sec. a.C. Diodoro Siculo (IV,78).  Secondo Diodoro Siculo: “…Minosse, re dei Cretesi, allora il padrone dei mari, quando apprese della fuga di Dedalo in Sicilia, decise di organizzare una spedizione contro quell’isola. Dopo aver preparato una notevole forza navale, partito da Creta, sbarcò in una località del territorio di Agrigento, che fu chiamata dal suo nome Minoa. Qui fece sbarcare le sue truppe e inviò messaggeri al re Cocalo, chiedendo di restituirgli per la punizione che meritava Dedalo. Ma Cocalo invitò Minosse ad un colloquio e, dopo aver promesso di venire incontro a tutte le sue richieste, lo portò a casa sua come ospite. Mentre Minosse prendeva il bagno, Cocalo lo tenne a lungo nell’acqua calda e così lo uccise, restituì il corpo ai cretesi attribuendo la sua morte ad una caduta nell’acqua calda durante il suo bagno. I compagni di Minosse seppellirono il corpo del re con costose cerimonie, costruendogli una tomba di due piani; nella parte nascosta nella terra vi posero le ossa, e in quella sollevata dal suolo costruirono un sacello di Afrodite. Qui Minosse ricevette onori per molte generazioni; gli abitanti della regione continuarono ad offrirgli sacrifici nella convinzione che il sacello fosse solo di Afrodite; ma più tardi, dopo la fondazione di Agrigento, si venne a sapere che le ossa erano state collocate proprio lì e di conseguenza la tomba fu smantellata, mentre le ossa furono consegnate ai Cretesi; questo accadde quando Terone governava su Agrigento…
(Da: La Biblioteca Storica di Diodoro Siculo, ed. Orsa Maggiore, Torriana  (FO), libro IV. Pagg. 297-299)

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“…Minosse è dunque un dio, o ne incarna almeno le virtù, già nell’isola in cui è nato. Vediamolo ora  in Sicilia. Qui si conservava di lui in piena epoca storica il sepolcro: morto a Camico per l’insidia tesagli da Cocalo, era stato sepolto con grande pompa dai suoi compagni. Costruito un duplice sepolcro, ne avevano deposto le spoglie nella parte segreta e avevano eretto un tempio ad Afrodite nella parte visibile. Le ossa erano state ritrovate e restituite ai Cretesi al tempo di Terone. Minosse era dunque stato synnaos (“compagno di tempio”) di una dea che i Greci chiamavano Afrodite ma che, come ci dice Diodoro, riceveva largo culto dagli indigeni in Sicilia. In altri termini, nel territorio agrigentino esisteva una coppia divina costituita da una <<Grande Madre>> e da un suo paredro che poteva esser identificato con Minosse. … E’… interessante notare che il tipo di tomba corrispondente a quella che per Minosse ci viene descritta in Sicilia è caratteristico… di un periodo compreso fra il 1600 e il 1200 a.C. E questo periodo si attaglia perfettamente alla tradizione che poneva la vicenda siciliana di Minosse fra il XIV e il XIII secolo.”
(Da: Eugenio Manni, Sicilia Pagana, ristampa 2004 ed. “Quaderni dell’Almagesto/Fondazione Piccolo di Calanovella”, pag.33.)