La mal compresa utopia di Lapunzina

Ritratto di Angelo Sciortino

16 Dicembre 2015, 07:00 - Angelo Sciortino   [suoi interventi e commenti]

Versione stampabileInvia per email

Che cosa hanno in comune questi due uomini?

 

Nel 2000 Papa Giovanni Paolo II dichiarò Tommaso Moro patrono degli statisti e dei politici cattolici. In Italia non abbiamo più statisti, ma politici sì. Essi si distinguono per la loro scarsa cultura, specialmente a livello locale, per cui non fa meraviglia che non conoscano il pensiero di Tommaso Moro o, se lo conoscono, non l'abbiano ben compreso.

Chi era Tommaso Moro? Fu un umanista inglese e arcivescovo. Fu grande amico di Erasmo da Rotterdam, che gli dedicò il suo Elogio della pazzia, ma quando questi criticò la Chiesa per i suoi errori, se ne allontanò. I suoi guai cominciarono quando Enrico VIII lo nominò Cancelliere, nella speranza che egli convincesse il Papa a concedergli il divorzio, perché voleva sposare la seconda di quelle che sarebbero state le sue otto mogli. Tommaso, invece, non fu d'accordo e preferì essere decapitato, pur di non venir meno alla sua Fede.

In vita fu, come il suo amico Erasmo, un acuto osservatore della realtà europea del suo tempo, molto simile all'attuale. Grazie al suo ingegno immaginò un luogo in cui la società fosse organizzata secondo principi di giustizia e i suoi governanti fossero impegnati a far felici i cittadini. A tale luogo, derivandolo dal greco, diede il nome di Utopia. Il termine, infatti, può farsi derivare da eu topos, cioè luogo felice, ma anche da ou topos, cioè non luogo. Quindi, per Tommaso il luogo felice, che egli immaginava, era soltanto un non luogo, era un non luogo felice inesistente.

Ci serve a qualcosa nella Cefalù dei nostri giorni conoscere questa storia e il vero significato del termine utopia? Penso proprio di sì. È proprio la Cefalù dei nostri giorni che a me e a un mio amico ha richiamato Tommaso Moro, della cui Utopia ricorrerà nel 2016 il cinquecentesimo anniversario.

La Cefalù dei nostri giorni è la Cefalù amministrata da Rosario Lapunzina, che nelle sue dichiarazioni ci parla sempre di una Cefalù felice, di Cefalù come luogo paradisiaco. È vero, Cefalù è questo luogo bellissimo e paradisiaco, ma non è un luogo felice. Per esserlo, secondo quanto scrive Tommaso Moro, esso dovrebbe essere amministrato secondo ben altri principi e secondo ben altre tensioni ideali di quelli che seguono l'attuale Sindaco e i suoi collaboratori.

Il Sindaco, quando dichiara, per esempio, nessun sindaco ha fatto mai meglio di me, non pecca soltanto di arroganza, ma crede di aver fatto di Cefalù un luogo felice e critica aspramente coloro che si ostinano a considerare che un luogo simile è un luogo inesistente, un'utopia.

Così facendo, egli finisce con l'autoingannarsi e con l'ingannare i suoi concittadini. Ritenendo le sue scelte amministrative non uno strumento per avvicinare il Paese all'utopia, quanto invece lo strumento per amministrare un Paese felice, egli dà per scontato che Cefalù sia tale. Ma Cefalù non è tale! Cefalù non è felice!

In poco più di tre anni di sua amministrazione Cefalù ha perduto quel poco di speranza, che le restava per il suo futuro. Credeva che le sue scelte di tattica di basso rilievo fossero adatte a ridargliela nella stessa misura di cui la sua storia e il suo territorio la rendevano meritevole, ma ha fallito. Lascerà Cefalù senza speranza; lascerà Cefalù come un non luogo. La lascerà come una nobildonna ridotta sul lastrico: sporca, macilenta e abbandonata.

E tutto questo perché? Per non aver letto o ben compreso l'Utopia di Tommaso Moro!