Le responsabilità del dissesto.

Ritratto di Angelo Sciortino

18 Dicembre 2015, 20:37 - Angelo Sciortino   [suoi interventi e commenti]

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Per opportuna conoscenza di coloro che insistono che la dichiarazione di dissesto è solamente un fatto contabile e non politico, vorrei ricordare alcune cosette. Mi rendo conto che la narrazione potrà essere noiosa, e me ne scuso con i lettori, ma bisogna vincere la noia, se non si vuol restare inconsapevoli vittime di coloro che farfugliano di disinformazione a proposito di coloro – e io sono tra di loro – che non vogliono assolvere questa Amministrazione per le sue obiettive responsabilità.

L’istituto del dissesto finanziario è stato introdotto per la prima volta nell’ordinamento giuridico italiano con l’articolo 25 del decreto-legge 2 marzo 1989, n. 66, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 aprile 1989, n. 144 e dall’articolo 21 del decreto-legge 18 gennaio 1993.

A quel che sembra, queste due modificazioni non furono sufficienti per impedire agli amministratori degli Enti Locali di comportarsi irresponsabilmente sotto il profilo contabile. Il legislatore, infatti, provvide ad apportare altre modifiche nel 1989, nel 1993, nel 1995, nel 1996, nel 1997 e nel 1998.

Tralascio le circolari ministeriali e alcune successive modificazioni di legge, perché poco significative. Già queste modificazioni così numerose sono una prova che il dissesto non ha soltanto una natura contabile, ma ne ha anche una politica, forse più importante della prima. Si pensi, per esempio, che inizialmente la normativa sul dissesto prevedeva un intervento eccezionale dello Stato, nel caso in cui gli enti non potessero far fronte ai debiti con l’autofinanziamento, ma chiedeva all’ente locale di contribuire al risanamento attraverso l’adozione di provvedimenti del pari eccezionali. Lo Stato, infatti, consentiva all’ente dissestato di contrarre con la Cassa depositi e prestiti un mutuo per il finanziamento dell’indebitamento pregresso il cui onere era a totale carico dello Stato stesso. A tal fine era previsto l’utilizzo delle quote spettanti all’ente del fondo per lo sviluppo degli investimenti.

Dopo l’esperienza derivante dall’applicazione della normativa disciplinata dall’articolo 25 del decreto legge n. 66 del 1989, sono state riscontrate notevoli difficoltà nella gestione del risanamento presente e passato da parte dello stesso soggetto agente ovvero l’ente, più chiaramente i sindaci che si erano mostrati incapaci di amministrare. Anche perché la gestione del pregresso inevitabilmente andava a influire negativamente sulla gestione ordinaria.

Con il decreto legge 18 gennaio 1993, n. 8, si passa quindi a una netta separazione di compiti e competenze tra la gestione passata e quella corrente. In tal modo l’amministrazione locale deve esclusivamente occuparsi del bilancio risanato dal quale iniziare una nuova vita in modo da non ricadere nel disavanzo.

È prevista pure una rideterminazione della pianta organica dei dipendenti. Fatto, questo, importante per Cefalù nel momento in cui è messo in forse il lavoro dei precari. Infatti, contestualmente alla deliberazione dell’ipotesi di bilancio l’Ente locale deve deliberare la rideterminazione della pianta organica qualora sia numericamente superiore alle unità spettanti sulla base del rapporto dipendenti/popolazione della fascia demografica di appartenenza, secondo quanto previsto dall’art. 119 D.Lgs. 77/95. L’importanza di questo adempimento discende dalla necessità di rendere effettivo il riequilibrio dell’ipotesi di bilancio, che si fonda su di un equilibrato rapporto delle diverse categorie economiche della spesa.

Gli organi di liquidazione hanno dovuto, comunque, affrontare una serie di problemi di grande rilevanza, che hanno reso difficoltosa una rapida chiusura delle operazioni di liquidazione e pagamento, anche alla luce della nuova norma. Si è pertanto giunti da ultimo a nuove rivisitazioni delle disposizioni, dapprima di non eccessivo rilievo, con il decreto legislativo n. 77 del 1995, e successivamente di maggior portata, con il decreto legislativo n. 336 del 1996, che ha appunto modificato il primo.

Continuare sarebbe noioso per il lettore, come lo è stato per me studiare tutta la normativa, spinto dalle parole al vento di questi ultimi giorni. Tento di concludere, perciò. Attualmente la normativa sul dissesto finanziario è stata trasfusa nel titolo VIII della parte II dell’Ordinamento finanziario e contabile del Testo Unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali, emanato con decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267.

Per quanto riguarda la procedura semplificata, applicabile al nostro Comune, preciso che è tra le novità più importanti rilevabili dal Testo Unico, che all’articolo 258 prevede un istituto che possiamo considerare analogo a quello del concordato preventivo, in quanto dà la possibilità all’organo straordinario di liquidazione (i Commissari) di definire transattivamente le pretese creditorie, offrendo in pagamento una somma variabile tra il 40 ed il 60 per cento dell’intero debito. La procedura si articola nel seguente modo. L’organo straordinario della liquidazione, valutato l’importo complessivo di tutti i debiti censiti, può proporre all’ente locale dissestato l’adozione della modalità semplificata di liquidazione. L'ente, nel caso di accettazione, è tenuto a mettere a disposizione della liquidazione le risorse necessarie a garantire il pagamento delle transazioni nella percentuale consentita dalla norma. A tal fine, propone individualmente ai creditori, compresi quelli che vantano crediti privilegiati, fatta eccezione per i debiti relativi alle retribuzioni per prestazioni di lavoro subordinato, che sono liquidate per intero, la transazione da accettare, entro un termine prefissato. Ricevuta l’accettazione, provvede al pagamento nei trenta giorni successivi, decorrenti dalla conoscenza dell’accettazione, accantonando l’importo del 50 per cento dei debiti per i quali non sia stata accettata la transazione. Detto accantonamento è elevato al 100 per cento per i debiti assistiti da privilegio.

Dette queste cose e ricordando quanto scrissi al momento del decreto e dopo della la legge “salva comuni” n. 213/2012 (http://www.qualecefalu.it/node/1178; http://www.qualecefalu.it/node/9205; http://www.qualecefalu.it/node/16106 e, infine, http://www.qualecefalu.it/node/16491), non credo che questo vergognoso dissesto sia soltanto un atto dovuto ai principi di contabilità, ma anche e soprattutto un atto politico, se la politica ha il senso del dovere, le competenze o il buon senso di procurarsi i consigli di chi è competente. Le dichiarazioni di questi giorni non mi dimostrano, purtroppo, che essa ha la competenza o il buon senso di riconoscerla per ben amministrare.

Forse non hanno saputo amministrare i politici di ieri, ma quelli di oggi...!

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