Il malato agonizzante e mal curato.

Ritratto di Angelo Sciortino

29 Maggio 2016, 14:20 - Angelo Sciortino   [suoi interventi e commenti]

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Sofferente per i dolori lancinanti, con le ferite causate dal prolungato decubito, mal curato con placebo – quando gli va bene – o con medicine sbagliate – quando gli va male – il povero malato giace da ben quattro anni nel suo lettino d'ospedale. Inutilmente si lamenta e chiede di essere aiutato, perché i suoi medici non l'ascoltano e gli impongono di tacere. Essi e solo essi sanno come curarlo. Se le loro cure non hanno ancora raggiunto risultati soddisfacenti, la colpa non è delle cure sbagliate, ma di chi in passato l'ha infettato con virus e batteri resistenti a ogni cura.

Pochi visitatori vanno a visitarlo e ogni volta se ne tornano con la tristezza di averlo visto in quello stato di agonia. Per fortuna il suo cuore forte resiste e la sua mente si ostina a tenere viva la sua speranza, che traspare dai suoi occhi, diffondendo attorno a lui serenità.

Questo, nonostante gli infermieri temano d'infettarlo ulteriormente, pulendolo con l'acqua a loro disposizione, perché nulla esclude che anche dopo bollitura siano sopravvissuti batteri, che attraverso le piaghe penetrino in tutto il corpo, indebolendolo ancora di più.

Sono già trascorsi quattro anni dal suo ricovero e il suo stato di salute è peggiorato ogni giorno. Pensa, il povero malato, ai giorni in cui passava le sue estati al mare; alle serate in riva al mare a cenare con i suoi amici e con la sua ragazza. Nessuno, per non fargli male, gli dice che quel mare e la sua spiaggia non sono più quelli che conobbe: non ci sono più i tavoli, ai quali sedette con i suoi amici per mangiare una pizza, né la spiaggia viene più abbracciata dal mare pulito, che conobbe; gli stessi larghi marciapiedi, sui quali passeggiava e dove scorrazzavano i bambini, sono ora ricoperti di cianfrusaglie, che la fanno da padroni. Non lo sa, il poveretto, come non sa che tutto ciò lo hanno voluto o permesso i suoi medici. Se lo sapesse, non credo che il suo cuore continuerebbe a battere!

Non lo sospetta neppure, perché essi gli raccontano che presto, quando sarà guarito, ritroverà tutto migliore di un tempo. A riprova gli fanno vedere attestati UNESCO, ACEB e video di sfilate. Si ripropongono di mostrare presto i filmati di regate veliche, che già hanno provato la loro importanza per curare le sue malattie.

Perché il malato non guarisce? Perché le sue ghiandole e i suoi neuroni insistono nel considerare le loro cure non soltanto palliativi, ma persino veleni? Perché questi medici improvvisati non prendono atto della loro incapacità di curare il malato? Perché non hanno pietà di lui e lasciano subito l'ospedale, per affidarlo ad altri medici più capaci? Aspettano forse che muoia?

Che fare, se non difendere questo povero malato, questo Paese affidato a chi assiste alla sua agonia con freddezza e auto assolvendosi?