Una proposta per Cefalù

Ritratto di Angelo Sciortino

19 Luglio 2016, 05:50 - Angelo Sciortino   [suoi interventi e commenti]

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Agli amici del Movimento Autonomia e Libertà, che hanno intenzione di dibattere al loro interno dei problemi relativi allo sviluppo urbanistico di Cefalù e alla tutela del suo territorio, vorrei ricordare che territorio è tante cose insieme. È centri urbanizzati e costruiti; strade e piazze per fare incontrare gli uomini; è anche natura e paesaggio. Per cui, se si vuole dare al dibattito una sua dignità culturale, non bisogna dimenticare che anche in Natura, anche per il Paesaggio, non c’è libertà senza limiti, quindi senza diritti, facoltà, doveri, divieti, cioè senza Diritto.

Ci si ricordi innanzitutto dell'articolo 9 della Costituzione e da esso si prendano le mosse: La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica. Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione. I Padri Costituenti non se lo inventarono per un sogno improvviso. Esso nasceva da una lunga riflessione della cultura italiana del '900, avviatasi con la proposta di legge di Benedetto Croce, ministro della Cultura nel Governo Nitti nel 1920, e poi proseguita con le due leggi Bottai nel 1939.

L'articolo 9 della Costituzione, quindi, ha radici profonde nella nostra cultura. Oggi, però, con la marmaglia che abbiamo al Potere, del resto meritatissima dalla gente qualunque che si vede in giro (dai bar alla tv), del paesaggio nessuno sembra più interessarsi. Ma per farsi perdonare questo stupendo colpo d’ala dei Padri Costituenti (tra i quali c’era gente come Croce ed Einaudi), quei cafoni sottoculturali dei cittadini italiani, mai contrastati, anzi incoraggiati dai politicanti, dagli anni '50 a oggi hanno cercato in tutti i modi di ignorare, alterare, violentare e distruggere lo stupendo Paesaggio italiano, come anche l’arte, la cultura, il patrimonio storico, la scienza. Cefalù poteva avere un destino diverso? Anche il suo territorio e la sua natura sono stati alterati, violentati e distrutti.

Un ravvedimento sembra venire dalla e nella Magistratura. Infatti, nella motivazione della sentenza n.2222 del giugno 2014 del Consiglio di Stato, il più alto organo di giurisdizione amministrativa, scolpisce dei concetti giuridici fondamentali, tra cui spicca la “prevalenza giuridica assoluta della tutela del Paesaggio e i “piani paesaggistici” generali, su tutte le norme particolari o locali, compresi i piani urbanistici e i particolari piani di sviluppo economico, “urbanizzazioni” o “valorizzazioni”, emanati da Stato, Regioni e Comuni, e i piani urbanistici operativi dei Comuni e perfino degli Enti di gestione delle Aree protette.

Anche la Corte Costituzionale aveva già preso in considerazione motivazioni simili in alcune sue sentenze: quelle del 5 maggio 2006, nn. 182, 183, nelle quali si afferma la tutela del “paesaggio” tra le disposizioni fondamentali. Il concetto “non va però limitato al significato meramente estetico di “bellezza naturale”, ma deve essere considerato come bene “primario” ed “assoluto”; l'altra del 7 novembre 1994, n. 379.

Vorrei, insomma, che almeno voi vi ricordaste di quanto affermò Benedetto Croce, quale Ministro della Pubblica Istruzione, nella relazione di presentazione della prima legge del 1920 in materia: “… il paesaggio altro non è che la rappresentazione materiale e visibile della Patria…”.

Gli altri, gli Amministratori comunali, regionali e nazionali, hanno un'idea cafonesca del paesaggio e credono che soltanto violentandolo e distruggendolo può aversi sviluppo. Noi, invece, crediamo esattamente il contrario: soltanto rispettando il paesaggio potrà aversi sviluppo; noi, se un male dobbiamo avere, preferiamo la sindrome di Stendhal, la crisi che lo scrittore provò di fronte alle bellezze italiane. Oppure, le commozioni del saggio Goethe di fronte al più bel promontorio del mondo.

Queste riflessioni mi sono state suggerite dalla rilettura del libro di Alain Roger Breve trattato sul paesaggio, pubblicato dalla Casa Editrice Sellerio. Rilettura, che mi ha spinto a cercare il discorso di Croce al Senato per presentare il suo disegno di legge. Non mi azzardo a consigliare la lettura del libro, ma allego la presentazione, che se ne fece all'Università Ca' Foscari di Venezia. Allego pure il testo del discorso di Benedetto Croce. Entrambi si sviluppano su appena ventuno pagine complessive. Spero che qualcuno li legga, perché lo meritano sicuramente più del mio intervento e molto di più delle chiacchiere dei moderni ecologisti.

Croce-Ca_Foscari1.pdf

Discorso di Benedetto Croce.pdf