Ospedale, territorio e scaricabarile

Ritratto di Angelo Sciortino

10 Settembre 2016, 13:56 - Angelo Sciortino   [suoi interventi e commenti]

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La lotta contro la distruzione del suolo italiano sarà dura e lunga, forse secolare. Ma è il massimo compito d’oggi, se si vuole salvare il suolo in cui vivono gli italiani. La direzione generale delle foreste dovrebbe chiamarsi direzione generale della conservazione del suolo e delle foreste. L’arricchimento del nome non dovrebbe importare sdoppiamento, sinonimo di rivalità e di lotte di competenze. Significherebbe soltanto che lo Stato tutela e ricostruisce la foresta per lo scopo supremo di salvare la terra italiana. Significherebbe che lo Stato intende vegliare affinché, dopo secoli di distruzione, si salvi quel poco che resta delle foreste e del suolo delle Alpi e degli Appennini e si ricostruisca parte di quel che fu distrutto.”

Sono le parole di Luigi Einaudi, contenute in una lettera ad Alcide De Gasperi e riportate nel libro dello stesso Einaudi Lo scrittoio del Presidente. Esse furono scritte nel 1951 e a soli 55 anni anni sono state dimenticate! Sono state dimenticate, perché sono venuti meno l'intelligenza per capire il grande valore del territorio, l'amore per esso, l'impegno morale per difenderlo. Oggi non ci sono più politici della dirittura morale e della preparazione di un Einaudi e di un De Gasperi, ma i Renzi e i Mattarella.

Mutatis mutandis, non c'è più il sindaco Giardina, ma il sindaco Lapunzina.

Com'è stato possibile questo decadimento? Semplicemente perché c'è stato un decadimento degli Italiani. Quelli di ieri avevano il gusto di ricostruire e di costruire, la forza di lottare e la speranza di riuscire a costruire il loro futuro; quelli di oggi, invece, si sono adagiati alla questua e per essa sono disposti a far crescere uno statalismo dispotico, che dà alla loro vita la poco dignitosa precarietà, togliendo libertà e forza. I primi mai avrebbero scelto uno solo degli attuali politici; i secondi, i cittadini di oggi, mai riconoscerebbero la correttezza delle opinioni e delle idee dei politici di ieri.

Insomma, ieri era necessario spendere parole per difendere un dono della natura – il territorio – oggi i cittadini sono costretti a difendere ciò che hanno pagato con i loro sacrifici: i loro ospedali.

Cefalù è un esempio illustre di questo decadimento. Il territorio non si difende, ma si concedono varianti al PRG laddove è persino insicuro costruire, a Sant'Oliva; per l'ospedale si stanno vivendo momenti d'ansia, persino dove in questo momento stanno spendendosi soldi dei contribuenti per il miglioramento strutturale di reparti destinati alla chiusura!

Personalmente dovrei sentirmi a posto con la mia coscienza, perché quanto sta accadendo lo avevo anticipato già tre anni fa, scongiurando chi ne aveva il potere d'intervenire. Avevo pure denunziato i pericoli del motto non conforme ma compatibile, che fa da ritornello alle decisioni sul territorio, come se gli amministratori suonassero la lira di Nerone, mentre Cefalù brucia e muore. Invece, non mi sento a posto. Sono ansioso per quel che si sta preparando per i giovani, che purtroppo trovo ottusi di fronte ai danni preparati per loro; mi sveglio la notte al pensiero del malato di tumore, che deve recarsi a Bagheria o a Palermo per la chemioterapia o la radioterapia; mi monta la rabbia al pensiero di tutto ciò che a Cefalù non c'è più (salto l'elenco, per non torturarmi).

Non posso accettare le dichiarazioni di un Assessore regionale della Sanità o di un Sindaco, soprattutto quando essi scaricano le colpe sulla legge, dimenticando la lezione dei Latini: summum ius summa iniuria, perché proprio in nome di questo diritto scritto o seguito sono stati uccisi due degli uomini più giusti della storia umana: Socrate e Gesù.

In nome di questo summum ius non uccideranno forse uomini altrettanto giusti, ma sicuramente e purtroppo ne uccideranno, facendo bere la cicuta della mancata cura ospedaliera o condannando alla croce del dissesto idrogeologico.