Gli aculei dei cefalutani

Ritratto di Angelo Sciortino

20 Settembre 2016, 12:31 - Angelo Sciortino   [suoi interventi e commenti]

Versione stampabileInvia per email

 

Così Schopenhauer nei suoi Parerga e paralipomeni: “Alcuni porcospini, in una fredda giornata d'inverno, si strinsero vicini, vicini, per proteggersi, col calore reciproco, dal rimanere assiderati. Ben presto, però, sentirono le spine reciproche; il dolore li costrinse ad allontanarsi di nuovo l'uno dall'altro. Quando poi il bisogno di riscaldarsi li portò nuovamente a stare insieme, si ripeté quell'altro malanno; di modo che venivano sballottati avanti e indietro fra due mali. finché non ebbero trovato una moderata distanza reciproca, che rappresentava per loro la migliore posizione.

Così il bisogno di società, che scaturisce dal vuoto e dalla monotonia della propria interiorità, spinge gli uomini l'uno verso l'altro; le loro molteplici repellenti qualità e i loro difetti insopportabili, però, li respingono di nuovo l'uno lontano dall'altro. La distanza media, che essi riescono finalmente a trovare e grazie alla quale è possibile una coesistenza, si trova nella cortesia e nelle buone maniere.

A colui che non mantiene quella distanza, si dice in Inghilterra: keep your distance (mantieni la distanza)! − Con essa il bisogno del calore reciproco è soddisfatto in modo incompleto, in compenso però non si soffre delle spine altrui. − Colui, però, che possiede molto calore interno preferisce rinunciare alla società, per non dare né ricevere sensazioni sgradevoli.

Schopenhauer era un misantropo, non amava, cioè, gli uomini. Amava però gli animali, che spesso l'amore lo meritano più degli uomini. Nel caso di questa parabola non gli si può dare torto. Gli uomini si comportano come i porcospini: collaborano finché non vengono colpiti dal comportamento dei propri simili. A meno che non abbiano “cortesia e buone maniere”.

Che cosa c'entrano questa parabola e Schopenhauer con Cefalù? C'entrano più di quanto i lettori possano immaginare. È fuori dubbio, infatti, che anche a Cefalù sia sentito “il bisogno di società”, non soltanto per vincere “il vuoto e la monotonia”, che affliggono ogni essere umano, ma anche per i vantaggi dovuti alla collaborazione. Accade, però, che a Cefalù sembrano prevalere gli aculei, per cui i cittadini si allontanano gli uni dagli altri, perdendo i vantaggi della collaborazione.

Quali saranno mai questi aculei, che allontanano i cittadini di Cefalù l'uno dall'altro? Essi sono stati presenti anche nel più o meno lontano passato, ma oggi sono più pungenti e quindi fanno più male.

Anche in passato certi aspetti del carattere cefalutano erano presenti: l'essere ciarlieri e pungere con la lingua gli altri – a lingua unn'avi uosso e rumpi l'uossa!; una predisposizione all'invidia per i successi del prossimo, che quando va bene si giustificano con la fortuna e quando va male con loschi accordi; un eccesso di autoreferenzialità, che porta a ritenersi depositari della verità; una gelosia esagerata per le proprie tradizioni, che vengono contrapposte a coloro che a Cefalù hanno trovato residenza già da decenni; il ritenersi depositari di una cultura plurisecolare, che però non si conosce né si fa qualcosa per conoscerla.

Questi sono aculei causa di grande dolore, per cui ognuno si allontana dall'altro per non provarlo. E così dopo mezzo secolo l'integrazione con tutti i madoniti residenti a Cefalù va a farsi benedire! Ma va a farsi benedire pure la collaborazione fra gli stessi cefalutani, specialmente con quelli che per cultura o spirito imprenditoriale si distinguono. Soltanto se emigrano o per fame o per trovare più rispetto per le loro capacità, troveranno simpatia presso quelli rimasti. Ne parlano bene, perché fuori hanno illustrato il nome di Cefalù, e di riflesso il loro, sebbene essi non abbiano riconosciuto il loro valore e favorito il loro affermarsi.

Il fatto in sé è grave, ma essi ne ritengono responsabile l'Amministrazione e quindi si auto assolvono. Si auto assolvono e continuano a fare i bottegai, paurosi a diventare commercianti; in tanti svolgono attività di ristorazione soltanto con lo scopo di raccogliere come predatori i frutti della loro attività, insensibili alle richieste di un turismo degno di una città d'arte.

In questa situazione di dolore reciproco si toglie al turismo il vero motivo di esistenza: il sorriso! Ecco, Cefalù è una città che non sorride.