Federica e Valeria non vi demoralizzate

Ritratto di Salvatore Ilardo

13 Marzo 2017, 20:48 - Salvatore Ilardo   [suoi interventi e commenti]

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Alcune mie riflessioni, inviate ieri a Concita De Gregorio per la sua Rubrica su la "Repubblica.it"  Invece Concita - Il luogo delle vostre storie, in relazione alla lettera:
Qual è il tuo posto se hai trent’anni?
12 marzo 2017
(http://invececoncita.blogautore.repubblica.it/articoli/2017/03/12/qual-e-il-tuo-posto-sei-hai-trentanni/)

Valeria il giorno della laurea americana

Federica e Valeria non vi demoralizzate
13 marzo 2017
(http://invececoncita.blogautore.repubblica.it/lettere/2017/03/13/federica-e-valeria-non-vi-demoralizzate/)

 

Queste riflessioni ce le propone Salvatore Ilardo

Non ho la consuetudine di scrivere e o commentare lettere dei lettori. Oggi, domenica, mi è capitato di leggere le due lettere di Federica e Valeria, e come padre, nonché uomo di sinistra, sento di fare qualche riflessione.

Mi riferisco, in primis, alla lettera di Federica. Il suo status socio-economico - professionale e familiare - dovrebbe consentirle di sentirsi gratificata. Avere lei e il marito un impiego a tempo indeterminato è decisamente una condizione rassicurante che dovrebbe consentire loro di guardare al futuro con qualche tranquillità, in un periodo in cui i vouchers sono in gran parte prevalsi su altre forme contrattuali.

Certo, se si decide di stipulare un mutuo per l’acquisto di una casa, è indubbiamente  un passo importante ed impegnativo sul piano economico, anche se la politica della BCE dei Quantitative  Easing  ha consentito di mantenere molto bassi i tassi di interesse e quindi i relativi oneri del mutuo. Non pretendo che i genitori di Federica debbano aiutarla, come ho fatto io con mia figlia, che ha tre bambini, un lavoro, poco tempo per il menage familiare, e riesce comunque ad avere ogni tanto qualche opportunità di fare qualche viaggio.

La mia sensibilità mi porta invece a pensare a quella moltitudine di giovani, chiamati millenials o con l’acronimo Neet, senza lavoro, senza prospettive, costretti a stare con i genitori, sperando che essi vivano a lungo. Nei loro confronti mi sento decisamente a disagio.

Per quanto riguarda la lettera di Valeria, trovo un pochino eccessivo il suo commiserarsi. Nell’immaginario collettivo, trasferirsi negli Usa, dovrebbe consentire di andare incontro a delle chances con  notevoli opportunità di carriera, di valorizzazione delle proprie capacità professionali, di conseguenti riconoscimenti di meriti e status. Lo stesso nostro ex presidente del Consiglio  Renzi poche settimane fa è andato in California per andare a verificare de visu come una società supertecnologica avanzi e progredisca, con l’umiltà, magari,  di volerne copiare i sistemi, i metodi, le tecniche. Certo, anche negli Usa vi sono ampie aree di emarginazione, sulle quali ha avuto facile attecchimento la demagogia e il populismo del  candidato presidente Trump.

A Valeria, con le sue capacità professionali, la sua conoscenza delle lingue, piuttosto che restare in un Paese che la rattrista e non le ha consentito finora di valorizzare le sue capacità, mi sentirei di consigliarle di tornare in Italia, nel suo Paese, dove oltre agli affetti, immagino possa trovare anche delle opportunità di vedere riconosciuto ed apprezzato il suo merito. Non è nella mia natura lasciarmi andare a facili ed emotive generalizzazioni, come la sua affermazione che “da noi il merito non è riconosciuto”.

Salvatore Ilardo