L'esecuzione

Ritratto di Angelo Sciortino

5 Luglio 2013, 18:29 - Angelo Sciortino   [suoi interventi e commenti]

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Nessuno vuole prenderne atto, ma l'ora X è scattata già da tempo. Il condannato alla fucilazione è stato condotto nello spiazzo della prigione e messo con le spalle al muro, mentre il plotone d'esecuzione si è già schierato di fronte a lui.

L'ufficiale gli si è avvicinato e gli ha chiesto di esprimere l'ultimo desiderio. Forte di una pubblicità del passato, ha scelto di telefonare fino al consumo della ricarica prepagata, per cui dopo due ore si trova ancora in quella situazione, con gli auricolari agli orecchi e con il cellulare tenuto dalla sua mano destra davanti alla bocca. Parla già da due ore, tanto che gli uomini del plotone, stanchi e annoiati, si sono stravaccati a terra e aspettano che finisca la ricarica, perché che finisca la sua logorrea non se ne parla neppure.

L'ufficiale sbadiglia annoiato e poi, quando sono passate altre due ore, si addormenta insieme agli uomini del plotone. Il condannato continua imperterrito a parlare. Sa che le sue parole valgono più del suo respiro. Sa, anzi, che se cessasse di parlare, dovrebbe smettere di respirare, perché ve lo costringerebbe il plotone d'esecuzione.

Passano ancore due altre lunghe ore, quando tutti vengono svegliati da forti battiti al portone. Va ad aprire il soldato di guardia e lascia entrare alcuni uomini in strane divise. Sono i messaggeri del tribunale, che ha emesso la sentenza; di quello che l'ha confermata e di quello che ne ha ordinato l'esecuzione. Sono i messaggeri della Corte dei Conti, della Cassazione e della Prefettura. Si avvicinano all'ufficiale responsabile e in coro gli chiedono: “E allora?!

Siamo in attesa che finisca l'ultimo desiderio.” disse l'ufficiale.

Già ha parlato tanto, tra una sospensiva e l'altra. Adesso non può costringere tutti ad aspettare ancora. Toglietegli quel cellulare, tappategli la bocca ed eseguite la sentenza! March!”.

Commenti

una grande pena al cuore è il non essere riuscito - ancora oggi - a rispondermi ad una semplice domanda: "e poi?", relativa alla seguente questione:

Quando chi svolga un ruolo di responsabilità pubblica, mostri inadeguatezza, persino dolo, nello svolgimento della propria funzione, "fucilarlo" è la soluzione?

Sappiamo che chi, a qualsiasi titolo ma in buona fede, ritenga di voler svolgere un ruolo di "vitamina" presso la opinione pubblica, ha già pensato, almeno inizialmente, che nò!
Questi infatti avrà inizialmente considerato che, in fondo, quel soggetto è espressione di una comunità e che dunque le sintomatologie patologiche, da lui espresse nello svolgimento del ruolo, altro non sono anch'esse che espressione di quella comunità, dei suoi vizi e delle sue virtù.

Da questa considerazione avrà fatto certamente seguire la duplice determinazione ad intervenire "con responsabilità civica" sia nella formazione della "opinione pubblica", sia nella consapevolezza del Funzionario in questione, con critiche oneste e suggerimenti propositivi.
Per quanto riguarda la "opinione pubblica", o meglio il suo livello di consapevolezza e di cultura, quell'uomo avrò certo dato, in partenza, per scontato che è quella cosa da cui non ci si può aspettare sempre un risultato - pur a fronte delle più raffinate o appassionate "iniezioni"- nel corso di una sola vita; ma dal Funzionario sì, si sarà aspettato tempi di reazione, una qualità del dialogo, più alti, specie se con esso c'è stata una frequentazione lungo il percorso che quel ruolo lo ha portato infine ad assumere.

Si potrà quindi comprendere la delusione, anche la rabbia, di quell'uomo (ma di un qualsiasi altro uomo in buona fede mosso da virtù civica) a fronte invece di una inaspettata palese sordità e insofferenza, quando non proprio tradimento, da parte del Funzionario.

Mi domando, anche a fronte di questo:  anche quando chi svolga un ruolo di responsabilità pubblica, mostri inadeguatezza, persino dolo, nello svolgimento della propria funzione (pur sullo sfondo di una comunità pigra e sciatta, che evidentemente se lo merita), "fucilarlo" è la soluzione ...

... non sapendo a chi si apre la strada poi?

E doveroso avere fede in "quella" comunità che ne troverà un altro "meno-peggiore" (quando di "migliori" non se ne vedono), o, convinti piuttosto del contrario, gridare "muoia Sansone con tutti i Filistei"!

Ancor oggi non mi so rispondere se sia più giusto chiudere gli occhi "eseguendo la sentenza", fiduciosi in una società che ha però mostrato e mostra di non sapere invertire un sempre più rapido proprio processo di deterioramento, o togliere il dito dal grilletto, mordersi la lingua ed impegnarsi in altro o ad un livello di minore coinvolgimento personale, lasciando che le cose facciano il loro corso anche sensa di sè?

Permettimi di farti dare una risposta da Tucidide-Pericle: " Noi amiamo il bello, ma con misura; amiamo la cultura dello spirito, ma senza mollezza. Usiamo la ricchezza piú per l’opportunità che offre all’azione che per sciocco vanto di parola, e non il riconoscere la povertà è vergognoso tra noi, ma piú vergognoso non adoperarsi per fuggirla. Le medesime persone da noi si curano nello stesso tempo e dei loro interessi privati e delle questioni pubbliche: gli altri poi che si dedicano ad attività particolari sono perfetti conoscitori dei problemi politici; poiché il cittadino che di essi assolutamente non si curi siamo i soli a considerarlo non già uomo pacifico, ma addirittura un inutile."

L'anno è il 461 avanti Cristo e il luogo è Atene, la città che diede vita alla democrazia. Pochi anni dopo Socrate si pose le tue stesse domande e concluse che la democrazia, per funzionare, deve avere cittadini non supponenti e capaci di distinguere il bene dal male.

Nonostante siano trascorsi 25 secoli, la situazione non è cambiata di molto: ci sono sempre coloro che, per essere lasciati in pace, preferiscono essere inutili. Costoro amano la tirannia, ma noi non possiamo accettarla supinamente.

premesso che hanno per me significato diverso la critica o la denunzia e il “fucilare”, preciso che il problema di coscienza che ho posto non appartiene a quel cittadino così amoroso della propria pace  da accettare supinamente la tirannia, rendendosi così inutile (per la società); a quel cittadino che non si curi di distinguere tra il bene e il male tanto da non riconoscere la povertà (dello spirito, dell’animo, etc...); il problema appartiene piuttosto a quell’altro cittadino che, senza supponenza, si interroghi per meglio distinguere tra il bene e il male anche e soprattutto nel proprio agire.

Quando su un organismo sano, ma relativamente debole, sia attecchito un male di provenienza esterna, va da sè che “asportarlo-fucilarlo” è una buona soluzione. Ma, quando già l’organismo stesso sia pervaso da un oscuro male, limitarsi ad asportarne radicalmente i sintomi guarisce l’organismo, o il suo originario male ne produrrà altri di peggiori?

E’ quando non si riescono intravvedere, in tale buio, elementi oggettivi che aprano alla speranza di una autorigenerazione dell’organismo dalla propria malattia che nasce, per quest’altro cittadino, il problema che ho posto: “a che pro ”fucilarne” il sintomo?

La azione civica - se vogliamo: “d’amore” - non vi sono casi che la saggezza antica indirizzi, in casi così problematici, verso forme diverse, non meno impegnate ma meno “focalizzate”?

Che dirti? La "fucilazione", in questo caso, altro non è che l'azione della Legge, che liberamente ci siamo data. E' anche la sua sentenza a difesa di tutti. Possiamo tentare di cambiarla, se non la troviamo conforme alla nostra legge morale, ma finché c'è, le dobbiamo ubbidienza, noi e soprattutto coloro che sono nostri rappresentanti nelle Istituzioni.

spero che anche tu sarai però d'accordo sul fatto che non è nostro compito (di noi "opinionisti") sostituirci, in ogni caso, al "boia"!
Dimenticavo: complimenti per la tua inclinazione satirico-letteraria.