Discorso per la presentazione del libro di Matteo Collura

Ritratto di Rosario Lapunzina

14 Agosto 2013, 10:10 - Rosario Lapunzina   [suoi interventi e commenti]

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Discorso del Sindaco di Cefalù in occasione della presentazione del libro di Matteo Collura “Sicilia la fabbrica del mito”
Cefalù - Castello Bordonaro 13/08/2013


Gentile dott. Collura,
signori relatori
Gentile pubblico,
buona sera.  

Per  farsi un dio, credette Aleister Crowley di potersene impadronire e di serbarlo entro di sé, quest’angolo di Sicilia? Se così è stato, egli fece male i conti, perché la saggezza dei cefaludesi consiste proprio nel mettere tra di essi e le presunte divinità che di tanto in tanto si affacciano nel loro, come in ogni altro angolo del mondo, una distanza incolmabile: quella dovuta all’indifferenza. Negli abitanti di questa cittadina si coglie un disincanto che sfiora il cinismo. Ed è condensato, questo loro esibito distacco, nell’espressione < Dio solo è grande >, molto diffusa in Sicilia, ma che può dirsi propri di ogni atto dei cefaludesi.  < Dio solo è grande > ripetono da quando il grandioso volto di Cristo, così voluto dal primo re di Sicilia, si è insediato nel loro monumento più insigne”.
Ho voluto leggervi questo passo tratto dal capitolo del libro che narra di due vicende legate alla nostra città (il periodo di permanenza di Aleister Crowley negli anni Venti del Novecento e la nascita del Club Med, negli anni Cinquanta del secolo scorso) perché ritengo che mai uno scrittore abbia saputo sintetizzare così efficacemente la stupenda bellezza della nostra città e le qualità umane della gente che in essa vive.
Matteo Collura ha saputo cogliere l’essenza autentica e le implicazioni psicologiche e caratteriali che si creano tra un luogo e i suoi abitanti.
Come i figli portano nel proprio modo di essere, nel carattere, nella psicologia i tratti dei loro genitori, così i cefaludesi, autentici figli di questa meravigliosa terra, portano in sé, spesso a loro insaputa, dei tratti psicologici che derivano dal fatto di vivere in uno dei luoghi  – in cui come dice Matteo Collura – sin dall’antichità, gli occhi al cielo, gli uomini si convinsero di poter parlare con Dio.
E’ tramite questa lettura psicologica del carattere dei cefaludesi  che nel libro si spiegano due atteggiamenti contrastanti in rapporto a due episodi diversi della storia recente della nostra città.
Nel primo si spiega l’atteggiamento di chiusura dei cefaludesi dell’epoca nei confronti ‘dell’audace negromante’ inglese,  Aleister Crowley, e la voglia, da parte delle generazioni successive, di dimenticare la sua presenza nella nostra città.
Nel secondo si narra di quell’episodio della nostra storia recente attraverso il quale Cefalù si aprì al turismo internazionale e divenne meta turistica di primo piano: l’apertura, nel 1951, del Village magique.
In questo secondo caso, ci dice Matteo Collura, i cefaludesi, il cui riserbo a volte sfiora la brutalità, aprirono una crepa nel loro ‘carattere fermo e cementato’.
Questa apparente contraddizione la si spiega bene attraverso ciò che il maestro Collura ha sostenuto in altri scritti in cui mette in evidenza il suo amore per la nostra città.
“A Cefalù il mondo è di casa, perché è il mondo che passa da qui”. In questa frase c’è, a mio parere, la chiave interpretativa di oltre duemila anni di storia della nostra città e del carattere dei cefaludesi.
Cefalù è sempre stata una città aperta al mondo, una città in cui sono state presenti varie dominazioni che hanno lasciato tanto non solo nella storia e nelle testimonianze artistiche ma anche nel nostro modo di essere e di pensare. Cefalù è sempre stata una realtà in cui il mare più che linea di confine è stato linea di contatto tra popoli diversi. Cefalù è, però, anche una realtà in cui, attraverso le bellezze della natura e i segni lasciati dagli uomini, si avverte un forte senso del divino.
I Cefaludesi sono sempre stati accoglienti nei confronti di coloro che vogliono godere delle bellezze del luogo condividendole con loro, ma sono stati sempre pronti ad isolare chi pensa di potersene impadronire e serbarle dentro di sé, come probabilmente pensò di fare Crowley. Ecco spiegato l’apparente arcano di due comportamenti così diversi.
Se è vero che, come sostiene il nostro concittadino onorario, “E’ in luoghi come questo che un viaggiatore proveniente da altre e meno spettacolari realtà paesaggistiche avverte il divino, qualunque cosa questa parola possa significare”, allora penso che, a mio parere, è qui a Cefalù, e forse in pochi altri luoghi al mondo, che un uno scrittore proveniente da altre spettacolari realtà storiche e paesaggistiche (Agrigento), possa lasciarsi affascinare tanto da saper entrare in un rapporto così forte ed intenso con questo luogo da poter e saper mirabilmente descriverne ed interpretarne la straordinaria bellezza.

Grazie dottor Collura.