Centomila, mille, ottanta!

Ritratto di Angelo Sciortino

28 Settembre 2013, 13:54 - Angelo Sciortino   [suoi interventi e commenti]

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Sono centomila i processi pendenti presso la Corte di Cassazione italiana, mille quelli pendenti presso quella francese e soltanto ottanta quelli pendenti presso la Corte Suprema americana.

Sono dati che devono spingerci alla riflessione. Essi, infatti, sono un sintomo evidente della lentezza della Giustizia italiana e, di conseguenza, di quanto poco siano garantiti i diritti dei cittadini.

Il problema non dobbiamo ridurlo alla scarsa produttività dei magistrati. Qualche volta c'è, ma più spesso esso è dovuto a responsabilità dei cittadini, quando approfittano dei tre gradi di giudizio non tanto per avere ragione, quanto per ritardare il procedimento, magari fino alla prescrizione del reato e, quindi, fino alla possibilità di sottrarsi alla condanna.

C'è di più: a poter usufruire dei tre gradi di giudizio sono coloro che possono permettersi di sostenerne le spese, per cui si finisce con il riservare ingiustizia ai poveri e abuso ai ricchi.

Lo stesso non accade in Francia, dove, contrariamente a quanto non è possibile in Italia, le Corti d'Appello possono, se ce ne sono gli estremi, aumentare la pena di primo grado. Questo accorgimento rende più rari i ricorsi in appello, quando il condannato sa per certo di essere colpevole e che in appello potrebbe vedersi aumentata la pena, correndo il rischio che il tentativo di giungere alla prescrizione diventi causa di un ulteriore danno.

Questa prescrizione, tra l'altro, sarebbe più difficile da raggiungere, considerato che con tale sistema si alleggerirebbe il carico delle Corti d'Appello e della Cassazione, che potrebbero procedere più celermente al loro compito.

Tutto ciò vale sia per le cause civili, sia per quelle penali e sia per quelle amministrative. Il problema non è di difficile soluzione: basterebbe una norma, che permettesse alle Corti d'Appello di aumentare le pene comminate in primo grado. Proprio come avviene in Francia, ma anche in Gran Bretagna e ovunque nei Paesi civili e di sicura tradizione giuridica.

Continuando così, invece, si corre il rischio di uccidere la Giustizia e di creare malcontento presso i cittadini, i cui diritti finiscono con l'essere calpestati persino dalle fantasiose argomentazioni giuridiche di politicanti senza tensioni ideali e intellettuali; di politicanti improvvisati interpreti del diritto e delle sentenze.

Proprio come accade a Cefalù ormai da tempo. La Corte dei Conti controlla i bilanci del Comune e decreta il dissesto? Basta fare un ricorso e tutto si appiana: sparisce il dissesto e spariscono come per incanto i debiti! Il cittadino comune, quello che paga per gli errori dei suoi governanti, rimane frastornato dalle chiacchiere di improvvisati dottrinari e rinunzia a seguire la politica a ogni ordine e grado.

I privati impugnano ordinanze e delibere troppo spesso dettate da personali farneticazioni? Bene, se vincono, ci sarà sempre la possibilità dell'appello e se anche in appello vinceranno, saranno passati abbastanza anni per dimenticarsene alle elezioni successive, quando saranno chiamati a pagare per le sconfitte. Chi sembra non dover pagare è l'amministratore incompetente, che magari sarà rieletto in forza della memoria confusa e corta del cittadino.

Sarebbe ora che si prendesse coscienza delle piccole cose mancanti per una giustizia vera e che imparassimo a farne richiesta. Richiesta alla politica nazionale, ma anche a livello locale, dove sembra regnare sovrano il principio: io mi appello, tu paghi le spese!

Sarebbe ora che una norma stabilisse che le spese relative all'appello perso venissero pagate da quello o quegli amministratori, che l'hanno voluto.

Sarebbe ora che l'Italia la smettesse di essere la patria del diritto e la tomba della Giustizia!