C’era una volta “u vadduni Pietraruossa” (seconda parte)

Ritratto di Saro Di Paola

9 Dicembre 2013, 20:26 - Saro Di Paola   [suoi interventi e commenti]

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“U vadduni” nella sede naturale, che le acque piovane, nei secoli, gli avevano scavato, era, certamente, più corto del suo succedaneo che, deviato, manomesso ed “intubato” come nel secolo scorso è stato quello di Pietragrossa, è lungo, all’incirca, 1.000 metri.
A fronte di tale lunghezza sono, soltanto all’incirca 200, i metri lungo i quali il corso d’acqua è a cielo aperto.
In due tratti distinti.


Il primo tratto, corre al piede del muro in pietra che delimita, lato valle, le aree esterne della “Villa dei Melograni”,

tra lo sbocco del canale in pietra ubicato sotto l’edicola a Maria di Gibilmanna

e l’imbocco del tubo armco, nel quale, attraverso il pozzo di salto ubicato all’estremità, lato monte, del parcheggio pubblico di via Di Belgioioso, confluisce l’acqua piovana.

Tale primo tratto a cielo aperto è lungo, all’incirca 50 metri, ed è reso impenetrabile da una fittissima macchia di rovi ed arbusti di vario genere, sulla quale svettano, alti, alberi di grosso fusto tra cui una palma waschingtonia.

Il secondo tratto di canale a cielo aperto si sviluppa tra lo sbocco dell’armco che sottopassa la via Pietragrossa

e l’imbocco di quello che sottopassa il largo Belvedere,

Tale tratto è lungo all’incirca 150 metri ed è reso impenetrabile da un fittissimo canneto

Le foto che ho sin qui pubblicato non hanno bisogno di commento alcuno.
Sono eloquenti almeno quanto la foto che, insieme alle altre, ho scattato ieri alla caditoia stradale ubicata nel bivio per Gibilmanna, di fronte all’edicola a Maria

Sono foto che fanno cogliere con assoluta evidenza le condizioni di totale abbandono in cui versano i due tratti a vista di quello che era “u vadduni pietraruossa” e le opere idrauliche, che dovrebbero servire a convogliare in esso le acque piovane.
Negli uni e nelle altre nessuna opera di manutenzione e di pulizia è stata eseguita negli ultimi anni.

Eppure la manutenzione e la pulizia dei corsi d’acqua e delle opere connesse sono fondamentali per evitare o, quantomeno, per ridurre i danni in caso di piogge eccezionali.
Almeno così ci sentiamo ripetere dopo tutti i disastri che, purtroppo, nel Paese Italia registriamo con una frequenza di anno in anno più allarmante.


E se, le condizioni delle parti a vista delle opere di presidio idraulico del nostro territorio sono quelle che emergono dalle foto pubblicate, quali saranno quelle dei numerosissimi e lunghi tratti di tubi armco nei quali sono stati costretti quasi tutti “i vadduna” di Cefalù ?

Cercheremo di capirlo, o di intuirlo, nella terza parte.


(continua)

Saro Di Paola, 9 dicembre 2013

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Articolo correlato: C’era una volta “u vadduni Pietraruossa” (prima parte) - Saro Di Paola - 8 dicembre 2013 (https://www.qualecefalu.it/node/5688)