11 Gennaio 2015, 21:28 - Michele Cutaia [suoi interventi e commenti] |
La mostra di pittura a Capo d’Orlando, 1956
Con un caloroso benvenuto e un brindisi il Sindaco salutò, nella Sala Consiliare, gli artisti invitati presenti, per la II Mostra Nazionale “Vita e paesaggio di Capo d’Orlando”. Caotiche presentazioni e foto ricordo pubblicata a fine Agosto sull’“Unità”. Per me, ventenne, fu un evento straordinario. Ho subito familiarizzato con i giovani, Pignatelli, D’Agostino (Guido Giuffrè giunse qualche giorno dopo). Un giovane di talento che scrive anche di cose d’arte. Poi, man mano feci conoscenza con i “veterani”: Motti, Pizzinato, Sarra, Saro Mirabella, Migneco... Ci accompagnavano, con le auto, nelle zone paesistiche prescelte, a gruppi e gli autisti fecero più viaggi. Nella prima fase ci portarono in una suggestiva zona marina, San Gregorio.
Mentre ero intento a fare qualche schizzo, notai a qualche centinaio di metri da me un cinese che realizzava un paesaggio (almeno così pensai). Il suo volto era generosamente ombreggiato da un cappello, non a cono basso (secondo l’uso comune cinese) ma dall’altro tipo, a larghe falde, con la parte centrale tondeggiante, fatto con corteccia di bambù. Mi avvicinai incuriosito e m’accorsi che quel personaggio “cinese” non era, ma un pittore che, nella serata, al Comune, non ebbi modo, nella confusione, di conoscere. E quel cappello era un “souvenir” di un suo recente viaggio in Cina. L’artista, un uomo di mezza età, stava appunto, ritraendo un paesaggio con scogli sul mare, a guazzo di china. Mi colpì l'intensità variata e, a macchie, dell'inchiostro, con zone, piuttosto scure o chiare, secondo i riflessi della scogliera. Egli, quando mi avvicinai, senza gli arnesi di lavoro, pensando che fossi un occasionale ammiratore, azzardò una rapida frase: “Ti piace?” “Sì, molto” gli risposi, ma aggiungendo “non le sembra che quella zona è molto scura” indicandogli parte di uno scoglio e il suo riflesso. Non l’avessi mai detto! Andò su tutte furie, cominciò, alterato, ripetendo più volte “Ennò é, ennò è”! E proseguì sproloquiando delle frasi, farfugliate, credo, in dialetto veneto e, forse, ci scappò pure qualche bestemmia, che non compresi affatto. Calmatosi, mentre riprendeva il suo lavoro, tentai timidamente, e a disagio, una frase: “Non volevo offenderla, sono un novellino presuntuoso. Sto tentando anch’io di fare qualcosa, se mi riesce”. L’artista sorrise e, fissandomi, disse: “Ah, sei un pittore”! Si presentò: “Tono”, e, stringendomi la mano, molto rasserenato, aggiunse “Poi mi fai vedere”! Avevo fatto conoscenza, “vivacemente” con un “mostro” del bianco e nero e notevole incisore, Tono Zancanaro. Gli era stato assegnato, nel '52, per l’incisione, il 1° premio, alla Biennale di Venezia. A Tono piaceva il buon vino e non fece mai mistero di “alzare volentieri il gomito”.
I lavori che realizzai anch’io, furono pure a bianco e nero: un paesaggio con fichidindia (direi scolastico) e dei ritratti di un operaio “orlandino” in canottiera, a carboncino, credo, molto espressivo (ne feci più d’uno, suggestionato da certe figurazioni che Motti stava facendo vicino a me. E Motti vinse il 1° premio di pittura (meritatissimo) con un paesaggio carico di effetti plastici, ottenuti da dense pennellate, dava efficacemente pure di spatola. Erano un gruppo di case, come viste da un treno in corsa e sembravano mosse (furono mie sensazioni?) dal tremore di un terremoto. Pure premiati furono Migneco, Pizzinato, Zancanaro. Noi giovani abbiamo ricevuto “segnalazioni”. Giuseppe Motti aveva baffi e borse sotto gli occhi. Parlava pacato, nei modi lombardi, familiari, aveva spiccate doti umane e, a cuore, i problemi sociali. Il suo mondo prediletto erano i contadini del Po, del Polesine che spesso dipingeva sulle loro barche piatte, riflesse sul fiume pieno di luce. Sembrava che il cielo avesse una sede naturale in quelle acque fluenti. Motti mi ricordava, nell’aspetto, qualche personaggio spagnolo dipinto da Velasquez. Durante il mio soggiorno “orlandino”, feci, privatamente, il ritratto, a carboncino, ad un giovane di talento, tra gli animatori della manifestazione artistica, Basilio Reale, autore, allora, delle struggenti liriche dal titolo “Forse il mare”.
Un altro pittore siciliano, trapiantato a Roma, era Saro Mirabella, di grandi doti, artistiche ed umane, pure lui. Riecheggiava, nella sua pittura, la maniera guttusiana, ma con una vitalità tutta sua, fino a pervenire ad una sintesi, tragicamente espressionista. Il Mirabella, che fu pure presente alla rassegna, mi pregò, se potevo, di portare a Bagheria (a mostra conclusa) una pergamena, firmata da tutti gli artisti presenti al raduno di Capo d’Orlando, ad uno dei fratelli Ducato (famosi pittori di carretto). Questi aveva fornito al Mirabella, una pergamena decorata, con al centro, in alto, il profilo di un paladino. Anche Motti, saputo che sarei andato a Bagheria, mi chiese un favore, di portare i suoi saluti al poeta Ignazio Buttitta. Questi, durante la guerra, gli aveva salvato la vita. Esplicai il primo incarico incontrandomi con il Ducato, il quale, ringraziandomi, aggiunse che sarebbe partito per l’America. Dopo cercai il poeta Buttitta, ma ignorandone l’indirizzo, mi fu difficile trovarlo. A quei tempi si camminava molto a piedi e francamente mi stancai di cercare. Salii sul treno e ritornai a casa. Moltissimi anni dopo seppi che il Buttitta risiedeva ad Aspra (frazione di Bagheria) e mi capitò pure di incontrarlo ma avevo dimenticato del prezioso messaggio di Motti.
Tuttavia, quest’estate 2013, conobbi a Palermo, alla “Fondazione Ignazio Buttitta”, il figlio antropologo Antonino (presentava il libro di Matteo Collura “Sicilia la fabbrica del mito”), al quale trasmisi, finalmente, il breve messaggio affettivo di Motti al padre. Ma, nel frattempo, i due erano passati a miglior vita.
Palermo, 2013 Michele Cutaia
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Commenti
Giuseppe Maggiore -
"Ricordanze", evocatrici di una realtà che fu
"Ricordanze", evocatrici di una realtà che fu. Grazioso acquerello pregno dei colori della memoria. Una sceneggiatura in embrione. Credo, Michele, che, al di là della pittura, nella settima arte saresti stato un buon soggettista. Complimenti!!