"Ab imo pectore"

Ritratto di Giuseppe Maggiore

16 Maggio 2015, 17:01 - Giuseppe Maggiore   [suoi interventi e commenti]

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"AB  IMO  PECTORE"

(dal più profondo del cuore).

 

Al "Giardino", noto locale cefaludese immerso nella verde fioritura degli aranci dinanzi all'ampia distesa marina che lambisce il lungomare nella conca dagli antichi denominata "del Paradiso", si è ieri sera svolto un simposio letterario organizzato dall'Associazione "Camminando, Cultura e Turismo", supportato dai partner "Cefalù, Città degli Artisti" e " I.G.A.C.  S.p.A." e focalizzato su Margherita Neri Novi, feconda poetessa nostrana sulla quale e sulla cui opera ho recentemente tracciato, nel  mio intervento "Egloga" pubblicato su questo stesso blog, le linee generali che caratterizzano il suo magma estetico interiore che la porta all'arte attraverso la mediazione di un lirismo sofferto e profondamente sentito.

Fotografie di Giacomo Sapienza pubblicate su Cefalunews

L'incontro, svoltosi alla presenza di un nutrito e scelto pubblico, di vari esponenti della cultura e di autorità cittadine, è stato posto in essere per la presentazione dell'ultima fatica letteraria della nostra Margherita: una silloge di liriche, in puro vernacolo siciliano, che prende nome da una di esse, "Terra niura".

Una prima raccolta dall'appassionato e appassionante titolo "La me terra", com'é risaputo, ha visto la luce alcuni anni fa, riscuotendo un notevole successo.

Il riproporre qui, pertanto, un completo identikit culturale dell'autrice, mirato a ribadire ancora una volta la sua riconosciuta personalità e la sua valenza espressiva nell'odierno panorama artistico del comprensorio ed oltre, analisi già, per altro, da me altrove ampiamente dispiegata, rappresenterebbe un superfluo ripetermi, un'inutile analessi  o, per  usare delle frasi fatte, un voler "pestare l'acqua nel mortaio" o un voler "sfondare una porta aperta"; prassi che non è per niente nelle mie corde e che, quindi, non perseguo.

Ove qualcuno, quindi, abbia voglia od interesse di integrare le attuali notizie licenziate con quelle già precedentemente espresse, lo rimando alla mia citata "Egloga", (https://www.qualecefalu.it/node/16735) pubblicata lo scorso 11 Aprile su questo stesso blog, come già detto.

Qui mi limiterò, soltanto, alla possibile interpretazione di questa nuova silloge che ci ha visto raccolti nell'ambito della sua presentazione.

Alla luce di quest'ultima esperienza letteraria si evincono con chiarezza e si rafforzano i punti salienti della poetica dell'autrice: del suo palesarsi, della interdipendenza dei temi trattati, dei ricordi riesumati, delle considerazioni espresse su concetti, sentimenti, modi di essere e sensazioni, su l'uomo e la sua indole naturale, sulle apparenze e le loro multiformi sfaccettature, sulla stoltezza, sul relativismo della vita con i suoi momenti e le sue fasi, sullo svolgersi delle vicende, sulle speranze, sui desideri, sugli obiettivi ipotizzati, sulla determinazione indomita nell'eseguirli, sulla dimensione sociale, sull'aggressività, sui rapporti con gli altri, sulla donna, sull'amore, sul sentimento, sulle difficoltà, sui mali, sui dolori, sui vizi, sulle viltà, sulle condizioni economiche; il tutto amalgamato, considerato, espresso e filtrato attraverso lo sviscerato amore per la sua terra, per questa sua tribolata Sicilia, paese d'incanto e d'afflizione, di gioie e di ansie, di valori e d'egoismi, prezioso scrigno depositario  di secolari tradizioni, ma anche terra "niura", nera, dove il sofferto lavoro dei campi regola e scandisce una  realtà primordiale che evidenzia la pateticità di un messaggio doloroso.

La terra! Questa panacea di materia e d'intelletto, connubio atavico da cui proviene tutto, matrice primordiale; letterariamente: croce e delizia di ogni conquiso lirismo.

Il compianto scrittore, saggista e fine poeta, Prof. Steno Vazzana, sul quale nel 1994 ebbi l'incarico dalla Fondazione Culturale Mandralisca di girare uno special in occasione della consegna allo Stesso del premio "Arte, Scienza, Letteratura '94" (riconoscimento, allora fresco di giornata in quanto alla sua prima estemporanea edizione e che poi, purtroppo, non ebbe più seguito negli anni avvenire com'era in programma), Vazzana, dicevo, nell'economia del racconto cinematografico  espresse un concetto che credo stigmatizzi, in maniera concreta e lungimirante allo stesso tempo, la genesi della linfa poetica: "...il sentimento della bellezza percepito nella natura è l'anima della poesia..."

Così pronunziò.

La terra, quindi, questa emblematica "Alma Mater" che prelude ad ogni costruttivo e spirituale raggiungimento!

E ad essa si rifà la nostra Autrice, frequentemente, con encomiabile dedizione e perseveranza, nelle sue esternazioni poetiche, alla sua cultura, alle sue ataviche intramontabili tradizioni, al suo spirito di prorompente vitalità.

Cinquantacinque liriche, presentate in questo suo "Terra Niura", che compendiano una esperienza di donna, di figlia, di moglie, di madre e di artista; linfa primordiale che ha plasmato, corroborato e riempito d'arte l'intera sua esistenza.

Dall'alternarsi dei sentimenti espressi dall'Autrice, di cui sono permeati i componimenti raccolti, emerge manifestamente la sua rafforzata accettazione del quotidiano, il suo conclamato inimitabile stile, la sua acquisita maturità di giudizio, il suo consolidato impegno rivolto al sociale; qualità ineludibili, queste, che connotano un animo sensibile ed estroso, attento e partecipe alle piccole ed alle grandi cose che l'esistenza non manca di elargire.

Sono due i leitmotiv che infarciscono i temi trattati nel libro "Terra Niura": il melanconico ricordo di un vissuto felice nella casa paterna e nei luoghi della prima infanzia e della susseguente giovinezza, nella quale dimensione onirica la Neri si rifugia sovente, quasi ad erigere intorno a sé delle mura protettive che la tengano isolata dalle insidie di una realtà non sempre piacevole, ed il cosciente rammarico derivato dalla considerazione della vita stessa che, tuttavia, Lei affronta a viso aperto, conscia del proprio ruolo e temprata verso le possibili avversità che ne possano intralciare il fortunoso cammino.

E così, tanto per citare alcuni titoli motivandone gli assunti: "Terra niura" (già titolo esplicativo della raccolta), "Terra sicana", "Sicilia mia","Cunta Sicilia e canta", "Prufunnu sud", "Genti siciliana", radiografie ispirate da una terra bella come una donna seducente ma che pure assorbe in sé i caratteri oscuri da una millenaria realtà imprescindibile; "A simenza", riflessione  che analizza  un  disagio interiore; "Li coccia d'oru", ricordo dell'ambiente nativo e del faticoso lavoro proteso alla produzione del grano, primo vitale latte dell'umanità; "L'amuri niatu", prorompente nostalgìa del periodo più bello della verde età quando le stanze "risuonavano" del timbro dei dolci toni materni; "A nostra Lingua", inno mirifico all'idioma che fu pertinenza dei nostri padri; "E la vita va", melanconica constatazione del passare del tempo; "Scurri", considerazione dolce-amara di un vissuto sempre in progress; "E cantava", accorata rimembranza di un passato che fu, riproposto al presente con cocente tristezza; "Mi manchi, patri...", disperato ma contenuto richiamo alla figura paterna; "Me matri", accorato ricordo di un affetto perduto.

E poi, ancora, lirici afflati eterogenei: "Cuntami", "Dumani", "Lu ritrattu", "Li strati di la memoria", "Pirdunami, matri", "Liami", "Lu ciumi d'oru binidittu"; e gustosi quadretti d'ambiente, quali: "U lassitu du patri", " 'Na stidda 'npugnu"; o di carattere sociale "Lu piscaturi", "L'uspizziu", "U viaggiu di la spiranza""Li traggichi nuttati di lu sabatu", "A cicaredda", "Li vanniatura", "La mala chianca", "Lu malidittu pizzu"; o descrizioni di accadimenti, quali: "La 'nzinga", "La sagra di li mennuli 'nciuri"; o riflessioni di costume che connotano la condizione della donna vessata da codici di comportamento primordiali, retaggio di una cultura medievale: "Scialli niuri", "Fimmina", "Viulenza"; o, ancora, considerazioni amare sulle stagioni dell'uomo, "Li stagiuni di la vita" "Lu vecchiu", "A vecchiaia"; o invocazioni per una maggiore giustizia "Scinni di la cruci" o di ambientazione religiosa "Ti cercu, Signuri".

La Neri Novi in queste sue liriche ha toccato tutti i tasti della policromia del sentimento, ha sondato con estrema perspicacia le profondità dell'animo umano ed ha indagato su tutti i delicati anfratti del sentire; ha trattato ogni argomento con profonda partecipazione rivelandosi, come sempre, artista verace e liricamente dotata.

Assisi al tavolo oratorio, a supportare la poetessa, un ben assortito quorum di personaggi che con interventi ad hoc hanno connotato brillantemente la serata.

Intanto Salvatore Marsala, lungimirante presidente dell'Associazione "Camminando", nonché estroverso Editore che può vantare al suo attivo molteplici pubblicazioni di rilievo che hanno validamente connotato il settore culturale del nostro paese.

Il testo licenziato alle stampe, oltre che dell'apporto dello stesso Marsala nella qualità di coordinatore grafico editoriale, si è avvalso anche della proficua collaborazione di Salvatrice Alberti per il progetto grafico e per l'impaginazione, di Stefano Cusimano, Pino Lo Presti, Nunzio Turdo e dell'archivio Varzi per le foto, di Maria Rosaria Barranco per le pubbliche relazioni e di Domenica Ferraro per il pregevole disegno in copertina.

Hanno preso la parola per definire l'incontro:
il Prof. Vincenzo Garbo nella sua qualità di Assessore in rappresentanza del Comune di Cefalù. Garbo, oltre a palesare il proprio personale compiacimento per l'indizione del simposio, sottolineandone l'importanza ed auspicando l'opportunità di tali manifestazioni per la maggiore crescita culturale del nostro centro, ha portato il saluto e l'apprezzamento del Sindaco, Rosario Lapunzina, assente per i gravosi impegni inerenti alla sua alta carica;

l'esimio Dr. Antonio Osnato, magistrato emerito, poeta e saggista, che, col suo intervento, pacato e dotto, ha spaziato su una vasta realtà culturale pullulante di autori di calibro, fornendo una forbita dissertazione letteraria;

la Prof.ssa Nella Viglianti, Dirigente scolastica del liceo classico "Gregorio Ugdulena" di Termini Imerese, la quale, da quella valente cattedratica che è, ha reso una esauriente e pregnante analitica dissertazione, una vera e propria "lectio magistralis" (come qualcuno a buon diritto definì l'assunto) sul tema dell'idioma siciliano inteso più come vera e propria lingua che come linguaggio;

la Prof.ssa Giuseppina Seidita, Dirigente scolastica pure lei, nonché Past President Fidapa, spigliata e briosa oratrice dal coinvolgente costante sorriso, che ha anche delineato il ruolo della Fidapa, del quale organismo è parte integrante la nostra poetessa festeggiata stasera;

e il giornalista Mario Macaluso che ha elogiato l'Autrice per la profondità del sentimento di cui è permeata la sua opera.

Hanno anche preso la parola, brevemente, due funzionari del Monte dei Paschi di Siena, banca che ha contribuito alla pubblicazione del libro: il Dr. Majone ed il Dr. Lo Monaco

Gli interventi sono stati intramezzati dalla recita di alcune poesìe tratte dalla raccolta presentata, ad opera dei bravissimi e conosciutissimi attori Caterina Di Francesca e Vincenzo Giannone; e, fuori programma, da una estemporanea lirica scritta proprio per l'occasione dal conterraneo duttile poeta Franco Catalano, a sua volta autore dell'apprezzata silloge "Sicilia, terra mia".

Il tutto magistralmente presentato, moderato e diretto da Pino Simplicio, Insegnante e Dirigente scolastico anche lui, estroverso pigmalione della serata, proffertosi nella sua più smagliante forma affabulatoria.

Alla fine, la stessa poetessa, con evidente mal contenuta emozione, ha ringraziato gli intervenuti invitandoli all'apprestato buffet.

 

Cefalù 16 Maggio 2015                                                                                                                                               Giuseppe Maggiore