29 Settembre 2016, 17:27 - Angelo Sciortino [suoi interventi e commenti] |
Che Shakespeare fosse un siciliano di Messina è forse più di un'ipotesi. Riflettiamo su alcune circostanze.
La commedia Tanto rumore per nulla di William Shakespeare è ambientata interamente a Messina e i suoi personaggi sono tutti di Messina.
Certamente questo non basta per accettare come vera la teoria dell’origine messinese di Shakespeare avanzata nel 1950 dalla cattedra di storia del diritto italiano dell’Università di Palermo, dal professor Enrico Besta. Non basta, ma ci obbliga a fare ricerche. Non sarebbe cosa di poco conto scoprire che il grande Shakespeare non è inglese, ma italiano; anzi, siciliano! E non soltanto per la grandezza del Poeta, ma perché, se fosse vero, ci troveremmo di fronte a un primo caso di “cervello in fuga” da questa terra inospitale con gli intelligenti e con coloro che pensano.
Vediamo quindi di approfondire la questione.
Martino Juvara da Ispica (Ragusa) nel 2002, pubblicò un volume intitolato Shakespeare era italiano, in cui riprese le varie tesi esposte nel tempo, arricchendole con alcuni particolari inediti frutto di sue ricerche. In particolare avrebbe chiarito il mistero del nome italiano del Bardo, che era Michelangelo Florio, figlio di un medico palermitano, trasferitosi a Messina, e di una nobile siciliana, Guglielma Crollalanza, da cui la traduzione inglese di William Shakespeare, significando shake “scrollare” e speare “lancia”. La notizia fu una ghiottoneria per tutti gli organi di stampa non solo italiani. Lo stesso Times (8 aprile 2000, articolo di Richard Owen) uscì sulla vicenda con toni sorprendentemente accondiscendenti verso la tesi di Iuvara. Non che fosse la prima volta in cui s'è parlato delle origini siciliane di Shakespeare. Questa volta, però, era diverso, perché anche un giornale inglese mostrava di ammettere, sebbene a denti stretti, che le origini siciliane del loro Vate potevano essere vere. Per capire l'importanza, provate a immaginare come accoglieremmo la notizia che Dante non era italiano!
Comunque, diamo un'occhiata alla tesi di Juvara. Michelangelo Florio era nato a Messina il 23 aprile 1564. Subito si rivelò un bambino prodigio, dotato di grande genialità e appassionato della lettura. A 16 anni conseguì il Diploma del Gimnasium in latino, greco e storia. Giovanissimo, a conferma delle sue doti, scrisse una commedia in dialetto dal titolo “Tantu trafficu ppi nenti”. A causa delle credenze religiose del padre, Michelangelo (o Shakespeare, se preferite), non più al sicuro a causa dell’inquisizione, venne prima mandato in Valtellina e poi a Milano, Padova, Verona, Faenza e Venezia. Ebbe anche il tempo di tornare a Messina ma la sua permanenza nella città dello stretto durò poco.
A 21 anni Michelangelo iniziò il suo personale “giro del mondo”: soggiornò prima ad Atene, dove fu insegnante, poi in Danimarca, Austria, Francia e Spagna. Tornato ancora una volta in Italia, precisamente a Tresivio, s’innamorò di Giulietta ma la storia tra i due finì in tragedia con il rapimento, per cause religiose, e la successiva morte di quest’ultima. Sconvolto per la morte dell’amata, Michelangelo si trasferì a Venezia ma, dopo che anche il padre per le stesse ragioni fu trucidato, decise di mettersi in salvo trasferendosi a Londra. È qui che Michelangelo Florio, per non essere rintracciabile, cambia identità e diventa il famoso William Shakespeare.
Juvara, a riprova della sua tesi, riporta alcuni particolari. Primo, in Amleto si trovano molti proverbi pubblicati dal calvinista Michelangelo Florio nel volumetto intitolato “I secondi frutti”; secondo, più di un terzo (ben 15) dei suoi 37 drammi sono ambientati in Italia; terzo, la gran parte delle sue opere rivela una conoscenza diretta dei luoghi che ha visitato durante la sua giovinezza girovaga; quarto, nei registri della scuola secondaria di Stratford, la “Grammar School”, non compare il nome di nessun William Shakespeare; quinto, si sa che William Shakespeare frequentasse a Londra un Club In. In quel Club, però, non risulta registrato fra i soci, mentre, invece, vi risulta registrato Michelangelo Florio; sesto, è noto che la sciattezza della biografia di Shakespeare, raffrontata alla grande mole della sua opera teatrale, ha fatto negare a molti studiosi l’autenticità della sua esistenza, e ritenere essere egli il prestanome di personaggi più famosi; settimo, Shakespeare conosceva bene anche la storia romana e sapeva che Pompeo aveva soggiornato a Messina (36 a.C.). Nella Commedia “Antonio e Cleopatra", infatti, conoscendo questi fatti storici, parla della casa di Pompeo che è a Messina e proprio lì ambienta l'atto II scena I: “Messina. In casa di Pompeo. Entrano POMPEO, MENECRATE e MENAS, in assetto di guerra”; ottavo, In “Molto rumore per nulla”, commedia degli equivoci, sono riscontrabili modi di dire e doppi sensi propri della parlata messinese; inoltre emerge quel particolarissimo carattere del messinese che ama complicarsi l'esistenza proprio con gli equivoci; nono, in “Molto rumore per nulla” il comandante delle guardie Carruba, rivolto a Don Pedro principe d’Aragona, ad una sua domanda risponde con una sicilianissima espressione, presente solo nella parlata dei siciliani e che soltanto un siciliano poteva conoscere allora, soltanto oggi entrata nel linguaggio comune italiano: “Mìzzeca, eccellenza!” (Atto V scena I).
Queste e tante altre le argomentazioni di Juvara a sostegno della sua tesi.
Allego due articoli, uno de La Stampa e uno de La Sicilia, pubblicati nel 2000. Consiglio, però, la lettura del libro di Juvara, ricco di spunti e di riflessioni, oltre che da prove inconfutabili.
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