Uno scandalo presso la Curia Vescovile di Cefalù alla metà del settecento

Ritratto di Carlo La Calce

22 Ottobre 2018, 16:03 - Carlo La Calce   [suoi interventi e commenti]

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Uno scandalo presso la Curia Vescovile di Cefalù alla metà del settecento
Il caso del Canonico N. N.

 

Le cronache recenti impietosamente ci consegnano l’immagine di una Chiesa cattolica “deviata”, dilaniata da scandali, lotte intestine, rivalità, intrighi e complotti, un’ immagine cui si contrappone quella di una Chiesa sana, autenticamente ispirata all’insegnamento evangelico, costituita da religiosi  devoti e consapevoli,  quotidianamente impegnati senza clamori nella propria missione, animati da profondo spirito di servizio.

Tutti sappiamo che tali fenomeni deteriori, che hanno forte impatto sull’opinione pubblica e che confondono e preoccupano i fedeli, non costituiscono affatto una novità. Antiche sono infatti le loro origini e vasta è stata anche in passato la loro diffusione.

Ne è una prova lo scandalo avvenuto presso la Curia di Cefalù a metà del XVIII secolo, durante il Vescovato di Monsignor Domenico Valguarnera.

La fonte delle notizie è ancora una volta il Memoriale redatto dal Procuratore Michele Giordano, cui si è fatto riferimento in precedenti presentazioni.

Autore dello scandalo anche in questo caso una figura di spicco della gerarchia ecclesiastica, il Vicario Generale del Vescovo, che nel documento, per decenza, è citato sempre come il Canonico N. N. – che vuol dire innominato - dal momento che la gravità dei fatti che gli venivano ascritti impedivano all’autore del Memoriale di pronunciarne il nome.

Il Canonico N. N. - designato dal Valguarnera Vicario Generale nel 1741, dopo la morte di D. Paolo Orioles - intrattenendo per via del suo ruolo istituzionale stretti rapporti di collaborazione  con il Mastro Notaio della Mensa Vescovile, D. Filippo Vento, di quest’ultimo - dimentico dei doveri che l’abito talare imponeva - prese a frequentare e a corteggiare con insistenza la piacente fantesca la quale finì col rimanere incinta.

Quando Angela Fertitta - questo il nome della donna - non riuscì più a nascondere la sua gravidanza, confessò al Notaio il nome dell’autore del misfatto.

D. Filippo Vento, incredulo, in preda allo sconcerto e all’indignazione, non esitò a denunciare formalmente l’accaduto al Vescovo il quale istituì una “Congregazione” (commissione d’inchiesta la diremmo oggi) presieduta da Padre D. Giovanni Barone, di Palermo (di passaggio a Cefalù per le prediche quaresimali), con il compito di far luce sui deplorevoli fatti.

Oltre alla responsabilità della gravidanza della Fertitta, le indagini condussero ad attribuire al Canonico N. N. altre condotte scandalose che ne aggravarono la posizione, come l’avere fatto più volte pretestuosamente tradurre nelle carceri vescovili giovani donne al solo scopo di abusarne.

Il Prelato,  bollato dunque  come “uomo sensuale, effeminatissimo, lascivo e di scandalosa vita”, sulla base delle risultanze della “Congregazione”, fu da Monsignor Valguarnera rimosso immediatamente dalle sue funzioni di Vicario Generale (la carica fu temporaneamente affidata al P. Barone), allontanato dalla Diocesi e spedito a Palermo.

Se da un lato l’adozione di tali drastiche  misure sembrava aver messo a tacere lo scandalo, la vicenda ebbe tuttavia un incredibile seguito.

A distanza di pochi mesi infatti il Vescovo, sostenendo che le accuse nei confronti del Canonico N. N. erano state frutto di una perversa macchinazione e di una “diffamazione calunniosa”, richiamò a Cefalù l’Innominato, come Rettore del Seminario in un primo momento, per poi ricandidarlo come Vicario Generale, affermando di non aver trovato nell’intera diocesi alcun sacerdote all’altezza di quel ruolo.

Le deliberazioni del Valguarnera determinarono una spaccatura all’interno della curia e del clero e se da un lato il partito favorevole al Canonico N. N. faceva circolare un documento a sostegno della candidatura dello stesso, destinato al Vicerè, dall’altro lato il partito avverso si impegnava a redigere e sottoscrivere un “contro-memoriale” da cui si evincevano le nefandezze commesse dal Prelato.

Nei confronti della scandalosa, paventata reintegrazione del Canonico N. N. a Vicario Generale il malcontento serpeggiò anche tra la popolazione e le maestranze locali - secondo il Valguarnera  sobillate dalle famiglie Ortolani e Piraino (da sempre invise a Sua Eminenza) - inviarono una loro delegazione - tutti artigiani stimati e di indole pacifica  - per cercare, con il dovuto riguardo,  di far recedere il Vescovo dai suoi propositi.

Monsignor Valguarnera reagì con veemenza, informando immediatamente dell’accaduto l’autorità Viceregia e, configurando ad arte il pericolo di  una possibile imminente sedizione popolare, spinse il Vicerè ad inviare a Cefalù un Capitano con al seguito venti soldati, per catturare i cinque “Maestri facinorosi, temibili capipopolo”.

Sconfitte le opposizioni, nulla dunque più ostava che il Canonico N. N. venisse reintegrato nella sua carica di Vicario Generale.

 

Note

N. N. è l’abbreviazione dell’espressione latina nomen nescio (o anche nescio nomen) che si usa per indicare l’anonimato (come nel nostro caso) o la non completa identificazione di una persona.
In italiano la sigla viene svolta con l’ espressione Non Nominato.

Il  Canonico Non Nominato era in realtà D. Desiderio Sammarco, nato a Canicattì nel 1706 da famiglia socialmente in vista.
Dopo la parentesi cefaludese, fu Canonico e Arcidiacono della Cattedrale di Girgenti.
Cultore profondo delle discipline storiche e giuridiche, pubblicò un’importante opera sulla “regalia piena dei re di Sicilia”, divenendo anche consulente di diritto canonico presso la Regia Magna Curia di Palermo.
Grande appassionato di opere d’ arte, possedette una prestigiosa pinacoteca e, donando alla sua città natale il prezioso patrimonio librario che deteneva, creò una delle prime biblioteche pubbliche in Sicilia.
Morì a Canicattì nel 1793.

L’attributo “effeminatissimo” riferito al Sammarco è, a mio avviso, nel contesto specifico, da intendersi nel senso di “fortemente attratto dalle donne”.
Primi firmatari del documento a favore del Canonico N. N. furono  i Sacerdoti D. Domenico Naso e D. Gaetano Brucato.
Tra i firmatari del contro-memoriale vi furono i Sacerdoti D. Filippo Pecora, D. Calogero Garbo, D. Gaetano Li Volsi, D. Stefano Gioeni, D. Filippo Vento, D. Aloisio Geraci.
Nel partito dei contrari al Canonico N. N. si verificarono alcune defezioni, quali quelle di D. Antonino Zito e di D. Vincenzo Brucato, per paura delle possibili ritorsioni da parte del Vescovo.
Nessuna delle due  relazioni fu comunque mai inviata al Vicerè.
Della delegazione delle maestranze facevano parte: Mastro Domenico Azzarello, Mastro Giacomo Pernice l’Orologiaro, Mastro Antonino Geraci, Mastro, Carmelo Russo e Mastro Vincenzo Russo.
I “Maestri”  per ordine del Vicerè, “affunati e legati alle code dei cavalli”, furono tradotti nelle Carceri della Regia Vicaria di Palermo.
Riabilitati dalla sentenza di assoluzione del Tribunale della Regia  Gran Corte Criminale di Palermo, furono rimessi in libertà dopo il processo.