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7 Settembre 2019, 15:41 - Angelo Sciortino [suoi interventi e commenti] |


Sono anni, se non decenni, che la politica non fa nulla per la Giustizia, se non proclami e polemiche; anche l’ultima proposta del ministro Bonafede di nominare con sorteggio i membri del CSM sembrò dettata più che altro dal desiderio di proporre qualcosa di clamoroso: altro che nomine per competenza o capacità… soltanto “randomcrazia”.
Eppure ci sarebbe tanto che si potrebbe fare e per non essere sfidato da chi mi chiede proposte più che critiche, ne azzardo qualcuna.
a) separazione delle carriere: il pubblico ministero rappresenta l’accusa, gli interessi dello Stato (e quindi di tutti i cittadini), mentre il giudice è quello che giudica: è “super partes” tra le tesi della difesa e quelle dell’accusa. Cosa diremmo se giudice e avvocato difensore fossero colleghi e uscissero dalla stessa carriera? Non dimentichiamo che nella democratica Francia il pubblico ministero è addirittura alle dipendenze del ministro della giustizia;
b) introduzione di un (almeno parziale) principio di meritocrazia e non la visita psicologica proposta dall'ex ministro Bongiorno: avanza in carriera chi lavora meglio e di più: non è concepibile che un giudice pubblichi il dispositivo della sentenza dopo anni (è successo anche dopo tre anni) e continui a fare regolare carriera;
c) avanzamenti di carriera legati ai posti vacanti e non all’anzianità, quella degli avanzamenti legati all’anzianità di servizio e slegati dalle effettive necessità è una pratica tipica della burocrazia otto-novecentesca;
d) abolizione delle “porte girevoli” tra politica e magistratura: un politico una volta eletto non può più rientrare nella magistratura giudicante; inoltre un giudice (o un pubblico ministero, ovviamente) non può candidarsi in collegi in cui ha esercitato negli ultimi anni;
e) regolamentazione del sistema dell’arbitrato: un giudice (ad esempio) non può guadagnare dagli arbitrati più di quanto guadagna con il suo stipendio. Se un giudizio dura anni le ditte hanno convenienza a ricorrere all’arbitrato: hanno un giudizio in breve tempo e i giudici guadagnano cifre considerevoli;
f) responsabilità civile dei giudici: attualmente esiste ma è virtualmente inapplicata e i rimborsi sono a carico dello Stato. Perché medici e commercialisti debbono rispondere direttamente dei propri fatti (ovviamente per errori gravi o dolo) e non i giudici?
Forse sarebbero sufficienti solo alcuni di questi provvedimenti per avviare una riforma sempre più urgente per tutti noi. Il resto sono chiacchiere.
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