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1 Aprile 2023, 08:34 - Saro Di Paola [suoi interventi e commenti] |


Lussureggiava, brillante ed intenso, il verde delle foglie di acanto.
Sulla scarpata del piazzale della stazione.
Anno dopo anno, da dicembre a maggio.
Ad aprile, dai suoi cespi, si alzavano infiorescenze a racemo.
Spighe che svettavano alte sul verde.
“Snelle come serpi alate da un capitello”.
Ad aprile, nei racemi sbocciavano i fiori.
Pennellate di bianco, di rosa, di porpora coloravano il verde.
A maggio, la scarpata splendeva in bellezza.
A giugno, i fiori seccavano, le foglie appassivano, l’acanto finiva il suo ciclo.
L’acanto moriva, la scarpata cambiava colore.
Si tingeva di giallo, ocra e marrone.
A giugno, era il tempo di sfalciare il seccume.
I fiori sfalciati, generosi, sulla scarpata lasciavano i semi.
Li affidavano alle piogge d'autunno, che, puntuali, li fecondavano.
La scarpata si faceva, ogni anno, più ricca di cespi.
Era andata avanti così.
Di anno in anno, per decenni, da sempre.
Da un decennio, tutto è cambiato.
All'acanto non hanno, più, dato il tempo di vivere e di morire.
Da un decennio, l’acanto non muore e non si moltiplica più.
Da un decennio, non è più la falce a tagliarlo.
La zappa strappa alla terra i suoi cespi.
Sin da marzo, nel pieno del loro rigoglio.
E così, da un decennio, sulla scarpata, i cespi di acanto sono sempre più radi.
Sulla scarpata, di anno in anno, al loro posto sono sempre più le erbacce.
D’acanto è rimasta una chiazza, la zappa è già lì, a giorni, la strapperà alla scarpata.
Così, sulla scarpata, la sorte dell’acanto è segnata.
Qualche anno ancora e l’acanto, sulla scarpata, non ci sarà più.
Qualche anno ancora e sulla scarpata saranno erbacce, soltanto.
Che peccato!
Saro Di Paola, 1 aprile 2023
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