La leggenda dell'Inquisitore e Cristo

Ritratto di Angelo Sciortino

26 Febbraio 2018, 15:28 - Angelo Sciortino   [suoi interventi e commenti]

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Un giorno un medico, cugino di mia madre, scoprì che nella mia libreria di sedicenne c'erano libri dei Classici stranieri della Sansoni e fra questi le opere di Dostoevskij. “Attenta” disse a mia madre “potrebbe diventare pazzo, leggendoli già a questa età.” Non credo di essere diventato pazzo e sono felice di averli letti e di ricordami, proprio di Dostoevskij, la celebre “Leggenda del Grande Inquisitore” incastonata nella II parte, nel V libro, nel V capitolo di quel capolavoro che sono I fratelli Karamazov.

Lo scrittore russo completava queste pagine un paio di anni prima della sua morte: era il 1879, ed egli stesso confessava che questo era il “culmine” del romanzo. Cristo, nel carcere dell'Inquisizione della Siviglia del XVI secolo, è ininterrottamente contestato dal vecchio Inquisitore dal “volto scarno e dagli occhi infossati che mandano ancora una luce simile a una scintilla di fuoco”. E la prima e fondamentale domanda è: “Perché sei venuto a disturbarci? Lo sai anche tu che sei tornato a disturbarci”. E l'ultimo, violento monito sarà: “Vattene e non venire più- non venire mai- mai, mai!”.

Cristo tace sempre di fronte alla valanga di accuse dell'Inquisitore, che gli contesta di essere un pericolo per la quiete amorfa dell'umanità, alla quale ha portato la libertà, la coscienza, la responsabilità, alla quale ha insegnato il senso segreto del dolore e nel cui cuore ha deposto il seme dell'amore. Cristo, anzi, donerà la sua vita per questa folla che “oggi bacia i suoi piedi e domani si precipiterà ad attizzare il fuoco del rogo” ove incenerire una presenza così forte e scomoda.

Ecco, proprio oggi mi accorgo che l'umanità è sempre amorfa e non vuole la libertà, la coscienza e la responsabilità, né sopporta il dolore e neppure conosce il seme dell'amore. E questa umanità dovrebbe votare per il suo futuro? E questa umanità dovrebbe far cessare le guerre?

Aveva ragione Sallustio: “Soltanto pochi preferiscono la libertà. I più non cercano che buoni padroni.” E in democrazia vincono i più, purtroppo.

Commenti

Prescindendo dalle valutazioni su ciò che cercano i più e quello che è realmente desiderabile e veramente fruibile dai pochi, non posso che ringraziare per questa citazione di Dostoevskij. La lettura dell'800, i grandi romanzi di formazione usciti dalla penna di russi, francesi, italiani, tedeschi di quel secolo dovrebbero stare nelle biblioteche delle nuove generazioni per essere letti e riletti, non hanno neanche la più pallida idea di cosa si stanno perdendo o, peggio, precludendo per sempre.

Io per quello che ho potuto sono stato edificato da Mann, Tolstoi, Balzac, e tanti altri. Persino dall'opera di un positivista rigoroso come Zola, uno scrittore misconosciuto ai più che meriterebbe ben altra considerazione e valutazione.

Avessi tempo a disposizione tornerei a riprendere in mano anche I demoni per specchiarmi nuovamente in Stavrogin, senza per questo aver paura di gettare uno sguardo attento nelle mie zone d'ombra.

Intanto mi accontento di togliere un pò di polvere dalla mia copia dei Karamazov in edizione Einaudi.

Grazie ancora!

Soltanto adesso ho letto il suo commento e non posso esimermi dal risponderle. Intanto un grazie a lei per aver trovato interessante la mia riflessione e soprattutto per le sue ottime argomentazioni in favore del romanzo del secolo XIX.

Sono felice della sua volontà di "riaprire" i Fratelli Karamazo, che io ho riaperto decine di volte insieme a Tolstoj e a Goethe, per non dire dei tanti altri, ai quali siamo debitori quanto e talvolta più di quanto lo siamo con Eschilo o Platone. La mia felicità, soprattutto, sta nello scoprire che c'è ancora qualcuno che non guarda con diffidenza alla lettura, come purtroppo accade oggi in questa Italia.

Quindi, grazie a lei per quel barlume di fiducia sul futuro, che mi ha regalato!