25 Giugno 2015, 17:40 - Salvatore Culotta [suoi interventi e commenti] |
Vita e opere di Jacopo Lo Duca, “Cefalutano fuori le mura”
Per parlare di Jacopo Del Duca non c’è inizio migliore e illuminante di quanto detto dal prof. Steno Vazzana in una intervista del 1994, contenuta nel documentario “Una città, un uomo” di Giuseppe Maggiore:
D. – Del suo libro Cefalù fuori le mura è stato scritto “Una testimonianza d’amore che la cultura rende più consapevole”, ma i cefaludesi sono consapevoli della loro cultura, sono consapevoli del loro patrimonio?
R.- Non so se sono consapevoli, probabilmente poco. In effetti, certo, godono di vivere in mezzo a monumenti di questo tipo (il Duomo). Certo, li amano anche, ma la consapevolezza culturale è qualcosa di più profondo,che poi si realizza e si trasforma in un amore attivo.
Ci sono due Cefalù, come due Assisi, due Todi. Tutte le città antiche grandi o piccine hanno due personalità. L'una è negli uomini, l'altra nelle cose. La prima, sbiadita o marcata, è variabile nel tempo, subisce modifiche lente o repentine dalle circostanze, ma quasi sempre entro modesti limiti, perché essa tende alla propria conservazione caratteriologica, vive tenace e talora segreta nelle pieghe del temperamento e della mentalità, nelle quali agli estranei non è sempre lecito e possibile penetrare, costituisce insomma il substrato dell'ethos cittadino, che distingue una città nell'ambito del circondario o della regione. L'altra personalità, più aperta e praticamente senza limiti di spazio e di tempo, ha una fisionomia ben definita o storicamente o artisticamente o anche panoramicamente, una fisionomia in effetti senza possibilità di modifiche, per cui questa e questa sola finisce con essere la personalità universalmente riconosciuta, quella con la quale una città si iscrive, ben al di là della sua regione, nella grande anagrafe del mondo con diritto di cittadinanza universale.”
D.- Professor Vazzana ci spieghi meglio: “Cefalù fuori le mura” perché questo titolo? c’è una Cefalù che si è sviluppata all’interno delle mura, c’è una Cefalù che va fuori, che tende verso l’esterno, verso il resto del mondo
R.- Sì, ecco, dicendo Cefalù fuori le mura ho inteso parlare delle cose di Cefalù che sono patrimonio universale, di tutte le nazioni. Mentre esiste una Cefalù dentro le mura, quella che io chiamo Cefalù del corso, cioè la vita paesana, le compagnie, i luoghi di ritrovo. Ma qui io parlo, viceversa, delle cose che vanno al di là del limite di Cefalù. Quindi “Cefalù fuori le mura” significa quel che di Cefalù è patrimonio di tutto il mondo.”
E, riferendoci alle persone, si può dire che “Cefalutani fuori le mura” ne abbiamo pochi: uno, nella sua umile grandezza, è proprio Steno Vazzana, l’altro è Jacopo del Duca “Architettore del popolo romano”, come fu definito dal suo primo biografo G. Baglione e poi da E. Lavagnino in un saggio del 1930, ed anche lui è privo della boria esibita da tante mezze calzette , “io me vergogno a dire che sono qualche cosa, et sono niente et non so niente ma quel poco che sono tenuto, et la conoscenza chio in Roma, lho per avere stato lombra de Missere”. (e il Missere è Michelangelo Buonarroti)
S. Maria di Loreto - Roma
Leggi l'intero articolo al link: https://www.qualecefalu.it/node/17319
- Accedi o registrati per inserire commenti.
- letto 4914 volte
Commenti
Giuseppe Fazio -
Ringraziamenti e puntualizzazioni
La ringrazio per aver ricordato il mio lavoro, il quale non avrebbe potuto vedere la luce senza i decisivi ritrovamenti documentari di Nico Marino, con il quale diverse volte mi sono confrontato sull'argomento.
Vorrei rtornare per un attimo sulle mie deduzioni circa le opere cefalutane di Jacopo. Le opere d'arte ad uno storico dell'arte parlano al pari di un documento scritto, quindi le mie non sono soltanto opininoni personali, e quelle citate mi dicono questo:
1. La Madonna marmorea della cattedrale non può essere più ritenuta opera di Antonello Gagini nè della sua bottega, cade dunque anche la presunta collaborazione di Jacopo nello scannello (sull'argomento è di prossima pubblicazione un mio intervento);
2. Il portale della Trinità, soprattutto nel rilievo figurativo, è talmente rozzo da escludersi da solo come opera di Jacopo, il quale realizza un rilievo dello stesso soggetto nella basilica romana dell'Aracoeli, lontano anni luce da questo cefaludese;
3. Un tabernacolo in marmo e bronzo simile a quello progettato per Filippo II in cattedrale non è mai esistito, e questo lo dicono i documenti, si tratta come per le altre di tradizioni orali prive di riscontri.
Ribadisco che secondo me l'unica opera a Cefalù avvicinabile al linguaggio di Jacopo è il Crocifisso oggi nella sacrestia della cattedrale, ma proveniente da San Domenico.
Non dimentichiamo inoltre gli altri artisti della famiglia: il fratello Ludovico, anche più richiesto di Jacopo; il figlio Giovan Maria, probabilmente autore della Pietà di Gibilmanna; e Paolo, figlio di Ludovico, anche lui attivo nelle Madonie (Collesano, Isnello).
Grazie infine per tenere viva l'attenzione su questi argomenti.
Giuseppe Fazio
Salvatore Culotta -
Sono io che ringrazio tutti
Sono io che ringrazio tutti voi, storici dell’arte, per il vostro lavoro. Io certo non lo sono e, d’altra parte, il mio intervento aveva altro fine. Mi dispiace non aver potuto consultare e citare un altro libro, di C. Valenziano, in cui credo si sostenga l’attribuzione a J. Lo Duca delle suddette opere “cefalutane”; tale libro non ho potuto né acquistarlo né consultarlo. Stessa cosa per l’unico libro scritto da Lo Duca, “L’Arte dell’edificare” trascritto e commentato dalla Prof.sa F. Paolino e pubblicato dalla Società Messinese di Storia Patria, reperibile solo in alcune biblioteche ( esclusa la biblioteca Mandralisca). Vorrei ribadire che è su figure quali Jacopo Lo Duca che Cefalù dovrebbe costruire il suo futuro.
Giuseppe Fazio -
Se vuole il libro
Se vuole il libro di C. Valenziano glielo posso prestare io. Tenga conto però che si tratta di un testo del 1978 e da allora a oggi numerose novità sono venute fuori, come la pubblicazione dei documenti che descrivono il tabernacolo fatto realizzare da Francesco Gonzaga per la cattedrale, dai quali si evince senza ombra di dubbio che nulla ha a che fare con quello progettato da Jacopo e che in parte realizzerà invece a Messina. Buona parte di quelle argomentazoni derivano inoltre dal fatto che si credeva essere il nostro Jacopo quel Giacomo Lo Duca che nel 1604 viene sepolto presso la chiesa dell'Annunziata e che quindi egli avesse avuto rapporti con Cefalù negli ultimi anni della sua vita: oggi sappiamo che non è così. Non posso aiutarla per il libro della Paolino, ma so che diversi studiosi hanno messo in dubbio che quel trattato possa davvero attribuirsi a Jacopo: su questo non mi pronuncio perchè non sono storico dell'architettura. Sarebbe bello poter organizzare delle giornate di studio per dibattere su questi argomenti.
Salvatore Culotta -
Poter organizzare degli
Poter organizzare degli incontri di studio sarebbe una buona cosa. Possiamo, se vuole, parlarne , coinvolgendo possibilmente la Fondazione Mandralisca. Può mandarmi un'e-mail tramite "Quale Cefalù".
Angelo Sciortino -
Ci sono due Cefalù, come due Assisi, due Todi.
Questa riflessione del compianto Steno Vazzana spiega tante cose. Cefalù è quella degli uomini o quella delle cose? A me piacerebbe che fosse quella degli uomini, che conoscono le cose e che le amano e le rispettano. Temo, però, che questo mio resterà un pio desiderio. Con il tempo si è fatto in modo di creare un divorzio tra gli uomini e le loro cose. Tra la loro storia e il loro presente; tra le espressioni artistiche del passato e il loro quotidiano impoverimento culturale e materiale. Un popolo affamato di lavoro e disperato, non sarà mai un popolo preoccupato della conservazione delle cose. Sarà pronto a barattarle per un tozzo di pane, come gli insegna l'attuale Amministrazione, che mette in vendita persino la Rocca, pur di lucrarci.
Per fortuna c'è una Cefalù fuori le mura, che è patrimonio universale. Certamente esiste la speranza che da fuori, da coloro che conoscono la vera Cefalù, possa venire la salvezza delle cose. Noi, che non ne sappiamo più parlare con amore ai nostri figli e ai nostri nipoti, da soli non saremmo in grado di salvarle queste cose.
Non posso che concludere, caro Salvatore, che con le stesse parole di Giuseppe Fazio: grazie per tenere viva l'attenzione su questi argomenti.