26 Novembre 2016, 08:58 - Rosalba Gallà [suoi interventi e commenti] |
UN PO’ DI RIPASSO…
La Costituzione della Repubblica italiana, entrata in vigore il 1° gennaio 1948, è stata redatta dall’Assemblea Costituente, eletta a suffragio universale, il 2 giugno 1946, contemporaneamente allo svolgimento del Referendum che decretò la vittoria della repubblica sulla monarchia. L’assemblea fu eletta sulla base dei decreti luogotenenziali n. 151 de 25 giugno 1944 e n. 48 del 16 marzo 1946. In essa furono rappresentate tutte le forze politiche allora in campo: la Democrazia Cristiana ottenne circa il 35% dei voti, il PSIUP (Partito Socialista Italiano di Unità Proletaria) oltre il 20%, il PCI quasi il 19%: con un certo distacco si posizionarono l’Unione democratica nazionale, il Fronte dell’uomo qualunque, il PRI, il Blocco nazionale della libertà, il Partito d’Azione e ancora altre formazioni minori. Insomma, una bella “accozzaglia” che andava dai monarchici ai comunisti (per i dettagli, si può consultare l’Archivio storico delle elezioni del Ministero dell’interno).
L’Assemblea Costituente avviò i suoi lavori il 25 giugno 1946, con la previsione di redigere la Costituzione repubblicana in otto mesi, con la possibilità di una proroga di non oltre quattro mesi. In realtà i dodici mesi complessivi non furono sufficienti e si resero necessarie ulteriori proroghe, fino a quella del 31 dicembre 1947.
Al suo interno, l’Assemblea nominò una Commissione di 75 componenti, articolata, a sua volta, in tre sottocommissioni: Diritti e doveri dei cittadini, Organizzazione costituzionale dello stato, Rapporti economici e sociali. Un Comitato di 18 membri ebbe l’incarico di armonizzare i lavori delle tre sottocommissioni e di redigere il testo della Costituzione. La Commissione dei 75 concluse i lavori il 12 gennaio 1947 e il 4 marzo iniziò il dibattito in Aula: il testo della Costituzione fu approvato il 22 dicembre 1947 (con 453 voti favorevoli e 62 contrari) e il 27 dicembre venne pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale.
Il lavoro dei Padri e delle Madri della Costituzione (furono elette 21 donne e di queste cinque fecero parte della Commissione dei 75) fu sicuramente difficile: era necessario comporre culture e convinzioni politiche diverse e spesso opposte, senza dimenticare che l’ultima fase della seconda guerra mondiale era stata per gli italiani una guerra tra connazionali, tra coloro che continuavano a difendere il fascismo e coloro che lottavano per la liberazione dell’Italia, un contrasto non solo di idee, ma di lacrime e sangue. Eppure i Costituenti riuscirono a mettersi d’accordo, con tutto ciò che comportò in termini di mediazione, di rinuncia alla propria fede politica, di apertura agli altri, fino a raggiungere un risultato che, se non fu unanime, ebbe solo una piccola percentuale di contrari (corrispondente all’estrema destra). Bobbio ha affermato che la Costituzione è stata un vero e proprio compromesso storico, un buon compromesso, che solo nella sua completa attuazione realizza i valori di cui è portatrice.
La Costituzione è la Legge fondamentale dello Stato e proprio per questo deve essere la legge di tutti, condivisa, sentita come propria, non una carta piena di vuote parole, ma la regola del civismo di ogni cittadino, che ogni giorno deve renderla viva e deve vederla vivere negli altri, in un rispecchiamento continuo che è la base della convivenza organizzata.
Le leggi di revisione della Costituzione sono previste dalla stessa nell’art. 138 e nessuno si scandalizza di fronte alla possibilità di modificarla, ma questo deve essere fatto con assoluta prudenza e, soprattutto, con uno spirito volto ad unire e non a dividere: non si può spaccare una nazione sulla riforma di una Costituzione che è nata per riunire un popolo, con tutti i sacrifici che ciò ha comportato. La riforma costituzionale non deve diventare motivo di un conflitto politico che sembra dimenticare che il paese reale ha ben altri problemi. Nello stesso tempo, non è proprio il caso di amplificare il problema e pensare a incredibili scenari internazionali, come se il mondo dipendesse dalla modifica di diversi articoli della Costituzione italiana…
Non voglio “entrare nel merito” (è il tormentone del momento) pur avendo letto la proposta di riforma e pur avendo qualche idea in proposito: ma per il “merito” ci sono i costituzionalisti. Io mi permetto, sommessamente, di ricordare uno stralcio tratto dal Manifesto dei valori del Partito Democratico, approvato il 16 febbraio 2008, di cui evidenzio alcuni passaggi:
La Costituzione repubblicana, nata dalla Resistenza antifascista, è il documento fondamentale dal quale prendiamo le mosse. La Costituzione non è una semplice raccolta di norme: oggi non meno di ieri è la decisione fondamentale assunta dal popolo italiano sul come e sul perché vivere insieme. È il più importante fattore di unità nazionale e di integrazione sociale, proprio in quanto assicura il consenso della comunità sui princìpi della convivenza al suo interno e permette di dirimere i conflitti di opinioni e di interessi. Il Partito Democratico riconosce i valori che ispirano la Carta costituzionale, unitamente a quelli della Carta dei diritti umani fondamentali dell’Unione Europea e della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo delle Nazioni Unite, e li assume come princìpi validi per tutti, al di là delle disuguaglianze legate alla nascita, all’educazione, al reddito e alle condizioni individuali.
La sicurezza dei diritti e delle libertà di ognuno risiede nella stabilità della Costituzione, nella certezza che essa non è alla mercé della maggioranza del momento, e resta la fonte di legittimazione e di limitazione di tutti i poteri. Il Partito Democratico si impegna perciò a ristabilire la supremazia della Costituzione e a difenderne la stabilità, a metter fine alla stagione delle riforme costituzionali imposte a colpi di maggioranza, anche promuovendo le necessarie modifiche al procedimento di revisione costituzionale. La Costituzione può e deve essere aggiornata, nel solco dell’esperienza delle grandi democrazie europee, con riforme condivise, coerenti con i princìpi e i valori della Carta del 1948, confermati a larga maggioranza dal referendum del 2006.
Proprio perché sono pienamente convinta di ciò che è dichiarato nel Manifesto dei valori del PD (a cui è sempre andato il mio voto), allo stesso PD (o ad una sua parte) dico: Grazie, preferisco di NO!
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Commenti
Franco D'Anna -
SI o NO
Riflettete Uomini e Donne del PD, R I F L E T T E T E !