30 Agosto 2019, 21:27 - Angelo Sciortino [suoi interventi e commenti] |
Cerco di spiegare perché anche nuove elezioni difficilmente potranno cambiare in meglio il futuro dell'Italia. Dell'Italia e soprattutto della Sicilia e in piccolo di Cefalù. Non potranno, perché il nostro Paese da decenni ha mortificato l'istruzione scolastica e quindi la cultura.
L'accordo 5S e PD ha dato la stura a una lunga serie di critiche, quando non pure di proteste, che non ha avuto pari in Italia dall'immediato dopoguerra, quando era in gioco la ricostruzione del Paese. Una ricostruzione materiale, ma anche morale e culturale. Per fortuna allora l'Italia incontrò uomini diversi da coloro che oggi vorrebbero governare, sia da destra che da sinistra. Questi uomini di oggi non hanno un disegno libero dalle pastoie ideologiche, che offuscano le menti, per cui finiscono con il criticare ciò che non è importante e apprezzano invece ciò che non conta. Ecco invece che cosa conta.
Che l’ideologia di sinistra abbia, da almeno mezzo secolo, conquistato tutte le istituzioni della formazione, da quelle scolastiche all’Università, è una verità acclarata, una realtà consolidata e quindi una ovvietà che non sarebbe neanche il caso di menzionare, se non accadessero, quotidianamente, episodi che confermano quella occupazione e che suscitano lo sdegno, lo sconcerto, talvolta la reazione, ma più spesso soltanto l’avvilimento, da parte di chi non è di sinistra e non ritiene che quel dominio debba essere un dato di fatto naturale, come viene spacciato dalla vulgata ideologicamente corretta, un frutto cioè della presunta superiorità della sinistra nel campo culturale in generale. La politicizzazione nelle nostre scuole, oggi forse meno sfacciata di un tempo, ma non meno invasiva e pericolosa, è risaputa da chiunque abbia a che fare con l’ambito dell’istruzione: studenti, docenti, genitori. Si tratta di un lavoro di pazienza e di tenacia, capillare e giornaliero, fatto con astuzia e con arroganza, con una prassi aggressiva e intimidatoria, che isola gli avversari con vellutati cordoni sanitari o, nei casi più resistenti, con pressanti ricatti culturali.
Questa realtà di dominio e sottomissione è nota a tutti, a chi la subisce e a chi la crea, anche se questi ultimi la negano fino all’estremo e fino a cadere nel ridicolo. Una realtà corrotta, che dovrebbe – e che sarebbe dovuta da decenni – essere combattuta e modificata non solo dall’intervento delle forze politiche liberal-conservatrici e anti-totalitarie, bensì anche dal buon senso collettivo. Ma le prime non hanno mai avuto né il coraggio politico né l’energia culturale per farlo e sono state sempre vittime di un complesso di inferiorità e sudditanza nei confronti della sinistra, mentre il buon senso è stato a tal punto manipolato e frastornato da quella stessa sinistra detentrice del potere culturale, che a un certo punto è sembrato naturale che la cultura e la formazione scolastica fossero controllate dalla sinistra. Questo è il risultato di decenni di lavaggio del cervello a cui la sinistra culturale e politica ha sottoposto lo spazio pubblico italiano (e più in generale europeo).
Ciò che accade nelle aule scolastiche (il caso di quelle universitarie è diverso, per struttura e per modalità, ma dal medesimo tenore ideologico) è noto a tutti, ma a causa di un profondo timore, reverenziale o terrorizzato che sia, solo pochi osano rivelarlo. Nessun reato, sia chiaro, ma una pressione, costante e sistematica, sulla psiche degli alunni e del loro intorno, famiglie e amici, per instillare con lentezza e morbidezza le categorie mentali di quel paradigma così dannoso, che viene definito il “politicamente corretto”.
E il tutto va inserito in un quadro di progressivo abbassamento del livello culturale dell’insegnamento che, secondo logica, è causato da un proporzionale calo culturale degli insegnanti stessi. Già questa è una situazione paradossale: i presunti detentori della cultura, nelle scuole, insegnano poco e male, come risulta evidente da un riscontro universitario. Ed è paradossale che dinanzi a questa realtà oggettiva, i suoi responsabili scarichino le colpe su altri soggetti sociali (famiglie, tv, social media ecc.) che, in questo caso specifico, non hanno colpa. Ma anche questa stravaganza è spiegabile con le strutture di fondo dell’ideologia sinistrorsa: negare perfino l’evidenza, mentire sempre nello scontro politico, nel confronto culturale, nel dialogo psicologico.
A partire dalla differenza tra demagogia e pedagogia, che evidentemente sfugge a moltissimi insegnanti italiani, fino ad arrivare alle discipline culturalmente modificate dal buonismo, dall’esaltazione dell’altro e dalla denigrazione della propria identità, la scuola è in uno stato comatoso. Questa è la fotografia, desolante: povertà culturale e disorientamento mentale, riflessi della più ampia sfera nazionale. I sessantottini e i loro epigoni hanno contribuito nel modo più rilevante a generare il caos di cui la società italiana ed europea – e quindi la nostra scuola – è vittima, e hanno ancora la sfrontatezza di addossarne la colpa ai loro avversari politici, a quel liberal-conservatorismo che da sempre spinge invece per un rigore che faccia uscire l’insegnamento dal lassismo a cui quegli ideologi l’hanno condotto.
È noto che la qualità dell’insegnamento scolastico è talmente scarsa da far emergere forme di analfabetismo di ritorno. La prova incontrovertibile di questo decadimento è che le matricole universitarie dei dipartimenti umanistici non solo conoscono a malapena le varie discipline (filosofia, storia, letteratura), ma conoscono poco perfino l’italiano. Al punto che per le matricole i dipartimenti sono costretti a organizzare test di comprensione della lettura, e in moltissimi casi i risultati sono deludenti (in alcuni, ma non pochissimi, sono addirittura disastrosi). Ma questi studenti non sono arrivati da paesi stranieri; si sono diplomati nelle scuole italiane, e la responsabilità della loro ignoranza, dell’ignoranza tecnica e non di quella sociale, non è del mondo circostante, dei media o dell’intrattenimento, ma degli insegnanti. Questa colpa non è un’ipotesi, ma una verità di fatto, e anche una deduzione inconfutabile: gli insegnanti non insegnano a sufficienza, se ai primi anni degli studi universitari i loro ex-alunni devono imparare ciò che avrebbero dovuto conoscere, ciò che un tempo tutti conoscevamo. E ancora trovano il modo di fare gli orientatori politici? Oppure, altra deduzione logica, proprio perché fanno i demagoghi non riescono a fare gli insegnanti. Tertium non datur.
Oggi, nei casi citati come esempi, i soliti indignati protestano, denunciando un’invasione della politica nelle scuole. È una scena incredibile, grottesca: i sinistri che hanno occupato quasi militarmente l’istituzione scolastica italiana accusano di ingerenza politica chiunque sfida quella egemonia, non imponendone una diversa, ma facendo tutto l’opposto: semplicemente esigendo trasparenza, fornendo a studenti e genitori la possibilità di segnalare a un garante imparziale casi di politicizzazione della vita scolastica da parte di insegnanti ideologizzati.
Se le cose stanno così, siccome non viviamo in uno stato totalitario, ma democratico, chiedere elezioni per migliorare la governabilità del Paese è un assurdo. Il nuovo governo deve stabilire come rimediare a questo analfabetismo di ritorno, che mai e poi mai potrà porre rimedio ai tanti problemi, che affliggono l'Italia. Non si può né si deve consentire che si affermi definitivamente il paradosso “la mia ignoranza vale quanto la tua conoscenza”, perché siamo in democrazia! Non deve consentirsi, se si vuole che l'Italia torni ad avere un futuro.
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Commenti
Angelo Sciortino -
Per fortuna non sono solo:
Per fortuna non sono solo: https://www.lavoce.info/archives/60870/istruzione-quattro-compiti-per-il-nuovo-governo/