8 Dicembre 2014, 21:16 - Carlo La Calce [suoi interventi e commenti] |
Il cuore vince la guerra
Il “nemico” prima silurato viene rimorchiato in salvo
Regio Sommergibile Alessandro Malaspina
La “storia del mare” è da sempre costellata di gesti di coraggio, generosità e altruismo da parte di soccorritori nei confronti di imbarcazioni in difficoltà, di naviganti in pericolo, di naufraghi in procinto di annegare.
I salvataggi sono poi divenuti oggi un fenomeno di grande attualità. Le cronache drammatiche dei nostri giorni ci dicono infatti come sia ormai incalcolabile il numero di migranti che – inseguendo il sogno di una vita più dignitosa, fuggendo da miseria, guerre e disperazione – vengono tratti in salvo dalle missioni di soccorso della Marina.
Anche quella che mi accingo a raccontare è la storia di un salvataggio.
Si tratta di un episodio del tutto particolare avvenuto ad opera di una unità della Marina Militare Italiana durante il Secondo Conflitto Mondiale che dimostra come gesti di profonda umanità sono possibili anche nel contesto drammatico della guerra con le sue devastazioni e la sua ferocia, al di là delle barriere, delle trincee, delle ideologie, delle divisioni di ogni tipo.
L’imbarcazione militare di cui ci troviamo a parlare è il Sommergibile Malaspina e uno dei protagonisti della vicenda è un ufficiale nato a Pollina, il Tenente di Vascello Alfredo Musotto, “secondo” del sottomarino in argomento.
Il Malaspina, sommergibile “di grande crociera” (o “oceanico”) della classe Marconi, una delle più moderne e delle più grandi unità della flotta subacquea italiana, fu tra i primi – subito dopo l’ingresso dell’Italia in guerra – ad essere inviati in missione in Atlantico.
Salpato con 70 uomini a bordo il 29 luglio 1940 da La Spezia al comando del Capitano di Fregata Mario Leoni, nella notte tra il 2 e il 3 agosto attraversa non senza difficoltà lo Stretto di Gibilterra. Subito costretto infatti ad immergersi per la minacciosa presenza di un Cacciatorpediniere inglese, fuori controllo a causa delle forti correnti e di un’avaria al timone orizzontale di poppa, il sommergibile – paurosamente appruato – è risucchiato fino 177 metri di profondità. Ad un soffio dalla “quota di collasso”, quando la fine sembra ormai inevitabile, il Malaspina d’improvviso torna miracolosamente sotto controllo, riassume l’assetto orizzontale, riprende quota e può continuare l’attraversamento in immersione dello Stretto per emergere finalmente la sera del 3 agosto in pieno Atlantico all’altezza di Capo Spartel.
Raggiunta la zona di operazioni assegnatagli, tra la costa portoghese e le Azzorre, il sottomarino italiano all’alba del 12 agosto avvista la British Fame, una moderna petroliera inglese di ben 17.000 tonnellate di stazza, bene armata, che avanza veloce zigzagando su una rotta quasi parallela.
Manovrando abilmente il Malaspina si fa sotto e da 1600 metri di distanza, da quota periscopica, lancia quattro siluri in successione. Centrata, l’enorme nave-cisterna – che ha inizialmente reagito all’attacco con i suoi moderni cannoni da 120 – dapprima si arresta, agonizza quindi affonda scomparendo, mentre l’equipaggio, che intanto si è messo in salvo calandosi in mare su tre lance, cerca di allontanarsi rapidamente dallo scafo.
Dal sommergibile ora completamente emerso il comandante Leoni (al suo fianco il “secondo”, Alfredo Musotto) analizza la scena e inquadra la situazione. Deve scegliere se ubbidire alla spietata legge della guerra o assecondare il generoso impulso dell’uomo che si cela sotto la divisa, un uomo che ha cuore, ha sentimenti, ha speranze.
E sono proprio i sentimenti umani di altruismo, generosità, rispetto, fratellanza a prevalere.
Leoni decide subito perciò che i naufraghi non possono essere abbandonati al loro destino e, avvicinatosi alle scialuppe e fatto salire a bordo il comandante (William George Knight è il suo nome), comunica che rimorchierà le tre lance portandole in salvo in vicinanza delle Azzorre. Il comandante Knight sarà però trattenuto a bordo come prigioniero.
Il Malaspina navigherà così in emersione per un intero giorno e un’intera notte esponendosi pericolosamente alla caccia delle forze aero-navali inglesi che hanno ricevuto il segnale di soccorso trasmesso dalla petroliera prima di affondare e, nonostante le avverse condizioni del mare, riuscirà a rimorchiare le scialuppe fino al largo della Azzorre (i naufraghi, utilizzando le vele, approderanno sani e salvi a Ponta Delgada 24 ore dopo).
Successivamente all’affondamento della British Fame (primo affondamento in assoluto in Atlantico ad opera di una unità italiana), al termine della sua lunga missione, il Malaspina riceverà l’ordine di raggiungere Betasom (a Bordeaux), inaugurando così la nuova base sommergibilistica italiana in Atlantico comandata dall’Ammiraglio Parona.
Sarà accolto con grandi onori e riceverà la visita e gli elogi dell’Ammiraglio Doenitz, Comandante in capo degli U-Boot della Kriegsmarine, il quale però non approverà il gesto cavalleresco di Leoni, considerandolo troppo rischioso. “È estremamente pericoloso agire da gentiluomo in mezzo all’oceano” dirà, commentando l’episodio della British Fame.
In seguito alla missione atlantica a Leoni e a Musotto saranno conferite rispettivamente la Medaglia d’Argento e la Medaglia di Bronzo al V.M. sul campo.
Epilogo
Il Malaspina, che a Bordeaux sarà successivamente raggiunto da circa altri trenta sommergibili “oceanici” italiani, continuerà ad operare a lungo in Atlantico finché, salpato da Betasom in missione il 7 settembre 1941 (comandante Prini, ufficiale in seconda Odorici), non rientrerà più alla base e sarà dichiarato perduto in mare in circostanze sconosciute.
W. G. Knight, al termine del suo soggiorno sul Malaspina - durante il quale è stato trattato con riguardo e “alla pari” dagli ufficiali italiani - lasciata una lettera di ringraziamento al comandante Leoni, sarà consegnato ai Tedeschi a Bordeaux e trascorrerà cinque lunghi anni di prigionia nei campi di concentramento di Polonia e Germania.
Dopo tanti anni dalla fine della guerra, nel 1959, si recherà con la moglie in Italia per incontrare Mario Leoni (ormai Ammiraglio della Riserva Navale), l’antico, generoso, leale e cavalleresco avversario, al quale rinnoverà la sua profonda riconoscenza.
Mario Leoni nel febbraio 1941 sbarcherà dal Malaspina per assumere il comando del Cacciatorpediniere Lanzerotto Malocello che opererà nel Mediterraneo e per il valore dimostrato in occasione della Battaglia di Pantelleria del 1942 sarà insignito della Medaglia d’ Oro al V.M.
Dopo la fine della guerra conserverà gelosamente la lettera di ringraziamento consegnatagli da Knight prima di sbarcare a Bordeaux.
Alfredo Musotto, sbarcato dal Malaspina e promosso al grado di Capitano di Corvetta, nel settembre del 1941 sarà destinato al comando del Sommergibile Caracciolo, imbarcazione con cui si inabisserà al largo di Bardia nel dicembre del 1941 mentre, in superficie e da distanza ravvicinata, sta portando un risoluto attacco ad un convoglio inglese fortemente scortato.
“Alla memoria” gli sarà conferita la Medaglia d’Argento al V.M. con la seguente motivazione:
“Comandante di sommergibile adibito al rifornimento di una base avanzata, con somma perizia portava a termine la missione respingendo ripetuti attacchi aerei. Durante il rientro alla base, avvistato un convoglio nemico scortato, lo attaccava con decisione e con sprezzo del pericolo. Colpita la propria unità irreparabilmente dalla violenta e precisa caccia avversaria, dimentico della propria persona si adoperava al salvataggio dell’equipaggio dando precisi ordini affinché l’unità non cadesse in mano all’ avversario. Scompariva in mare nell’ adempimento del dovere dedicando la propria esistenza al bene della Patria.”
Mediterraneo orientale, 11 dicembre 1941
La natia Pollina gli ha intitolato il viale della “pietra rosa”, luogo estremamente suggestivo da cui si domina in lontananza il mare, quel mare sconfinato a cui Musotto ha fatalmente legato la sua vita e al tempo stesso la sua morte.
Il Malaspina è ora emerso. Dalla torretta il comandante Leoni (a destra) e l’ufficiale in seconda Musotto osservano la British Fame affondare dopo il siluramento.
L’ equipaggio del Malaspina a Betasom (Bordeaux) al rientro dalla sua missione.
In piedi, vicino al cannone, il comandante Leoni; seduto sul cannone il secondo ufficiale Musotto.
Betasom (Bordeaux). L’Ammiraglio Karl Doenitz (al centro con lo spadino), comandante della flotta subacquea tedesca, passa in rassegna l’equipaggio del Malaspina,
il primo sommergibile a raggiungere Betasom, al rientro dalla missione.
A destra l’Ammiraglio Angelo Parona, comandante della base italiana in Atlantico; alle sue spalle il comandante e l’ufficiale in seconda del Malaspina.
La lettera di ringraziamento consegnata a Leoni dal comandante della British Fame prima di sbarcare a Bordeaux.
La pubblicazione della lettera a quell’epoca su un giornale italiano irritò Mussolini che considerò quello della British Fame un deplorevole episodio di “pietismo”. Fu proprio dalla pubblicazione della lettera sul giornale italiano che la Signora Knight apprese che il marito – dato per disperso – era vivo, benché prigioniero.
Bologna, maggio 1959. W.G. Knight (a sinistra) è venuto in Italia con la moglie per stringere la mano a Leoni (ora Ammiraglio della riserva)
e ringraziarlo per il generoso e cavalleresco gesto compiuto durante la guerra.
Quando la British Fame fu affondata, Knight si stupì che l’azione fosse stata compiuta da un sommergibile italiano. Gli Inglesi pensavano infatti che fosse impossibile per i nostri sommergibili superare Gibilterra.
Alfredo Musotto al comando del S. Caracciolo (in navigazione)
cfr
Sopra di noi l’ oceano, Antonino Trizzino. Longanesi & C. 1962
Servizi delle riviste Epoca e Gente (1959 – 1960)
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