"Staticità dinamica"

Ritratto di Giuseppe Maggiore

18 Giugno 2015, 14:28 - Giuseppe Maggiore   [suoi interventi e commenti]

Versione stampabileInvia per email

STATICITA'  DINAMICA

(coincidentia oppositorum?)

 

Quasi novello Dante al seguito di un rinato Virgilio (e ciò per le acculturate delucidazioni tecniche, intrise di cosmica dottrina, che mi veniva fornendo man mano che visionavamo i dipinti), in compagnia dell'amico Prof. Sebastiano Catania, scultore eclettico di stampo neoclassico e di chiarissima meritata fama al quale si deve la laboriosa fattura di porte chiesastiche e d'altre opere di pregio (vedansi il "Portone di bronzo nella Chiesa dell'Immacolata ad Alia" e gli "Studi sulla Pietà", ecc.) e personalmente invitato dall'ottimo altro amico Prof. Tony Franco, scrittore della più bell'acqua ("Le radici e le pietre", "Periferia e frontiere nella Sicilia antica", ecc.) e pure Presidente del Consiglio al Comune di questa preclara comunità, mi sono trovato lo scorso giorno 14 all'Ottagono di S. Caterina, luogo, ormai per inveterata consuetudine, deputato a cassa armonica di artisti locali e non, in occasione dell'inaugurazione della mostra di pittura dall'ambizioso ermetico titolo "Il dinamismo attraverso la scomposizione visiva", patrocinata dallo stesso Ente e personalmente curata dalla D.ssa Rosalia Liberto, maestra in Storia dell'Arte, conferenziera, relatrice in vari incontri culturali, nonché pittrice ella stessa.

Fra l'altro, la detta Liberto ha anticipato che l'attuale incontro culturale è l'antesignano di altre due manifestazioni che caratterizzeranno l'incipiente estate cefaludese.

Chi il celebrato? Il pittore cremonese Roberto Comelli.

Comelli, chi è costui? (debbo necessariamente usare al presente l'interrogativo donabbondiano di manzoniana memoria).

E, bè , Comelli è Comelli!

Fotografie di Giacomo Sapienza tratte da Cefalunews

Mai sentito nominare, prima, si, ma a vedere i suoi dipinti si capisce perfettamente che è un artista. Credo che la D.ssa Liberto, che, fra l'altro, ha affermato che "...l'arte del Comelli è metafora di vita...", abbia avuto lo sguardo acuto oltre che una notevole competenza in fatto d'arte nell'invitare il suddetto nell'ottica di un valido scambio culturale con le nostre conosciute ed apprezzate valenze nel settore.

Comelli è un pittore istintivo: usa colori ad olio ed esegue le sue opere prevalentemente usando la spatola.

Da anni porta avanti la ricerca del colore, della luce e del movimento: tre aspetti preminenti che suggellano la sua multiforme personalità creativa.

È un convinto assertore, il Nostro (e lo dimostra), che si deve, appunto, alla luce il dar vita ai colori, i quali, spandendosi in un cromatismo rutilante, permettono di valorizzare anche i chiaroscuri e i dettagli della composizione; e, operando su sovrapposizioni distanziate di superfici trasparenti, ottiene un effetto ottico tridimensionale di gradevole ricezione.

Artista poliedrico il cui dinamismo pittorico, attraverso la "scomposizione visiva"  (inusuale, almeno per me, tecnica a cui si rifà), passa dall'immagine fissa all'informale.

L'informale!

Questa corrente espressiva, sorta, come tutti sappiamo, in Europa, in America ed in Giappone nel secondo dopoguerra del '900 e motivata dagli interessati come antidoto psicologico alla depressione conseguente alle distruttive fasi belliche che hanno tormentato le nazioni, si è concretizzata nel rifiuto totale di qualsiasi forma, rompendo eclatantemente con un passato artistico in cui la figura veniva cesellata alla perfezione.

In tale celebrato clima operativo la pittura si sottrae al figurativo, al geometrico, al rigore matematico (espressioni che caratterizzano l'astrattismo) e diventa, quindi, informale.

La tecnica prevede l'utilizzo incondizionato di materiali, i più disparati: dai sacchi bucati all'accorpamento di oggetti vari sul piano del dipinto, da strisce di stoffa amalgamate col colore in modo da formare un tutt'uno a granelli di pietruzze e sabbia tanto da creare una patina iridescènte; di tutto e di più, insomma.

I vari Pollock, Kline, Fautrier, Dubuffet, Volpini ed altri, sono stati i massimi esponenti di questa insorta linfa creativa e ne hanno determinato uno stile. La corrente ha proliferato approdando, poi, nella dimensione ermetica dell'action painting, come suggeriscono i testi, del tachisme e dell'espressionismo astratto; oggi si distinguono l'informale gestuale e materico, lo spazialismo e la pittura segnica.

In tutto questo gazzabuglio di denominazioni eterogenee, le più estroverse e variegate, il mio ego molto sprovveduto (la mia è una semplice preparazione da manuali Hoepli) si trova oltremodo a disagio.

Ma qui fà d'uopo che io lo dica, che non mi nasconda, come si dice, dietro un dito, per lealtà verso me stesso, prima di tutto: i miei limiti non mi consentono di arrivare alla comprensione di consimili opere. Personalmente sono rimasto a Giotto, a Cimabue, a Raffaello, a Leonardo, ai classici, insomma; e, dei contemporanei, a Franco D'Anna, ad Anna Forti, a Sebastiano Catania, a Michele Cutaia, a Giovanni Di Nicola, ad Ignazio Camilleri, a Giuseppe Forte, e, seppure su un piano diverso in cui la miniatura rappresenta il fine al quale l'artista tende, anche ad Anna Maria Micciché; con buona pace dei non nominati.

Non è, cari Amici, che io qui possa ricordare tutti! Diventerebbe una commemorazione e non è il taglio che desidero dare a questo mio intervento.

Continuo: non sono mai riuscito ad apprezzare (checché ne dica la D.ssa Liberto, la quale ha espresso il suo leale dissenso su questo mio rigetto dell'arte astratta, informale, ecc. trattato in un mio precedente intervento in proposito, licenziato su questo stesso accreditato blog qualche tempo fa) queste forme estrose di manifestazione grafica del pensiero, del gusto e della cultura. A mio palese vituperio debbo, purtroppo, dichiarare  che ho sempre pensato che quando un artista non ha idee o trova difficile e laborioso rimanere con i piedi per terra e raffigurare la realtà così com'essa si presenta ai nostri occhi, si butta, allora, a far dei segni sulla tela dove credo che neppure lui, in fondo in fondo, ci capisca qualcosa.

Né mi sembra reggere nemmeno la motivazione sopra rilevata, ammannita da quegli addetti ai lavori che hanno dato origine a questa nuova ipotetica forma d'arte, per giustificarla, che sia stato, cioè, il disorientamento fornito dalle guerre ad atterrare la coscienza artistica ed a farle preferire il rifiuto della forma prediligendo il caos dei segni; perché, poi, ci si riferisca solo alle guerre e non all'immane crudeltà della creazione ed alla conseguente inumanità dell'uomo verso se stesso (homo homini lupus!) e verso gli animali? Si consideri come attualmente si comportano gli adepti al califfato e come in Cina vengono trattati i cani! E le torture e le umiliazioni inflitte a livello generale dai vari ras saliti alla ribalta?

In buona sostanza, sottraendosi al figurativo, sempre secondo il mio modestissimo parere, l'opera diventa imprecisa, confusa, ermetica, informale, non recepibile di primo acchito. Per capirla bisogna ammannire mille congetture, lambiccarsi il cervello più e più volte, scendere a compromessi col proprio modo di vedere e di giudicare ed arrendersi ad una concezione creativa che esula dal nostro più riposto senso del buon gusto: è come se ci si trovasse in un labirinto e se ne cercasse disperatamente l'uscita senza trovarla! Ahimè!

Il fenomeno  mi appare similare alla poesia moderna (e l'ho esemplificato altre volte), se vogliamo: quando ci si è accorti che esprimere un concetto in rima è tutt'altro che facile, si è dirottato verso l'espressione in lingua, libera da costrizioni formali: espressione liricamente apprezzabile, si, ma non poesìa.

Almeno, errato che sia, questo è il mio pensiero, schietto e sincero, in proposito. Lo ribadisco!

In Comelli, invece, non è così. Egli è un personaggio che fà parte a sé. Le sue esternazioni segniche, i suoi toni pittorici non sono tanto esasperati da fuorviare l'interpretazione dell'assunto. Per la prima volta le mie più radicate convinzioni hanno subìto uno scossone, come si dice. Notevole. La sua tenace ricerca espressiva lo porta ad uno stile innovativo, particolarmente originale ed efficace, che rende leggibili anche i tratti più estroversi ed apparentemente senza significato del costrutto pittorico.

Siamo passati, per naturale evoluzione, dall'impressione all'espressione, insomma.

A seconda come viene guardato il dipinto, per esempio, si intravede la figura celata tra le puntiformi maglie del mostrato. Una specie di puzzle che dalla tenebra dell'incomunicabilità assurge alla sfera della chiarezza e del colloquio. Cinematograficamente, da Antonioni a De Sica. È un po' come certe cartoline illustrate, che se tu le muovi tenendole in mano ti fanno vedere il Duomo di Milano che si trasforma nella romana basilica di S. Pietro. Effetto ottico interessante.

Ma quello che più colpisce e, secondo me, rivela le personali caratteristiche artistiche dell'autore, è il palese statico-movimento (sembra un banale gioco di parole, ma non lo è) che l'immagine trasmette al fruitore.

Ho visionato due dipinti esemplificativi:  mostrano delle ballerine, sicuramente quelle del Can-can, le cui gambe, effigiate nell'atto di scattare seguendo un immaginifico frenetico ritmo, adombrano il movimento;

in altri mi ha interessato la ricorrenza della figura del pesce, più o meno celata, più o meno strutturata con una tecnica pittorica puntiforme o stilizzata attraverso la composizione realizzata con semplici supporti, chiavi, colorate o meno, curiosamente disposte sino a farne emergere la figura.

In altri, ancora, l'espressività concentrata in immagini stigmatizzate da questa tecnica della scomposizione visiva, ha caratterizzato opere che, indubbiamente e malgrado le mie superiormente espresse riserve, si impongono, di peso, all'attenzione del fruitore. Mi vengono, qui, da ricordare il dipinto le cui macchie di colore caratterizzano cavalli in corsa in curva, un nugolo di variopinti pesci mimetizzati fra la flora di un ambiente marino e una distesa di rose rosse in un campo assolato.

Inaugurata dal Sindaco della città, Rosario Lapunzina, in altro luogo da me convintamente definito artium cultor per la sua costantemente fattiva disponibilità a dar spazio alle arti, presenti il Prof. Antonio Franco, con le attribuzioni sopra riportate e connotata dalla accurata introduzione  della predetta D.ssa Liberto, nonché supportata dalle dichiarazioni delucidative dello stesso Comelli, la personale, come di consueto, si è conclusa dinanzi ad un nutrito e preso d'assalto buffet.

Presenti in sala, personalità, rappresentanti della cultura, esteti, professionisti e quant'altri. Cito alcuni nomi: il Dr. Rosario Ilardo (autore dell'importante testo "L'eccelsa Rupe"), il Gen.le emerito Dr. Rosario Di Piazza, il Vice Sindaco Dr. Salvatore Curcio, il Consigliere Dr. Daniele Tumminello e il Dr. Roberto Barranco.

E poi: la Prof.ssa Santa Franco, sagace osservatrice dal giudizio preciso e sereno, con la quale ho avuto il piacere di intessere una interessante conversazione, la Prof.ssa Rosalba Gallà, nota recensora di importanti opere di affermati artisti nonché fotografa d'eccezione, l'apprezzata D.ssa Dolores Randone, la first lady Sig.ra Avanzato e numerosi artisti e personaggi di specchiata rilevanza.

Ho voluto lessicalizzare un po' tutti per quanto lo spazio me l'ha consentito.

Assenti ingiustificate, le tre nàiadi: Antoniella Marinaro, Angela Macaluso e Silvia Patti (che il Cielo le perdoni, se può!).

 

Cefalù,  19 Giugno 2015                                                                                                                                                             Giuseppe Maggiore