PRG, per chi manca? - Conversando su Cefalù col prof. Marcello Panzarella
14 Luglio 2011, 12:57 - Pino Lo Presti [suoi interventi e commenti]
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(troverete il testo anche in allegato pdf)
1. IL PRG A CEFALU’
D - Professore, come si arrivò a fare un Piano Regolatore a Cefalù?
R – Un gruppo di studenti universitari di Cefalù si rese conto, all’inizio degli anni ’60, che la loro piccola città, sotto la spinta del turismo e delle modificazioni che questo stava già innescando, rischiava di espandersi senza regole e di bruciare la bellezza preziosa del proprio territorio. Ed era consistente anche il timore che ne risultassero stravolti i caratteri particolari del suo Centro Storico, in sé e nel rapporto col paesaggio circostante. Questi giovani si raccolsero attorno a Pasquale Culotta, allora studente di architettura, e scrissero un manifesto (1963) per chiedere che Cefalù si dotasse di un Piano Regolatore Generale, a garanzia di uno sviluppo armonioso, economicamente vantaggioso ma rispettoso della bellezza della città. Il Sindaco di allora, il dott. Giuseppe Giardina, prestò loro ascolto, e rilanciò: uno di voi – disse – dovrà essere il mio assessore all’urbanistica, un ruolo amministrativo del tutto nuovo. Fu così che Pasquale Culotta fu candidato in Consiglio, fu eletto, e divenne assessore all’urbanistica. Senza indugi, chiese e ottenne che fosse affidato l’incarico del Piano Regolatore Generale a Giuseppe Samonà, un urbanista siciliano di fama nazionale, docente universitario a Venezia, anzi guida e motore della Facoltà di Architettura più accreditata d’Italia.
Il prof. Samonà consegnò una prima bozza del PRG nel 1964. Facevano parte della sua équipe di progettisti, oltre a lui, Alberto Samonà, Antonio Bonafede (un architetto originario di Pollina, docente universitario a Palermo), il prof. Roberto Calandra, messinese – che già insegnava a Palermo –, e anche il prof. Carlo Doglio, un sociologo romagnolo di grande esperienza internazionale, il cui compito era quello di stabilire e mantenere un rapporto tra i progettisti e la popolazione, dando vita alla cosiddetta “partecipazione”.
Difatti, in tutta la città ci fu una discussione ampia e partecipata.
Mi ricordo, da ragazzino liceale, che andammo con le scuole, le varie classi a turno, in visita al Teatro Comunale e lì questo signore, allora cinquantenne, ci spiegava, passeggiando sul palcoscenico, cosa fosse un Piano Regolatore e quali sono i principi dell’Urbanistica e della Pianificazione, a cosa essi servissero – portando esempi riguardo ad altri Stati europei – , o come in America si fosse già fatta una seria pianificazione territoriale, che aveva aiutato quel grande Paese a uscire dalla tremenda crisi economica del 1929. Il prof. Doglio fece anche delle “interviste”, agli studenti di qui ma soprattutto a quelli fuori sede, per capire come vivessero a Cefalù, e in quali condizioni studiassero.
Si innescò in quei giorni un dibattito fortissimo, a volte anche aspro – poi testimoniato in un libro, “Quale Cefalù” (1974), scritto da Nicola Imbraguglio e Domenico Portera –, e corsero le polemiche, tra loro e con i progettisti, degli esponenti più eminenti della Democrazia Cristiana, del Partito Socialista e dello stesso Partito Comunista; perché fare un Piano Regolatore, allora, era una novità: non tutti ne erano convinti, e quasi nessuno era abituato a trattare tali questioni. Dunque, fu un momento di grande partecipazione e anche di scontri politici al calor bianco.
Però, poi, in effetti il Piano Regolatore giunse alla consegna ma il Consiglio Comunale – perché alla fine la competenza è sempre del Consiglio (può essere un Consiglio illuminato o poco illuminato) – provò a stravolgerlo, e, almeno in parte, ci riuscì!
L’ “illuminazione”, per una volta, era stata appannaggio dell’Amministrazione per aver avviato il Piano Regolatore, mentre “l’oscurantismo”, diciamolo, fu del Consiglio Comunale, che modificò alcuni articoli della normativa del PRG per consentire, ad esempio, di costruire alberghi un po’ dovunque, e per ottenere alcuni indici più favorevoli alle costruzioni.
In questo modo, tuttavia, il Piano risultò mortificato, tanto che Giuseppe Samonà ritirò la propria firma.
Devo dire però che, complessivamente – anche se quel Piano Regolatore qualche carenza ce l’aveva – esso corrispose abbastanza bene a una necessità evidente e assoluta; aveva qualche difetto, però fu un buon Piano Regolatore, fatto da uno dei più grandi urbanisti italiani. Certo, nei decenni seguenti se ne è dovuta constatare la carenza di previsioni riguardo alla dotazione di attrezzature, per esempio le scuole, e, più in generale, rispetto alle infrastrutture che occorrono a una città moderna; tuttavia nessuno aveva una sfera di cristallo, e nemmeno si immaginava, allora, che il Piano dovesse durare tanto, senza aggiornamenti.
Oggi, se io potessi decidere, a Giuseppe Samonà intesterei una via di Cefalù, e una piazza la intitolerei a Carlo Doglio, come ha già fatto Bagheria. Perché con la loro opera – nonostante il modo in cui il Consiglio Comunale ha trattato il PRG da loro sottoscritto – entrambi hanno consentito a Cefalù, per alcuni decenni, di essere non dico completamente esente dall’abusivismo ma sicuramente di poter disporre di un alveo lineare e scorrevole in cui incanalare in modo razionale la realizzazione delle nuove costruzioni (anche se in nessun caso tale fortuna avrebbe potuto mai garantire le capacità che i singoli tecnici-progettisti sarebbero stati in grado di esprimervi in seguito).
Ciò ha fatto sì che Cefalù non dovesse subire il vero disastro – che nessuno ancora dichiara, ma che pure c’è – che sta affliggendo qualche paese vicino; tuttavia, sempre di più, questi effetti negativi finiranno col ricadere su Cefalù, proiettandole addosso un’ombra che già comincia a oscurarci; Cefalù, a confronto di altre realtà, fin adesso “ha retto”, ma se non si corre ai ripari il danno la travolgerà ugualmente.
Bisogna aggiungere che, già consapevole dei problemi che si sarebbero verificati di lì a trenta-quarant’anni, Giuseppe Samonà aveva insistito perché, oltre che del proprio PRG, il Comune di Cefalù si facesse carico anche di un accordo con i paesi vicini, soprattutto quelli costieri, per redigere un Piano Intercomunale. Non fu ascoltato; se lo avessero fatto, oggi non avremmo, almeno non con le proporzioni che ha assunto, il problema di una “villettopoli” alle porte di Cefalù, che si è mangiata malamente tutta la piana da Campofelice a Lascari fino alle nostre porte, squalificando di riflesso l’ambiente in cui Cefalù risiede, e che anche si attraversa per raggiungerla.
Il Piano Regolatore di Cefalù fu approvato nel ’68 dal Comune e nel ‘74 dal competente Assessorato della Regione.
Quindi, nel giro di 4-5 anni, il Piano Regolatore fu prima avvertito come necessità, ne fu affidato l’incarico, fu redatto, esaminato, discusso e approvato in sede locale. L’iter della sua revisione è invece iniziato nel 1997, fin adesso sono passati quattordici anni, e ancora non riusciamo a immaginarne la fine. Il confronto col passato, pur recente, è schiacciante, tanto più che la Cefalù di allora, subito dopo l’approvazione del PRG, cominciò a dotarsi di una serie cospicua di Piani Particolareggiati, tutti davvero importanti.
Per quest’altra fase della pianificazione urbanistica di Cefalù, cioè quella dei Piani Particolareggiati, bisogna riconoscere i meriti di almeno un paio di persone, di nuovo quelli di Pasquale Culotta, ma ancor più quelli di Rosario Ilardo.
Questi, per lungo tempo Segretario Comunale, era assai più che un pilastro dell’Amministrazione Comunale, rappresentandola anche meglio degli stessi sindaci, i quali “andavano e venivano”, mentre il Segretario Comunale restava a presidio di essa e non dipendeva da nessuno (oggi, invece, essendo cambiate le regole e le leggi che riguardano l’amministrazione degli Enti Locali, i Segretari Comunali dipendono molto, direi troppo, dagli umori del Sindaco, il quale – tra l’altro – è il loro datore di lavoro).
Rosario Ilardo, da Segretario Comunale, aveva sostenuto fortemente un’idea innovativa per la nostra realtà, cioè quella della Programmazione. Dopo l’approvazione del Piano Regolatore, fu lui il vero motore di una serie di altri incarichi, e il responsabile dell’istruttoria per la predisposizione di diversi Piani Particolareggiati: i P.P. urbanistici delle zone collinari, affidati al prof. Roberto Calandra; del Lungomare, affidato al prof. Leonardo Urbani; delle zone artigianali, del Centro Storico, affidati allo studio di Pasquale Culotta e Bibi Leone; e inoltre di alcuni piani di settore: visto che a Cefalù c’era già una gran quantità di scuole, frequentate da studenti provenienti da tutte le Madonie, fu chiaro che occorreva anche un Piano della Scuola e dell’edilizia scolastica. E il Piano della Scuola fu fatto. Ricordo anche che fu subito pubblicato con gran risalto su “Giorni nuovi”, un periodico di Cefalù allora diretto da Enzo Cesare.
Subito appresso, divenuto Sindaco, Rosario Ilardo promosse il bando di un Concorso per il Piano Paesistico della Rocca (1972), che tuttavia la Soprintendenza riuscì a vanificare.
A firma di Vittorio Gregotti si aggiunse nel 1978-79 il Piano per l’edilizia sociale (in attuazione della legge 167/62), poi malamente svilito nell’attuazione, a partire dal mancato sostegno del locale UTC.
Cosa resta oggi di tutto ciò? Resta che Cefalù seppe dotarsi, attraverso l’opera di alcuni illuminati, di una vasta gamma di strumenti urbanistici che hanno consentito – ovviamente sulla base del Piano Regolatore Generale – di regolarne la crescita e governarne le modificazioni.
Un PRG non scade mai, ma il suo rinnovo periodico dipende dalla sensibilità degli amministratori, che si regolano in base al corso degli eventi, o sulle novità che di volta in volta si producono.
I Piani Particolareggiati invece hanno una scadenza di 10 anni, appunto perché essendo strumenti di dettaglio non hanno l’ampiezza di respiro di un PRG, che riguarda invece tutto il territorio; trattandosi inoltre di piani esecutivi devono comunque scadere una volta che le loro previsioni siano compiute, o che si siano realizzate anche in modo incompleto dopo il ragionevole tempo di dieci anni concesso per la loro esecuzione.
Nel momento in cui scadono i Piani Particolareggiati, rimane comunque in vigore il Piano Regolatore Generale; del Piano Particolareggiato rimangono inoltre valide alcune previsioni come, ad esempio, gli “allineamenti”.
D - Con i Piani Particolareggiati scaduti si apre uno spazio di interpretazione da parte del Funzionario all’Urbanistica di turno?
R - Si apre nelle regole una maglia vacante. In situazioni particolarmente evolutive è un danno, e Cefalù è in una situazione sempre evolutiva, perché la sua economia nonostante tutto, si è andata sviluppando da quella di un paese agricolo-marinaro-artigianale a quella di una città di servizi.
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2. LA VARIANTE
L’iter del rinnovo (“Variante”) del PRG – di cui questo Consiglio Comunale non riesce a discutere –, è cominciato, già con notevole ritardo, nel 1997, quando il Consiglio Comunale maturò le nuove “Direttive” per la Variante Generale del PRG.
D - Ci fu un dibattito ampio e sufficiente?
R – Certo, un dibattito ci fu, e portò alla formulazione delle Direttive per il nuovo Piano Regolatore. Il problema è che l’iter complesso di un Piano Regolatore va avanti quando sia il Consiglio comunale, sia l’Amministrazione attiva, gli danno il giusto impulso.
Nel nostro caso, per motivi che mi sono ignoti, fu scelto un progettista romano, dunque un professionista che abitualmente operava lontano da qui; questi in effetti si impegnò pochissimo, e nessuno gliene chiese mai veramente conto, almeno finché io non divenni assessore.
D - Lei è stato assessore all’urbanistica nella Giunta Vicari dall’agosto 2001 al marzo 2003; quale è stata la sua esperienza?
R - Quando, a un certo punto, il Sindaco Vicari mi chiese di fare l’assessore, io ebbi qualche difficoltà ad accettare, perché facevo già parte del Comitato cittadino “Cefalù. Quale ferrovia”, che aveva osteggiato in maniera attivissima il Piano delle Ferrovie per la stazione a Ogliastrillo, che in un primo tempo lo stesso Sindaco aveva invece sostenuto.
“Cefalù. Quale ferrovia”
La vicenda centrale del raddoppio ferroviario s’inizia nel 1979. All’inizio dell’anno, stavo assegnando ai miei studenti universitari delle tesi di laurea su Cefalù; all’allieva Valeria Piazza assegnai il progetto della nuova Stazione ferroviaria di Cefalù, e – dato che sapevo che c’era in ballo il raddoppio del binario – le chiesi di fare un progetto per la Stazione della nuova linea, da confermare però nello stesso luogo in cui essa già si trovava, e dove peraltro ancora oggi sta.
La documentazione che l’allieva reperì sui progetti portati avanti dalle Ferrovie mi mise di fronte a una realtà sconvolgente, dato che essi mostravano una nuova Stazione ferroviaria, dalle dimensioni spropositate, collocata in contrada Ogliastrillo, un luogo di grande bellezza e delicatezza, nel quale si prevedeva di spianare dossi e riempire valloni, per fare un parcheggio che a conti fatti risultava grande quanto la piazza del Duomo e tutto l’isolato compreso tra questa e il mare; inoltre, il parco ferroviario vero e proprio era lungo settecento metri e largo, in alcuni punti, almeno quaranta. Bisognava fare qualche cosa perché quel progetto, purtroppo supportato dal Sindaco e dall’Ufficio Tecnico Comunale, non andasse avanti.
Altrettanto grave del disastro ambientale era anche il fatto che la nuova Stazione si sarebbe trovata a 4 km e mezzo da piazza Duomo: cioè più vicina alla piazza della Matrice di Lascari che alla piazza del Duomo di Cefalù. E poi, ripeto, stravolgeva una zona bellissima.
Riflettei, cercando di capire il da farsi, e poco dopo, preso contatto con il giornalista Enzo Cesare, organizzammo assieme una lotta serrata contro quella scelta evidentemente nefasta. La lotta fu durissima, e per parte mia mi trovai a dover studiare un tracciato differente, di cui era necessario disporre quale alternativa credibile in opposizione a quello delle Ferrovie, e a sostegno della speranza di evitare il disastro ambientale e funzionale della città. Predisposi dunque il disegno di un tracciato da realizzare interamente in galleria, dotato di una fermata interna alla città. Dopo un’azione martellante – con mozioni e sottoscrizioni condotte fino a produrre l’avvio di una procedura d’infrazione per disastro ambientale, intentata dall’Unione Europea contro l’Italia – avemmo la soddisfazione del successo, nel senso che conducemmo sia le Ferrovie sia il Consiglio Comunale di fronte all’evidenza che il tracciato da loro proposto, e la stazione prevista a Ogliastrillo, erano non solo ambientalmente dannosi, ma anche irrazionali, perché avrebbero scoraggiato la gente, soprattutto i pendolari, dal farne un buon uso; se infatti devi comunque prendere l’automobile e farti 4 o 5 km per arrivare alla Stazione, allora, una volta che sei in macchina, è più facile che, anziché fermarti e prendere il treno, decidi di proseguire direttamente verso la tua meta. D’altra parte, però, chi prevede una stazione così distante dall’abitato, non può fare a meno di metterci anche una enorme quantità di parcheggi. Ed era appunto ciò che era accaduto.
Il Sindaco Vicari, fortunatamente, comprese le nostre posizioni, ne intravide la portata e decise di dar loro una chance, abbracciandone l’impegno politico e mostrando allo stesso tempo fiducia nelle nostre capacità tecniche.
Se dunque, da una parte, non ci fosse stato Enzo Cesare (molto ben collegato con tutta la stampa nazionale) e, dall’altra, non ci fossi stato io a studiare materie che prima non avevo mai studiato (perché per fare l’architetto non bisogna saper progettare ferrovie), le cose avrebbero preso un altro corso, certo peggiore.
Ma cosa avevo fatto, io, in particolare? Semplicemente mi ero messo davanti ai testi che trattano il progetto delle infrastrutture ferroviarie, e – così studiando – a mano a mano ero riuscito a disegnare un tracciato alternativo, quasi tutto in galleria. Il tracciato che le Ferrovie stanno ora realizzando non dico che è quello disegnato da me, ma certo gli somiglia abbastanza.
Naturalmente va dato atto anche a Simona Vicari di aver compreso la serietà del progetto alternativo, e di aver intuito che potesse risultare convincente pure per gli ingegneri delle Ferrovie. Se, da Sindaco, si fosse impuntata sulle posizioni precedenti, la nostra battaglia sarebbe stata ben più difficile e molto probabilmente l’esito sarebbe stato un altro.
Orbene, subito appresso a questa fase della vicenda, lo stesso Sindaco Vicari, in un momento di particolare necessità politica, valutò di dover mettere dentro la sua Amministrazione un tecnico – quindi una persona esterna ai partiti – che avesse però acquisito qualche credito recente, chiaro e visibile: mi chiese quindi di fare l’assessore all’urbanistica nella su Giunta. Io esitai molto, e naturalmente ne parlai anche con Enzo Cesare (erano ancora lontane le nuove elezioni, e Simona Vicari era Sindaco da non molto tempo), e anche lui, perplesso allo stesso modo, esitò; infine, valutò che stando all’interno dell’Amministrazione avrei potuto continuare meglio il lavoro cominciato all’esterno. Mi convinsi anch’io. Oggi, in ogni caso, dopo più di tredici anni di impegno nel Comitato Cittadino “Cefalù. Quale ferrovia”, siamo forse – e dico forse più volte – sulla dirittura di arrivo della nostra lotta per una ferrovia sostenibile.
Quanto al mio lavoro d’assessore, la prima cosa che feci fu capire a che punto fosse l’iter del Piano Regolatore.
Il Piano Regolatore in effetti era fermo, ed erano già passati quasi quattro anni dall’incarico al progettista senza che si fosse prodotto alcunché di concreto, a meno di qualche documento preliminare.
Andai a trovare il progettista a Roma, e mi bastò poco, soprattutto la sua preoccupazione a vedermi lì, per capire quale fosse la situazione reale. Mi spiegò che non aveva potuto fare granché perché il Comune non gli aveva ancora fornito le carte, i documenti di base: gli mancavano – mi disse – la nuova cartografia e anche il Piano agricolo-forestale; né aveva – aggiunse – gli aggiornamenti sulle Opere pubbliche in corso, in progetto, o in programma; non aveva praticamente nulla in mano – si lamentò – neppure la relazione geologica!
Feci l’elenco di tutto ciò che mancava e, tornato a Cefalù, comunicai ai tecnici dell’Ufficio quali fossero i documenti da inviare al progettista, chiedendo loro di darsi subito da fare. Mi ci misi tutti giorni d’impegno, e più volte alla settimana andavo e tornavo da Palermo, per far visita all’impresa che a suo tempo era stata incaricata di produrre la cartografia aggiornata, e che però non aveva consegnato quasi nulla; ricordo che giunsi a intimare al titolare: se non mi consegnate la cartografia entro un termine ragionevole, io vado alla Procura della Repubblica e vi denuncio per ostacolo al Piano Regolatore.
E così le carte uscirono fuori, tutta la cartografia.
Pensai allora di mettere sotto pressione gli Uffici Comunali, per accelerare la preparazione delle carte che dipendevano direttamente dal loro lavoro, però l’impresa risultò davvero difficile, e mi sembrava di lottare contro un muro di gomma, che quasi si faceva gioco di un assessore del tutto inesperto di politica. Alla fine, però, riuscii a far spostare alcuni dipendenti da una mansione all’altra, e a farli applicare alla redazione dell’elenco di tutte le opere pubbliche che avessero già avuto un finanziamento, con allegati i relativi progetti; naturalmente chiesi di aggiungere all’elenco anche quello delle opere già in costruzione o semplicemente programmate nel Piano triennale. Contemporaneamente provvidi a che fosse conferito anche l’incarico per gli Studi geologici, e feci rinnovare quello per il Piano agricolo-forestale (che in parte era stato fatto, ma che bisognava finire e rinnovare, perché nel frattempo erano cambiate alcune norme).
Insomma (in mezzo ci furono le elezioni amministrative locali), dopo 19 mesi di impegno – durante i quali avevo fatto avviare anche uno Studio di fattibilità per affrontare i numerosi problemi del Lungomare – ritenni di aver assolto il mandato che mi era stato affidato (mancavano soltanto un paio di tavole dello Studio geologico) e mi dimisi dicendo: “Sindaco, sono stato un assessore tecnico, ho fatto il mio dovere e poiché in questo paese cominciano a mal sopportarmi, me ne vado”.
In effetti, avevo fatto tutta una serie di cose variamente indigeste a più esponenti della politica locale; ad esempio, avevo rotto un po’ le scatole richiamando alla regola d’arte quanti erano intervenuti in modo spicciativo sul Centro storico, durante i lavori della metanizzazione, e per questo mi ero ricevuto anche un po’ di attacchi dall’impresa, che a muso duro un giorno mi disse: non abbiamo bisogno di un Solone a Cefalù!
Dopo aver ricevuto questa dichiarazione di autosufficienza, che mi suonò con un retrogusto assai sgradevole, quale sottintesa antifona a regolarmi, chiesi ai Tecnici dell’Ufficio Lavori Pubblici di redigere un protocollo in cui fossero descritte le cautele da adoperare per la realizzazione degli impianti a rete nel Centro Storico, con tutte le spiegazioni sul modo di trattare i materiali, le orlature e le pavimentazioni, le cornici decorative e tutto ciò che costituisse un valore artistico o rappresentasse un esempio di opera artigianale di alto contenuto tecnico e formale. L’Ufficio nicchiò. Finì che quel protocollo lo scrissi io, naturalmente gratis, e ci aggiunsi pure una serie di tavole grafiche esplicative. Riuscii a farne assumere in delibera di Giunta la parte essenziale, con valore di regolamento. Ma la delibera e il regolamento in parola finirono ugualmente in un cassetto, e di fatto non se ne fece più nulla – per quanto posso vedere – neppure appresso.
Mi ero messo tutti contro, primi fra tutti i Consiglieri di maggioranza, gelosi di un assessore tecnico, dunque di uno che, non essendo un politico, occupava abusivamente un posto che “toccava di diritto” a un eletto, cioè a ognuno di loro.
Così, quando anticipai e portai alla discussione del Consiglio una parte del Piano del traffico, tutta la maggioranza mi votò contro, tranne il Presidente del Consiglio, che si astenne.
In effetti, era da già da qualche tempo che avevo sollecitato gli Uffici a procedere all’incarico del Piano del Traffico, e questi l’avevano affidato al prof. Corriere; nelle more, avevo proposto il senso unico in via Roma. Mi si rivoltarono tutti contro; quel senso unico, però, che avevo imposto con delibera di Giunta, è ancora lì, perché la semplice verità è che, in realtà, ha funzionato.
Io non potevo restare più ancora; non essendo un politico, non essendo abituato ai modi della politica, non avendo nessun desiderio di fare carriera politica, dissi a tutti quanti: “io il mio compito l’ho assolto, dovevo portare avanti le carte per il Piano Regolatore; ecco, adesso le carte ci sono, basta che chiamiate l’architetto progettista e gli diciate che c’è tutto, gliele mandate e così, finalmente, può cominciare a lavorare; detto questo, mi dimisi. In effetti lo spunto (l’aiuto?) me l’offrì il Sindaco, e io lo colsi al volo, quando proprio sullo Studio di fattibilità per il riassetto del Lungomare decise di trasferirne la responsabilità di controllo da un funzionario a un altro, senza avvertirmi. Ma fu solo uno spunto. In effetti non ne potevo più.
D - Cosa è accaduto dopo?
R - Per i mesi seguenti non credo sia successo più nulla, intendo per portare avanti il PRG. Anzi, circa un mese dopo le mie dimissioni da assessore, si dimise dall’incarico anche il progettista del Piano Regolatore: una volta che aveva le carte – e finalmente poteva lavorare – pensò bene di rinunciare. In tutto, aveva prodotto prestazioni solo per alcuni impegni collaterali, sui PRUSST.
Finì che tutto tornò nel dimenticatoio.
A un certo punto, tuttavia, ebbi la sorpresa di trovarmi incaricato, insieme col prof. Giuseppe Trombino, di una consulenza per il PRG, per coadiuvare il nuovo progettista, cioè l’arch. La Barbera, funzionario tecnico del Comune.
Si era all’inizio del 2004.
L’incarico di consulenza non proveniva dall’Amministrazione comunale ma (visto che il Piano non andava avanti) venne affidato per impulso di un Commissario regionale ad acta. Infatti, quando il Comune non porta avanti, oltre un certo limite, la progettazione urbanistica già avviata, la Regione nomina un Commissario che procede d’ufficio. Non so, francamente, se quella nomina o incarico di consulenza fosse dipeso da una valutazione positiva del mio precedente impegno amministrativo nei confronti del PRG, o semplicemente perché ero a Cefalù uno di quelli che potevano adoperarsi con qualche competenza a sostegno del suo progetto. La mia consulenza, riguardava, è importante dirlo, solo gli aspetti delle infrastrutture, anche se proprio questi aspetti ormai avevano assunto a Cefalù un ruolo centrale, diventando la principale questione urbanistica da affrontare e risolvere.
L’altro consulente, il prof. Trombino, fu certamente nominato per meriti professionali di tutta evidenza, in quanto docente universitario di Urbanistica, e Presidente della sezione siciliana dell’Istituto Nazionale di Urbanistica, nonché estensore della bozza di legge urbanistica della Regione siciliana che ancora il Parlamento regionale, dopo tanti anni, neppure ha iniziato a discutere; in ogni caso, la persona era e resta una delle più autorevoli nel campo dell’urbanistica in Sicilia. Dunque, prendemmo in mano le carte di base, aggiornandole per quanto occorreva. Facemmo all’inizio parecchi sopralluoghi; dove erano intervenute delle modifiche, in verità pochissime, ci aiutammo con le carte di progetto disponibili in Comune, naturalmente riscontrandole nel sito. Fatti i pochi aggiornamenti necessari, producemmo la nostra consulenza, che consegnammo al progettista nel 2007, in febbraio.
Da allora ad oggi, il Consiglio comunale non ha mai veramente discusso i contenuti di quel lavoro, se non per eccezioni o distinguo abbastanza formali, e se lo Schema di massima della variante generale del PRG di Cefalù è stato infine adottato ciò è avvenuto per mano di un nuovo Commissario regionale ad acta. Infatti, già prima delle incompatibilità espresse dalla maggior parte dei Consiglieri, in Consiglio si era giunti a dichiarare che il Piano non si poteva nemmeno esaminare, perché “pieno di errori”. A tali rilievi rispondemmo giudiziosamente. Ci chiesero chiarimenti su alcune carte (sostanzialmente si trattava del titolo di un elaborato) e li rendemmo. Rielaborammo anche alcuni dettagli. Ma, come ho anticipato, ancora una volta il lavoro non riuscì a essere esaminato in Consiglio, per l’alto numero di incompatibilità personali che vi furono espresse dai Consiglieri.
Nell’immediato sèguito, come ho accennato, si rese inevitabile la nomina di un altro Commissario regionale ad acta, che l’estate scorsa ha adottato la bozza della variante generale, vale a dire il cosiddetto “Schema di massima”. Questa procedura – peraltro – è un’invenzione, e direi una disgrazia, tutta siciliana, che nella legge nazionale non c’è, perché in Italia si va direttamente al Piano Regolatore; da noi prima si fa “la bozza” e poi la cosa definitiva; in questo modo si impiega più tempo, visto che siamo autonomi.
Adesso non so cosa potrà succedere. È trascorso circa un anno, e la fase seguente dev’essere quella del passaggio al Piano Regolatore vero e proprio. Ma – per quanto mi è dato di sapere – questa fase deve ancora essere avviata, per impulso dell’Amministrazione attiva, cioè del Sindaco e della Giunta (I Piani Particolareggiati rappresentano una fase successiva, ma si possono fare contemporaneamente, almeno una parte, se giudicati indispensabili).
D - In questa condizione di stallo, cosa rischiamo?
R – Temo che ci troviamo già “in alto mare”.
Avremmo necessità urgente di almeno uno stralcio del PRG, per quanto riguarda, ad esempio, le infrastrutture viarie e dei trasporti.
Ripeto a tutti i nostri politici, da qualche anno, che il 2013 è sempre più dietro le porte, ed è l’unica e ultima occasione da cui si possono attingere fondi dall’Europa, sulla base di progetti. Ma i progetti ci vogliono, e pure approvati. Progetti cantierabili approvati!
A Cefalù mancano parcheggi, strade e piazze. Ma mancano anche i relativi progetti, che dipendono dall’approvazione del PRG.
L’ultima tranche dei finanziamenti europei alle regioni che fanno parte del cosiddetto “Obiettivo Uno” (che è tutto il Sud d’Italia, tranne l’Abruzzo), ha come termine di scadenza appunto il 2013. Se entro il 2013 non disporremo di progetti pronti e cantierabili da presentare all’Europa, perderemo l’ultimo treno, e sarà un’occasione che assai difficilmente si ripresenterà nel futuro.
L’Obiettivo Uno affronta tutto l’insieme dei problemi di una collettività, in questo caso quella meridionale, con tutte le sue carenze e arretratezze, non solo in campo urbanistico. Allo scadere di quest’ultima opportunità non so a che cosa ci potremo attaccare. Dovremo fare con le nostre forze economiche, che proprio non esistono.
Però, se davvero l’avremo, si dovrà ricordare che il merito della realizzazione del doppio binario ferroviario in galleria, e dunque della salvaguardia del paesaggio, e allo stesso modo il merito di aver mantenuto la stazione dentro la città, sarà stato anzitutto di un cittadino qualunque, Enzo Cesare, e anche un po’ di Marcello Panzarella. Lo dico per dovere di verità, e senza con ciò voler sminuire la parte avuta da Simona Vicari.
Come ho già detto, il primo tracciato proposto dalle Ferrovie, a suo tempo supportato dall’UTC di Cefalù, avrebbe massacrato il paesaggio, mentre quello che adesso è in corso di realizzazione cammina quasi tutto in galleria; quando le opere fossero concluse, oltre al vantaggio di aver mantenuto la stazione in città, potremmo finalmente godere di qualche libertà in più nei nostri movimenti, per l’abolizione di tutti i passaggi a livello; ma c’è oggi qualcuno all’opera per rendere effettivi e moltiplicare tali vantaggi? Non so rispondere. Eppure, la dismissione dell’attuale ferrovia potrebbe davvero arrecarne tanti, legati alla disponibilità di spazi e strutture utilizzabili per altri scopi. Questi usi alternativi sono tutti previsti e disegnati in dettaglio nello Schema di massima della variante generale del PRG. Ma, come ho detto, dopo la sua adozione da parte del Commissario ad acta, l’iter successivo del PRG è rimasto immobile. Dunque, nessun progetto di infrastruttura, tra quelli che ne dipendono, è ancora possibile.
D - Ci può parlare della nuova Stazione e del possibile uso degli spazi che si renderanno disponibili?
R - Io ho continuato a lavorarci, di mia iniziativa, disegnando ulteriori modifiche di dettaglio, e diverse soluzioni migliorative, ma nessuno me le chiede, quindi restano archiviate nel mio computer.
L’uscita pedonale dalla nuova linea ferroviaria sotterranea è prevista di fronte all’attuale Fabbricato Viaggiatori. Un tunnel uscirà dal fianco della collina, alla quota attuale dei binari. Il fornice d’accesso sarà collocato esattamente dove ora c’è la sottostazione elettrica, nel muro a sostegno del terrapieno in fondo; ma se di lì ci si limitasse solo a uscire ed entrare, senza che fosse realizzato quanto è previsto nel Piano, ci si troverebbe facilmente in una specie di deserto: uno spiazzo senza più i binari, forse addirittura sterrato per la maggior parte. Io invece ho previsto un paesaggio del tutto differente, e nuove funzioni utili a realizzare un nodo intermodale, vale a dire un posto dove puoi lasciare un mezzo di trasporto e prenderne agevolmente un altro: anzitutto sono previsti un parcheggio su più livelli, per almeno 250 macchine; poi una stazione degli autobus, che giungerebbero qui da monte, per liberare il paese dal traffico (sono circa 24 gli autobus che al mattino entrano ed escono dal paese, nel giro di mezz’ora). Perché gli autobus possano giungere alla Stazione da monte è però essenziale che si faccia una bretella di collegamento tra la Circonvallazione e la via Cirincione, passando tra l’Istituto d’Arte e l’Hotel Paradiso; c’era un progetto ad hoc, fatto dall’ing. Lusco almeno 20 anni fa, ma nessuno lo ha mai preso in considerazione, e nemmeno si pensa di adeguarlo alle nuove normative.
Tornando alle previsioni per l’area della Stazione, oltre a quanto ho già detto, vi è previsto anche un centro commerciale, disposto lungo il percorso da e verso l’accesso alla ferrovia e pure un collegamento con l’EGV Center, mediante scale mobili, per rimettere la sua piazza in un circuito di percorsi, dalla ferrovia fino alla via Roma, visto che, da quando gli uffici del Municipio sono tornati nella sede di piazza Duomo, il complesso si è alquanto periferizzato; nel compound ferroviario è pure previsto un albergo abbastanza grande, che le Ferrovie dovrebbero poter costruire – o far costruire e dare in gestione –, in cambio della realizzazione di alcune opere essenziali per Cefalù: per esempio, la trasformazione della sede attuale dei binari, in direzione ovest, in pista ciclo-pedonale, per collegare tra loro tutti gli alberghi, e dall’altro lato, verso est, dove il percorso è prevalentemente in galleria, una linea di trasporto pubblico, per esempio una navetta su ferro a trazione elettrica e senza conducente, con un numero di corse da e per S. Ambrogio compatibili con i costi di gestione, e naturalmente più frequenti in estate, a servizio delle spiagge della Plaja.
D - Anche nella prospettiva di utilizzare “la discarica” di fiume Carbone?
R - Su quel luogo non c’è, in questo momento, niente altro che sterpi, che nascondono una quantità di immondizie e carcasse; lì non si può realizzare nessuna cubatura, perché sta dentro i 150 m. dalla battigia.
Su questo ci vorrebbe un dibattito, un accordo, forse una serie di deroghe. Penso che il posto è adatto per grandi concerti all’aperto per i giovani (a Cefalù non c’è un luogo dove si possano tenere); vi si potrebbe fare anche una balneazione un po’ diversa, da scoglio e non da spiaggia; forse si potrebbe fare un altro depuratore.
D - Magari un Porto?
R - Il Porto a Cefalù c’è già, mal messo, ma c’è. Se qualcuno proponesse di farne un altro dovrebbe avere un bel coraggio, e non so quanti lo ascolterebbero. Ma quel luogo, il cosiddetto ripascimento, è comunque una risorsa. Non escludo che vi si possa realizzare un piccolo approdo.
D - E del Lungomare, cosa ci dice?
R - Tornando alle previsioni del Piano Regolatore, anche in questo caso è prevista una soluzione. Qual è il problema principale? Quello di raggiungere il lungomare in auto, di parcheggiarvi, ma soprattutto quello di uscirne rapidamente, senza ingorghi e penalità da infliggere al paese.
È dunque prevista una galleria che, subito dopo il locale detto “Papagajo”, entra nella collina, corre al di sotto della S.S. 113, ne segue il tracciato, sorpassa l’Hotel Santa Lucia correndo sempre sottoterra, e fuoriesce dove oggi c’è il parcheggio degli autobus. Nella direzione inversa, per immettersi in questo tunnel dalla Statale e raggiungere il Lungomare, si entrerebbe dove c’è l’attuale pompa della benzina, che ovviamente si dovrebbe spostare più ad ovest.
Questa infrastruttura di completamento della rete stradale urbana, insieme con i parcheggi a suo corredo, è fondamentale per Cefalù, perché la svincolerebbe dall’attraversamento, soprattutto in uscita, quando nel periodo balneare migliaia di bagnanti pendolari, giunta una certa ora, rientrano tutti assieme, vale a dire se ne tornano a Palermo, Caltanissetta, Enna, producendo a Cefalù ingorghi da girone infernale. Ovviamente un’opera del genere costa, ma potrebbe essere finanziata con fondi europei, finché ci sono. Ma, ribadisco, senza il PRG approvato, non se ne può nemmeno affidare il progetto.
D - Continuando a perdere tempo, si costruirà da tutte le parti.
R – Infatti, il disegno dell’uscita del Lungomare è stato complicatissimo, perché sembra che tutte le case siano state dislocate, nel tempo, apposta per non far passare più nessuna strada, per nessun interstizio. Ma comunque io ho trovato il modo, mettendone sottoterra, oltre al tunnel, un altro tratto brevissimo.
Tra le azioni che si prevedono c’è anche quella di liberare una parte notevole del Lungomare da una serie di funzioni che per ora esso assolve contemporaneamente e male. Adesso il Lungomare è anche un posto di parcheggio, ma non lo dovrebbe essere. Il Lungomare è anche un posto dove si passeggia, un posto commerciale – soprattutto nella parte più vicina all’abitato –, un posto alberghiero, e un posto per la balneazione. Uno dei suoi problemi è che è stato costruito a scapito della duna, e con una larghezza eccessiva, che si è mangiata una bella fetta di arenile.
All’epoca, quest’opera rispose a una necessità reale, collegare Cefalù col Club de la Meditérranée, e ovviamente palesare e favorire la nuova realtà della città, quella del turismo; purtroppo, però, il Sindaco Giardina credé bene di non espropriare a favore dell’opera neppure un metro quadro d’orto ai “giardinari”, e il tracciato fu fatto tutto sulla duna costiera, con una sezione molto ampia, e con opere d’arte fuori scala: le rotonde, le gradinate.
Salvo il primo tratto, dove le sue funzioni sono commiste alla viabilità, io propongo di liberare, dove si può, 10-11 m. di spiaggia, con un minimo di 4,5 m., a partire dalle cosiddette “Prime pietre” verso ovest; da lì il tracciato potrebbe essere ristretto, rimanendo percorribile solo da ambulanze e Vigili del fuoco. Naturalmente il resto della sede carrabile dovrebbe essere portata più a monte, per servire – da lì – ciò che per ora è servito da valle. A questo scopo, la viabilità costeggerebbe in salita il Sea Palace Hotel, si infilerebbe sotto terra nei pressi della Statale, e riuscirebbe all’altezza dell’Hotel Tourist; poco oltre si infilerebbe in galleria per risalire a Santa Lucia. L’ultimo tratto del Lungomare si dovrebbe restringere anch’esso, divenendo un percorso solo pedonale, carrabile solo per le emergenze, di modo che la spiaggia potesse recuperare alcuni metri preziosi.
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3. LE DIFFICOLTA’ DEL PROGETTARE IN ASSENZA DI UN PROGETTO POLITICO
D - Per progettare qualcosa si avrebbe bisogno di un dato di fatto “stabile”, come si fa a prevedere qualcosa se nel frattempo il terreno cambia sotto i piedi?
R - Una delle domande che mi vengono poste è: architetto, come fa lei a prevedere lì qualcosa senza sapere se i terreni nel frattempo saranno impegnati – considerando che “l’impegno” non è soltanto l’avervi fatto qualcosa – che si vede – ma anche l’avervi acquisito il diritto di fare – che non si vede ma c’è.
Questo è il grosso rischio, questo è il problema. La salvaguardia scatta solo dopo che tu hai adottato il Piano.
C’è sempre il rischio che tu pensi una cosa, ma un altro – informato chissà come e da chi di ciò che tu stai organizzando – presenta un progetto e ti blocca.
Faccio un esempio, le Ferrovie avevano previsto una delle uscite di sicurezza dalle nuove gallerie sotterranee, vicino a via Cirincione. Poco dopo che il progetto delle Ferrovie era arrivato al Comune, il proprietario del terreno in questione presentò proprio lì il progetto di una palazzina condominiale; risultato? Le Ferrovie hanno dovuto cambiare il posto dell’uscita di emergenza, perché lì non si poteva più.
D - Questo ha dell’assurdo, come fare per contrastarlo?
R - Infatti, ma è la politica che deve rispondere a questo! Con velocità, coesione, e senza tentennamenti.
D - Una volta comunque riusciti a fare un progetto?
R - Anche per questa fase si avverte la necessità di una forte iniziativa politica: per realizzare qualsiasi cosa ci vogliono i fondi.
Ribadisco che se non abbiamo un Piano Regolatore approvato, su cui si possano realizzare dei progetti (incarico, progetto preliminare, progetto definitivo, progetto esecutivo, tutti i vari gradi di approvazione), come possiamo sperare di accedere ai finanziamenti e realizzare le opere?
Io ormai stento davvero ad essere ottimista, non credo più che, tutta assieme, la classe politica di Cefalù, maggioranza e opposizione, tutti quanti, riusciranno a garantire che qualche progetto faccia in tempo a prendere l’ultimo treno, quello del 2013.
Ma tu lo sai che noi, dei soldi europei, spendiamo solo il 17% perché non abbiamo progetti, e dico non solo a Cefalù ma in tutta la Sicilia?
Sono queste le cose per cui occorrerebbe una rivoluzione copernicana, senza limitarsi a parlarne distaccatamente a un tavolino da caffè.
Abbiamo avuto, nell’ultima competizione elettorale comunale, un candidato ogni 46 cittadini; questo che cosa significa? Non si tratta semplicemente di politica “vecchio tipo”, si tratta di politica “arcaica”, “familistica”, da “clan”, da “tribù”.
Anche la classe dirigente locale, che naturalmente è più ampia della sua quota direttamente impegnata nella politica, ha notevolissime difficoltà a liberarsi da queste logiche. Dunque, mentre il mondo vola coi jet, noi siamo regrediti, in politica, all’epoca delle caverne.
D - Ma per schiodare il PRG, a chi tocca adesso la prima mossa?
R - L’Amministrazione comunale deve dare impulso agli uffici per riprendere in mano il Piano Regolatore e lavorarci, e quindi passare alla fase successiva. Non è detto che sarò io a lavorarci, però qualcuno dovrà pur esserci, no?
Più in generale, se le Amministrazioni degli Enti Locali non si danno una mossa, dovrà essere l’elettorato a farlo. È maturo il nostro elettorato? Non saprei, vorrei dire “non direi”, e se purtroppo il mio pessimismo sarà confermato, non ci sarà futuro per questa terra.
D - Quindi siamo aspettando che l’Amministrazione dia l’incarico a un progettista per passare alla fase del progetto del Piano Regolatore, non più “bozza”, non più “schema di massima” ma “Piano Regolatore”, a cui poi dovrebbero seguire i Piani Particolareggiati?
R – Per essere esemplificativo, torno alla questione delle infrastrutture, e della connessione tra la dismissione ferroviaria e l’opportunità di un’apposita, limitata variante del PRG.
Dunque, per le insistenze del Comitato “Cefalù. Quale Ferrovia”, dopo, credo, nove interrogazioni parlamentari di tutti gli schieramenti parlamentari – coinvolti da Enzo Cesare con un’azione veramente capillare –, finalmente si è arrivati, dapprima alla notizia (di fonte Italferr) ovvero “Preavviso di emanazione del Bando di gara” per la realizzazione del doppio binario da Ogliastrillo a Castelbuono; poi, nei giorni scorsi, a quella dell’uscita del Bando vero e proprio, con un termine preciso (luglio, ma potrebbe slittare a settembre), per la presentazione delle offerte da parte delle imprese. Dopodiché, si sa che l’anno prossimo, se non saremo travolti da una crisi peggiore di quella della Grecia, dovrebbero cominciare i nuovi lavori; così, fin dall’uscita del Preavviso, il Comitato “Cefalù. Quale ferrovia” ed io personalmente quale consulente per il Piano, abbiamo discretamente caldeggiato all’Amministrazione Comunale una sua propria missione a Roma, per discutere con le Ferrovie le previsioni del PRG che interessano l’area ferroviaria; le Ferrovie, infatti, possiedono i terreni su cui corre la linea attuale, ma c’è una clausola nell’approvazione del raddoppio ferroviario, messa da parte del Consiglio Comunale, che vincola all’uso pubblico i terreni che rimarranno liberi. Andiamo – abbiamo detto – a discutere con le Ferrovie, per verificare se siano sufficienti le suscettività che noi prevediamo di attribuir loro, in cambio di una serie di loro impegni a realizzare alcune nuove sedi viarie, parcheggi, ecc... Un fatto che mi sembra ragionevole, direi giusto.
Qualche settimana fa l’Amministrazione comunale ha finalmente spedito alle Ferrovie di Palermo una lettera per chiedere quest’incontro. Subito appresso l’amministratore delegato di una delle varie società delle Ferrovie – precisamente “FS - Sistemi Urbani” – è venuto a un convegno a Palermo. Questa società ci interessa particolarmente, perché – nell’ambito delle FS – essa ha il compito di mettere a profitto il patrimonio immobiliare in dismissione, dunque anche i suoli e i manufatti lungo la nostra ferrovia litoranea. Anch’io ero relatore nello stesso convegno e dunque ci siamo incontrati. Gli ho detto: “Io non sono il Sindaco di Cefalù, però sono qua e, se le va bene, possiamo parlare di questo progetto” (mi ero portato il notebook appresso, per mostrargli la sostanza delle questioni attraverso i disegni tecnici), e lui: “So già di che si tratta, da Palermo mi hanno già trasmesso la lettera del Sindaco di Cefalù”; quindi gli ho mostrato ciò che si aveva intenzione di proporre alle Ferrovie. Lui: “Sarebbe da discutere, certe cose sono complesse, tenga conto che la Sicilia è una regione in cui l’economia non cammina molto bene, per cui noi dobbiamo stare attenti agli investimenti che vi facciamo. Comunque, quanto mi illustra è sulla strada delle cose che trattiamo spesso, ma ci si deve ragionare, venite a Roma e ne discutiamo approfonditamente”.
Gli ho mostrato il disegno della strada ciclo-pedonale, e lui ha detto: “Benissimo”; ho aggiunto: qua c’è la previsione di un albergo, e lui: “Questo ci interessa, ma dobbiamo darlo in gestione e quindi dobbiamo discuterne con i nostri partner”.
Congedandomi, m’ha confidato che aveva telefonato al Municipio di Cefalù, per far sapere al Sindaco della sua venuta a Palermo e per potersi incontrarsi lì, senza bisogno di recarsi a Roma. Ma a quanto pare nessuno al Municipio avrebbe riferito al Sindaco di quella telefonata tanto cortese e opportuna.
Resta perciò indispensabile, e non ulteriormente differibile, che il Sindaco si rechi a Roma a questo scopo.
Bisogna dire che l’Amministrazione comunale, di fronte a chi l’accusa d’inerzia, ha più volte risposto dicendo che soldi non ce ne sono: ma allora, che si può fare? Cercare i soldi – ovviamente – presso le fonti deputate. Oggi, però, il tempo del politico nazionale che faceva da tramite col governo per elargire finanziamenti è tramontato. Questo valeva per un mondo arcaico. Oggi c’è l’Europa, ci sono – fino al 2013 – i progetti europei. Non c’è però quasi più tempo. Bisogna correre. Alcuni paesi, come Portogallo, Irlanda, Spagna – che poi hanno anche esagerato con la finanza e l’indebitamento – hanno speso, e bene, tutti i finanziamenti europei che hanno ottenuto, raschiando il fondo e prendendosi pure la parte che noi non abbiamo utilizzato. Le infrastrutture se le sono fatte, e resteranno a loro disposizione nonostante la crisi economica che li ha investiti: le autostrade e le ferrovie ad alta velocità, i porti, i musei, e tutte le attrezzature e i servizi necessari a un paese civile, moderno, li hanno realizzati, mentre noi ne siamo ancora privi, anzi, abbiamo fatto di tutto per perdere le nostre occasioni. Quei Paesi ne hanno profittato seguendo le regole europee, non sono andati con il cappello in mano dal politico più vicino. Se mai, hanno fatto azione di lobbying a Bruxelles. Per far questo bisogna essere organizzati, ed avere una macchina comunale efficiente e un apparato burocratico regionale motivato e assai ben preparato, cosa che qui, evidentemente, non è.
L’Agenda 2000 è cominciata a diventare operativa quasi subito.
Da quel momento, ci sono anche state, nel Comprensorio delle Madonie, idee, iniziative, intraprese, e una serie di operatori privati si sono mossi, in sinergia col pubblico, approntando progetti soprattutto nell’ambito del turismo integrato con la tutela ambientale, e li hanno fatti seguire da tecnici e società esperte, allo scopo di ottenere finanziamenti dentro i vari Assi d’azione disponibili per le Regioni dell’Obiettivo Uno. Però – bisogna dirlo – gli esiti positivi ancora non traspaiono. La stessa rendicontazione è stata fatta attenendosi strettamente all’indispensabile (nel senso che i Consigli comunali l’hanno ricevuta, e gli Enti finanziatori l’hanno acquisita e valutata) ma non è stata resa nota alla più ampia opinione pubblica, e neppure è stata adeguatamente sottoposta a un dibattito o a un vaglio pubblico economico-politico. In questo modo, i risultati, se ci sono, non appaiono, né si possono evidenziare e correggere i difetti, che esistono in ogni realtà umana.
Ad esempio, l’introduzione della Banda larga nelle Madonie, che fa parte di questo processo, è certo un risultato, che già si apprezza perché coinvolge potenzialmente decine di migliaia di utenti. Ma il resto?
Non sappiamo, dopo tutta questa quantità di progetti – che credo siano stati fatti in maniera efficiente, anche bene, con professionalità –, non sappiamo, dicevo, se oggi il prodotto interno lordo dei comuni delle Madonie ne abbia davvero ricevuto benefici, se l’economia abbia davvero cominciato a decollare.
Io temo di no, perché c’è un elemento che è sempre un indicatore infallibile: l’emigrazione. Ne abbiamo i dati certi sino al 2005-2006.
Purtroppo non so se quest’anno il censimento si farà, non se ne parla, ma toccherebbe al 2011 (si fa ogni dieci anni e l’ultimo è del 2001).
Ho visto però, dai dati disponibili, che l’emigrazione dai paesi delle Madonie – compresa Cefalù – è oggi ancor più forte, ancor più grave, di quello che abbiamo sempre ritenuto uno dei picchi dell’emigrazione dalla nostra terra, cioè gli anni ‘60.
Oggi si emigra di più, e la cosa più grave è che emigrano persone che non sono più solo braccia disponibili per un lavoro qualunque, ma giovani per la cui istruzione lo Stato ha speso complessivamente milioni di euro: e ora sono costretti a emigrare!
Se si guardano i grafici dell’andamento demografico, che ho costruito con i dati noti, è come osservare l’acqua che si precipita a valle dopo che una diga è crollata; allora, c’è qualcosa che non funziona, anche quando i soldi si sa dove prenderli e pure si spendono.
D - Che cos’è che non funziona?
R - Il quadro complessivo, non c’è una politica di ampio respiro, non c’è la domanda: quale futuro?
Occorre coordinare gli sforzi; anziché prendere un po’ di qua e un po’ di là – guardando a un futuro che sempre di più coincide con l’oggi – dovremmo cercare di capire in che direzione muoverci, e che genere di mondo consegnare ai nostri figli, di qui ad almeno trent’anni. Questo non può essere solo un problema locale, ma un problema da trattare quanto meno a livello di Comprensorio e – meglio – a livello e nell’ambito della programmazione regionale. Ciò in effetti si fa già, o perlomeno, tutto farebbe credere che in qualche modo già lo si faccia.
In genere i nostri politici (e l’ho capito quando, da l’assessore all’urbanistica, ogni tanto il sindaco Vicari mi spediva a qualche riunione sui PIT), si mostrano assai orgogliosi del loro ruolo di “classe dirigente”; a ben guardare, però, troppo spesso mancano della sensibilità, dell’abitudine o di quel senso di responsabilità che dovrebbe indurli a guardarsi allo specchio e a rendersi conto che nel mondo d’oggi per fare il politico non si può essere, né rimanere, così ignoranti di economia, così digiuni di programmazione, o tanto ignari dell’importanza e ruolo della pianificazione; aggiungerei che, in questi campi, non si può restare neppure un poco arretrati: questo è infatti il momento della storia che va sotto l’insegna dell’istruzione permanente. Dunque, se oggi vuoi rimanere sulla breccia, devi studiare continuamente. Ma troppi di questi politici – a meno di qualche eccezione lodevole – non studiano, e non studiando si mettono nelle mani di altri, i quali giustamente pensano di fare “impresa”, certo non il “bene” collettivo.
È proprio così, in certi campi la delega non funziona, non è sana.
Se io faccio il politico non posso dire: fai tutto tu, visto che te ne intendi; devo sforzarmi pure io di capirci qualche cosa, capire a chi sto dando e che cosa sto affidando.
Perché affidare significa dare in fiducia, e la fiducia – da una parte e dall’altra – costa fatica, e deve essere sempre guadagnata, confermata, valutata.
Consapevolezza, professionalità, accortezza e onestà, ecco ciò che ci occorre, insieme con una buona dose di lungimiranza!
Voglio dire che, oltre all’aggiornamento continuo, ciò che fa la differenza tra un vero politico, nel senso più nobile della parola, e chi invece bivacca nella politica, è la generosità: per costruire il futuro, devi anche essere generoso, lavorare duramente per un tempo in cui non ci sarai più.
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QUEL FAMIGERATO ARTICOLO 22
Come ha ricordato l'architetto prof. M. Panzarella a "mortificare"
il PRG al punto di indurre il prof. Samonà a ritirare la firma è stato, fondamentalmente, l'aggiunta alle norme di attuazione del
FAMIGERATO ARTICOLO 22
che al comma c così recitava :
"In considerazione del sempre crescente sviluppo turistico del territorio di Cefalù,
in tutte le zone e sottozone di PRG,
escluse quelle di ristrutturazione-completamento, di tracciato viario, di conservazione del parco della rocca e delle sottozone E1, ed E2,
sono consentite costruzioni alberghiere,
attrezzature di turismo sociale con relative infrastrutture e servizi, secondo progetti convenzionati con il comune che prevedano a carico dei proprietari tutte le opere di urbanizzazione primaria e osservino le prescrizioni della sottozona G9.
Fu l'articolo che consentì la realizzazione dei due più grandi alberghi che, dopo l'adozione del PRG, vennero realizzati a Cefalù :
"LA COLLINA DEI SOGNI" poi ribatezzato COSTA VERDE
e
"LE ROCCE DEL CAPO" poi ribatezzato CARLTON HOTEL RIVIERA.
DUE ALBERGHI che fecero a cazzotti con le direttive o l'orientamento sulla tipologia delle strutture ricettive che erano emersi nel corso del dibattito per l'adozione del Piano.
“Le strutture turistiche del futuro (e non solo per Cefalù) sono come quelle del Club francese e del Club Paradiso.
Grandi spazi, naturali, con abitacoli decentrati, dove tutto si può trovare, tutta la giornata di vacanze può essere impegnata.
Queste e non i tradizionali alberghi sono le strutture che ci richiedono le masse turistiche”
Così ebbe a dire nella seduta del 5/3/1967 il Consigliere Pasquale Culotta allora allievo architetto.
“La dimensione di una economia turistica se non vuole essere velleitaria, se non vuole essere uno specchietto per le allodole ha bisogno di ben precise scelte, sbagliare le quali significa compromettere ogni programma. .................... Sappiamo che nei paesi di grande sviluppo industriale, è tra questi la Germania, vi sono delle agenzie turistiche specializzate nel coinvolgere e nell’assegnare quella gente in cerca di evasione dal proprio ambiente di lavoro, che non ama andare, per trascorrere le ferie nei grandi hotels delle città turistiche, ma preferisce le zone a parco, silenziose, riposanti, ricche di verde, paesaggisticamente intatte.”
Così, nella seduta del 27/9/1967 ebbe ad aggiungere il Consigliere Prof. Domenico Portera.
Se Samonà ritirò la firma dal PRG, i consiglieri Culotta e Portera si dimisero prima che il piano venisse adottato.
PER FORTUNA L'ARTICOLO 22 VENNE SPAZZATO VIA dal decreto con il quale l'Assessorato Regionale allo sviluppo economico approvò il PRG di Cefalù.
QUELLE NON MENO FAMIGERATE MACCHIE DI LEOPARDO
La dichiarazione, da parte del prof. Samonà, del ritiro della firma dal PRG,
SCATENO' UN AUTENTICO ASSALTO ALLA DILIGENZA,
da parte del Consiglio Comunale :
LA NOTTE DEL PENNINO AD INCHIOSTRO DI CHINA .
Quello con il quale, notte tempo, sulle tavole del PRG vennero segnate
LE NON MENO FAMIGERATE MACCHIE DI LEOPARDO.
Quelle che ritagliarono nelle ZONE AGRICOLE previste dal PRG scampoli di ZONE F5 ed F6.
Parecchie delle quali in porzioni di territorio talmente scoscese, accidentate e lontane dal centro abitato da essere,
DI FATTO, RIMASTE AGRICOLE
dopo quasi mezzo secolo dalla adozione di quello strumento.
UNA DOMANDA AL PROF. PANZARELLA
UNA DOMANDA AL PROF. PANZARELLA :
Per accelerare i tempi del dibattito, del confronto e, quindi, dell'adozione della Variante al PRG che riguarda quelli che,
in un futuro più o meno prossimo,
saranno i reliquati della
"vecchia stazione e della vecchia strada ferrata"
TALE VARIANTE, PARZIALE, PUO'ESSERE STRALCIATA DALLA VARIANTE GENERALE AL PRG ?
Direi di sì
Direi di sì
SI SAREBBE POTUTA STRALCIARE
Il che significa che la VARIANTE PARZIALE
SI SAREBBE POTUTA STRALCIARE, di già, DALLA VARIANTE GENERALE.
A mio giudizio, ed alla luce di quanto si coglie nel resoconto dell'incontro avvenuto a Palermo con l’amministratore delegato di una delle varie società delle Ferrovie – precisamente “FS - Sistemi Urbani”
le RIPERCUSSIONI del mancato stralcio potrebbero essere FATALI per il conseguimento dell'obiettivo di destinare ad USO PUBBLICO quelli che saranno i reliquati della stazione e della strada ferrata.
Se a quei reliquati i privati dovessero arrivare prima del Comune -EX UFFICIO POSTALE DOCET-
sono convinto che la
CEFALU' DEL FUTURO RIMPIANGERA' LA FERMATA, e forse anche la stazione, AD OGLIASTRILLO.